COORDINAMENTO PERSONE
OMOSESSUALI
C.P.O.
1^ STESURA
SPUNTI PER UNA BOZZA PER UN
DOCUMENTO PROGRAMMATICO
PROGETTO:
CONVEGNO NAZIONALE SUL
“MOVIMENTO OMOSESSUALE IN ITALIA”
8giugno 1995
L’idea è nata dall’osservazione
dei meccanismi di nascita dei Centri Sociali e dalla loro frequentazione, che
ne ha messo in luce le caratteristiche di incertezza e caoticità ma anche,
nello stesso tempo, di una certa genuinità e apertura, almeno nelle premesse
dei fondatori, anche se più di principio che di consapevolezza per ciò che
riguarda i frequentatori. L’idea di strutture, o meglio nuclei di strutture
possibili, non centralizzate, decentrate, periferiche,polverizzate il più
possibile sul territorio urbano.
Nuclei cioè di elaborazione e
formulazione, nonché di divulgazione della cultura omosessuale, coscienti, in
ogni caso, che ci piacerebbe parlare di cultura senza ulteriori aggettivazioni,
se i tempi fossero maturi (ma non lo sono).
Abbiamo chiamato questo primo
tentativo di organizzazione “coordinamento di persone omosessuali” perché tali
persone generalmente vivono un isolamento più o meno felice o più o meno
drammatico, a seconda dei casi, e i loro momenti socializzanti per lo più si
basano sulla frequentazione di estremamente ridotti gruppi amicali o su
massificanti attività ludico-ricreative, che non sono ovviamente condannabili
in quanto tali, ma solo perché esclusive ed elusive di qualsiasi impegno teso a
garantire i propri stessi “egoisticamente sani” interessi personali.
Partiamo quindi dalla
consapevolezza un po’ drastica forse che non esiste a tutt’oggi in Italia un “movimento
omosessuale”, se siamo disposti a misurare un fenomeno di tal genere in base a
fatti quantitativi e qualitativi (in questa chiave riteniamo innegabile l’affermazione).
Il dato quantitativo è
rilevabile esclusivamente in situazioni che prima abbiamo definito ludico-
ricreative, mentre il dato qualitativo, è estremamente ristretto come numero di
partecipanti (se non addirittura individuale:scrittori, poeti, attori,
dissidenti) e come occasioni in cui manifestarsi.
Raro è il caso che lega le
due valenze, ed ora fin troppo consumato e obsoleto della prima manifestazione
nazionale a Roma dello scorso anno. Non riteniamo si possono considerare
occasioni culturali, benché aggregative, quei fenomeni massificanti all’insegna
della spensieratezza e del consumismo nelle sue varie forme (dalla musica
demenziale al sesso) a cui si appiccicano talvolta troppo esigui ed
improvvisati “contenuti”. Un accenno, in questo senso, non si può non fare
sulle “dark rooms,” argomento su cui quasi tutti glissano e giocano
economicamente evitandone qualsiasi lettura critica, e anzi proponendole perché
è la richiesta del mercato (target).
Il precludere alla vista, in
un mondo fatto sempre più di immagini e dominato dall’edonismo esasperato e dal
conformismo del bello e prestante (pregiudizio culturale ed estetico che ha ben
attecchito nel mondo omosessuale, tanto che chi è out – troppo grasso o magro,
brutto o, peggio, povero – non può essere oggetto sessuale, almeno non
pubblicamente, e quindi nemmeno di altra considerazione) è un salvare a tutti
gli effetti tale giudizio nell’ipocrisia del buio, che cela la mancanza di una
accettazione reale e consapevole dell’individuo per quello che è e che vale, in
una omologazione spaventosa e dissociata che fa a pezzi le persone e rifiuta di
accettarle per intero, ma che al contrario si “consumano” come una merce: una
bocca, un culo o un cazzo non importa o è meglio non sapere a chi sono
attaccati.
Senza contare poi che la dark
room è l’esatta contraddizione del tanto decantato americanistico coming-out.
Non
vogliamo con questo dire che siamo contrari al coming-out, al contrario ne
valutiamo positivamente la spinta emotiva che riesce a dare agli omosessuali
che così riescono a trovare quella fiducia in se stessi e quel coraggio
necessario per vivere da omosessuali con gli altri e in mezzo agli altri, ma
non siamo d’accordo con quanti ne fanno la bandiera del loro impegno e
soprattutto quando la cosiddetta “visibilità” costringe a clichés desueti e falsi.
SE NON ESISTE UN MOVIMENTO
OMOSESSUALE NOI CREDIAMO CHE SIA NECESSARIO STIMOLARNE LA CREAZIONE:
1. Per la necessità dei
diritti civili che le persone omosessuali vivono, in una mancanza quasi
assoluta di pari opportunità ( non solo in italia, ma anche nei cosiddetti
paesi avanzati, dove tali persone sono accettate per “rango” o per censo);
2. perché chiesa, istituzioni
e partiti politici continuano ad alimentare la tesi dell’associazione
omosessualità- devianza con tutte le conseguenze politiche e culturali che ne
derivano principalmente sul piano delle libertà individuali;
3. perché ampie fasce di
popolazione e organizzazioni politiche (peraltro anche giovanili) dimostrano
ancora una intolleranza, che non di rado sfocia nella violenza, lesiva di
qualsiasi elementare principio dei diritti umani;
4. per smascherare
l’ipocrisia di talune altre fasce di popolazione e organizzazioni sociali e
politiche che a parole e in linea di
principio professano un accettazione che, nei fatti, è rifiuto e disinteresse o
quanto meno sottovalutazione.
Importante in quest’ottica è
stare in mezzo agli altri, di fronte ad una tendenza che ci vuole sempre più
emarginati in spazi sempre più specializzati in cui consumare prodotti a sempre
maggior costo.
Fare cultura omosessuale vuol
dire anche stare all’interno di situazioni diversificate e dall’interno di
spazi eterosessuali diffondere la tolleranza e la verità sugli omosessuali che
non è una verità, ma tante verità quanti sono gli individui, tale e quale come
per gli eterosessuali.
Operare all’interno di questi
spazi significa:
A . Stimolare tutti gli
individui e gli stessi omosessuali ad un dibattito ricco e aperto attorno alle
tematiche connesse con l’omosessualità e la sessualità in generale contro ogni
falsità medica e catechistica;
B. Dare a tali tematiche un
respiro meno settoriale allargandole ad altre necessariamente più generali, in
un’ottica che ravvisi in esse una universalità che riguarda la libertà di tutti
gli individui e le modalità associative del futuro e non solo di un gruppo
sociale, per quanto interclassista e numericamente rilevante possa essere;
C. Innescare momenti di crisi
e quindi di crescita per quanti omosessuali vivono la loro condizione solo nel frastuono delle
discoteche, nel buio dei cinema o tra i cespugli notturni, e per quanti
eterosessuali hanno fatto della tolleranza solo un passaporto per la loro
ipocrisia.
Comunque sia, non rifiutiamo
qui aprioristicamente momenti più intimi, di autoriflessione, in ambiti più
chiusi e autonomi, perché anzi siamo convinti che siano momenti forti di presa
di coscienza attraverso la comunicazione delle proprie esperienze, conoscenze,
informazioni, e che attraverso l’introspezione si possano affrontare e rilevare
tutti quegli aspetti che la condizione omosessuale ha costretto da sempre a
vivere (soprattutto i giovanissimi e gli anziani) spesso drammaticamente da
soli.
E’ questo un lavoro di autovalutazione e autorivalutazione necessario ma
profondo, al di là di semplici slogans, e che imprescindibilmente può
collocarsi al centro di una crescita di tutto il genere umano.
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