SPIRITO E PERSONA
di Goffredo Lippi
QUASI UNA PRESENTAZIONE
Ho il compito di scrivere articoli di argomento religioso per questa rivista, letta in prevalenza da persone gay. Mi è stato affidato questo incarico nell'ambito della redazione, perchè provengo da un'associazione di cristiani omosessuali. Rimarrà deluso chi si aspettasse che cominci a scrivere delle cose che non vanno nella Chiesa Cattolica, nel Papa e di tutti i luoghi comuni che si dicono sui preti e sulle istituzioni ecclesiastiche. Se così facessi, sono convinto che non renderei un buon servizio a coloro che avranno la pazienza di leggermi. Cercherò di essere meno scontato possibile, ma possibilmente più vero, più aderente all'esigenza di religiosità che cerca spazio di cittadinanza nell'animo delle persone. No, non scriverò una rubrica di scandaletti, ma cercherò le parole per rendere accessibile e interpretabile quello spazio del nostro animo che è sempre alla ricerca di un linguaggio diverso, che dia intellegibilità a sentimenti e aspirazioni che, se pur sopiti e nascosti, fanno parte di noi stessi. Perciò una rubrica non necessariamente per "credenti", ma per chi è in cerca di motivazioni più profonde al proprio essere e al proprio esistere, ché diventino ragioni sulle quali costruire la propria condotta di vita. Il cercare di rispondere a queste domande, ci farà entrare in una dimensione di ricerca spirituale, cioè dei valori che stanno alla base della condizione di viventi. Ora, immagino i commenti di chi coraggiosamente, è arrivato a leggere sin qui: parlare di spiritualità dalle pagine di una rivista gay? Iniziativa originale. Eppure posso assicurarvi che non è affatto difficile scoprie nel cuore delle persone, e tanto più in quello di persone gay, il bisogno di approfondire certi argomenti. Da quando vivo nel mondo gay, ho ascoltato tante storie di persone, giovani e adulti, che chiedevano sostegno al loro bisogno di leggere la propria esistenza non finalizzata necessariamente al consumo di sesso e di se stessi nei luoghi dove la cultura che stiamo cercando di cambiare, ci aveva relegato. La persona omosessuale è prima di tutto persona, con tutti gli attributi propri che tale definizione comporta. Essere persona, riconoscere una essenza oltre che una esistenza, una dignità che per i credenti diventa simiglianza con Dio! Ammettere come trascendente l'essenza della natura umana, significa attribuire alla persona un valore così particolare, da influire sui comportamenti sociali a tutti i livelli. Già le conquiste del pensiero illuminista erano giunte a conseguenze analoghe riguardo al valore dell'esistenza. Ma quello che sto cercando di esprimere, sono le conseguenze derivate dal pensare una essenza che dia ragione all'esistenza. La preminenza dell'essere sull'esistere, rivaluta in modo assoluto il valore e la dignità della persona in quanto essere-vivente rendendo i bisogni legati allo spirito degni di attenzione e di risposte oggettive, concrete, politiche. La coscienza di ciò, deve portarci a riflettere sulla nostra personale condizione di vita. Come tratto la mia persona? Come costruisco la mia dignità di persona gay? Domande queste, che possono trovare diverse risposte con valenze spirituali e di vita estremamente concrete. Ma ancora vorrei tornare a sottolineare l'importanza del concetto di persona, delineato e caratterizzato da quanto già scritto. Per lo scopo che stiamo perseguendo, la promozione di una condizione di vita, quella omosessuale, l'aver dato certe premesse, connota la condizione della persona-gay in modo chiaro, accettabile e umano, degno di rispetto. Perciò mai più emarginazione, mai più negazione di se stessi, mai più buio nella nostra vita, ma chiarezza, diritto alla dignità, luce!
Rome Gay News 23 giugno 1993
ASSOCIAZIONE NUOVA PROPOSTA
OMOSESSUALI CRISTIANI
GLI INCONTRI AL MICHELAGNIOLO
17 gennaio 1993 Il nuovo catechismo universale della Chiesa
cattolica
24 gennaio 1993 Le chiese cristiane e l’omosessualità
7 febbraio 1993
Il bisogno di Dio: la preghiera, il peccato, il perdono
14 febbraio 1993 Essere gay: dignità di una condizione
21 febbraio 1993 Le donne prete: un problema di uguaglianza
o di
Identica
umanità?
7 marzo 1993
Movimento omosessuale : utopia o possibilità
5 luglio 1993
Incontro con Monsignor Clemente Riva
Antonio ha chiesto a me e ad
altri amici, di scrivere alcune riflessioni sul “Michelagniolo”. Solo ora mi
accorgo di non aver mai riflettuto a sufficienza sul motivo che mi ha spinto,
ormai da più di un anno, a preferire il “Michelagniolo” agli altri locali gay
di Roma, ma è pur vero che fa quando l’ho conosciuto, mi ci sono affezionato e
continuo a frequentarlo molto volentieri. Dalla prima volta che vi entrai, fu
chiara la differenza: al Michelagniolo non si “rimorchia” e non ci si va per
“battere”; la prima causa di questo snaturamento di uno dei luoghi comuni della
condizione omosessuale per quanto riguarda i locali di ritrovo, è attribuibile
alla bonomia di Antonio che, sarà per la sua stazza, sarà per la sua simpatia,
ti pone subito a tuo agio e ti da la possibilità di avvicinare amichevolmente
le persone che sono presenti nel locale. “Giù la maschera”, potrebbe essere il suo
motto che attua non appena varchi l’uscio del locale. Complice di questo
denudamento è anche una altra condizione che non è comune ai ritrovi gay: la
luce; ebbene sì, il Michelagniolo è illuminato. A questo punto, sovvertite e
abbandonate tutte le velleità e gli appetiti erotico-trasgressivi, tanto cari
al business omosessuale, il nostro Antonio ha cercato di attirare le coscienze degli
avventori con una ventata di verità, di essenzialità, portandole il più lontano
possibile dalle oleografie che da sempre dipingono la condizione omosessuale
come baggiana e superficiale, come dire un po’ fru-fru. E allora al
Michelagniolo si sono sviluppate numerose iniziative e attività di presa di
coscienza della condizione omosessuale assieme ad altre di tipo culturale e
politico, sempre con l’intervento di personaggi salienti nel campo specifico.
Conseguenza immediata di
tutto questo, è che la clientela che frequenta il Michelagniolo è decisamente
composta da uomini e donne che cercano di porre al centro del loro essere
persone-omosessuali, la costruzione della propria umanità fondata non sulla
trasgressione presa come principio di riferimento, ma su una positività di
valori e di rapporti tesi alla costruzione di una convivenza sociale che
diventa azione politica.
Antonio ha compiuto scelte
coraggiose, controcorrente rispetto alla “ratio” economica che dovrebbe
governare le iniziative commerciali, scelte che sicuramente non lo hanno fatto
arricchire e neppure dormire tranquillo, portando il Michelagniolo ad essere un
luogo alternativo di grande valore umano. Forse neanche Antonio lo sa (ed è
bene che rimanga nell’ignoranza), ma al Michelagniolo si “rimorchia” eccome,
solo che le modalità di approccio sono differenti, sono più vere, solo che
l’incontro occasionale non resta mai tale, solo che incontrarsi e conoscersi in
questo clima fa venire fuori le persone e non i fantocci costruiti dai luoghi
comuni sui gay. In un ambiente del genere ovviamente non trovano spazio
ostentazioni plateali, stereotipi sessuali e amenità varie.
La risposta da parte del
mondo gay romano a questo modo di vedere le cose, così alternativo rispetto ai
modelli correnti, non è stato dei più incoraggianti. Il Michelagniolo ha
sicuramente bisogno di essere rilanciato come locale, magari con uno spazio
dove poter ballare. Se il Michelagniolo chiudesse, verrebbe meno l’unico posto
“umano” del mondo gay romano e la perdita sarebbe veramente gravissima.
Vorrei dimostrare ad Antonio,
con quanto ho scritto, che il suo impegno non è andato perduto, che ha dato e
darà frutti “politici”, che stà lasciando un segno non facilmente cancellabile
nel panorama omossessuale romano e non solo, che la strada intrapresa è una
strada di verità e di giustizia e che come tale diventerà un punto di
riferimento per molti
Con stima
Goffredo Lippi
25 aprile 1993
Cari componenti la redazione di "Babilonia", vi raggiungo con queste righe perché credo sia importante che veniate a conoscenza di un evento avvenuto in Roma qualche giorno fa, e che riguarda direttamente il nostro vissuto di gay. Cercherò di riportare i fatti, senza fare commenti. Penso che sia necessario che come operatori dell'informazione veniate a conoscenza dell'evento, in quanto riguarda un fatto di costume che si va diffondendo anche qui a Roma e che offre l'occasione a commenti sullo stile di vita dei gay. Per chi si sente impegnato nel movimento di liberazione dei gay italiani, sa che ci sono diversi modi di perseguire questo scopo, sa che sono possibili diverse interpretazioni del concetto di liberazione. E' questo è pur un bene, almeno a livello razionale, cercare la verità attraverso il filtro di tante oggettività diverse. Ebbene, il giorno 7 maggio scorso, presso il Circolo Michelagniolo, si è svolto un dibattito piuttosto animato, riguardo alle dark-rooms, ltima scoperta del mondo gay romano; qui a Roma, come sono sicuro che già sappiate, soffriamo di un certo "provincialismo" per quanto riguarda luoghi e iniziative siffatte. E infatti l'apertura presso alcuni locali romani di dark-rooms, ha sortito un successo senza precedenti dal punto di vista economico, che misura certamente il "bisogno" che c'era di tali iniziative. Come ho già scritto, la liberazione dei gay ha strade tortuose e contraddittorie, almeno apparentemente, e ritengo sia legittimo poter aprire uno spazio di dibattito sull'argomento. Ora, questa iniziativa si è trasformata in una occasione di spaccatura che rischia di acquistare toni grotteschi, con allusioni e accostamenti di bassa lega. Il rappresentante del Circolo Mario Mieli, istituzione sicuramente benemerita per la capitale, si è rivolto a Massimo Consoli e a Dario Bellezza, due dei relatori, con frasi gravemente provocatorie, e la cosa poteva anche essere accettabile nella dialettica dell'incontro, ma platealmente volgari e diffamanti, e così anche nei riguardi di Antonio Di Giacomo che gestisce il locale che ha ospitato l'iniziativa e che aveva promosso l'incontro. Dopo aver sparato con tutti i cannoni a disposizione, ha pensato bene di andarsene, assieme anche alla gentile signora, peraltro eterosessuale, che gestisce "l'Apeiron", altro locale che ha aperto recentemente una dark room. La tesi che si sarebbe voluta dibattere durante l'incontro, era la possibilità che tali locali dove i gay si incontrano liberamente, possano essere occasioni di diffusione dell'AIDS.
Il problema è veramente troppo grande per essere liquidato con una "sparata" come quella descritta e con una conferenza stampa, che ès tata poi organizzata dal "fronte del sì" il 12 maggio, con la partecipazione persino di Luigi Cerina, in veste di padrone di casa, essendosi questa tenuta nel suo ufficio. Come sapete, Luigi Cerina, ex assessore capitolino, era stato recentemente delegato dal Sindaco di Roma, a curare i problemi degli omosessuali della capitale, con particolare attenzione a quelli relativi all'AIDS. Questo signore, tout court, si è schierato per la non contagiosità delle dark-rooms, anzi, pare che al buio, senza vedere nulla, passi addirittura la liberazione sessuale e politica dei gay. All'incontro mancavano sia Franco Grillini che Nichi Vendola, pur invitati, ambedue giustificatisi per tempo. Grave carenza questa, perché la presenza dei nostri due politici, avrebbe potuto dare un taglio più chiaro alla discussione, o quantomeno avrebbero potuto moderare adeguatamente l'incontro. Non sappiamo perciò cosa ne pensino loro del problema in parola.
All'incontro presso l'ufficio del signor Cerina, è seguito un comunicato dell'agenzia di stampa ANSA, che dava notizia di quanto avvenuto. La cosa che trovo veramente triste, è che in quell'occasione si sia voluto minimizzare il problema sollevato attorno alle dark rooms riducendolo ad un pretesto di tipo commerciale. Il comunicato, riportando le parole dei rappresentanti del Mieli e del Sig. Cerina, riporta testualmente:" Il vero motivo (dell'opposizione alle dark) è che il locale Michelagniolo, dove si è svolta la conferenza stampa (del giorno 7), non è riuscito ad entrare nel giro dei locali gay e rischia la chiusura". Ridurre il problema ad una banalizzazione economica, è veramente superficiale e ridicolo e non posso trattenere lo stupore quando certe associazioni provengono da persone impegnate e di sicura intelligenza come i soprannominati. La cosa mi riempie di dolore per la banalità della motivazione. Se possiamo discutere, ed è legittimo, che nelle dark-rooms ci possa o meno essere il rischio di contagio, non è possibile liquidare il problema adducendo motivazioni di così basso livello dialettico. Mi sento legittimato a poter pensare che se interessi economici ci siano, possano essere dalla loro parte vista la reazione così plateale e pretestuosa! Vorrei che quello che ho scritto non fosse vero, altrimenti cosa resterebbe del movimento gay romano, dove il Circolo Mario Mieli ha sicuramente un ruolo storico e preponderante, e proprio per questo motivo, con delle responsabilità molto precise verso non solo i suoi associati, ma verso tutti coloro che si riconoscono nello sforzo di "uscire fuori", di acquistare per se stessi una dignità e per chi ci seguità, un mondo migliore? E poi, non è possibile che l'incontro dialettico venga ridotto, pena l'essere tacciati di autoritarismo, ad una occasione per denigrare una iniziativa, come quella di Antonio Di Giacomo col suo Michelagniolo, che comunque fa una azione di tipo politico nel mondo gay romano, oltre che di sostentamento personale. Non credo sia giusto stroncare una idea di opposizione, con le parole che sono state usate, riducendola e minimizzandola a una "guerra commerciale". Il Michelagniolo è l'unico locale romano che ha da sempre avuto coraggio di offrire ai suoi avventori, oltre che da bere, anche un ideale coraggioso e serio di impegno. Al Michelagniolo, ci si trova per stare insieme alla luce per discutere e fare, per ricercare il modo più vero possibile di costruire la propria dimensione di gay in questa società. Forse per questo versa in difficoltà economiche, rischiando la chiusura. Nel comunicato dell'ANSA si parla di "locali vivi cercati dagli omosessuali, e non quelli dove regna la noia". Questa affermazione, fatta dai signori più volte citati, è degna di una ulteriore riflessione. Quali sarebbero i locali vivi dove non regna la noia? Quelli che fanno passare per liberante un rapporto al buio, o quelli dove l'ostentazione di se stessi e di un comportamento il più trasgressivo possibile sono motivo di maggiore interesse? Chi si prenderà la responsabilità di scelte del genere verso la società italiana, visto che parliamo tanto di essere accettati e integrati per quello che siamo, e soprattutto verso i più giovani del nostro gruppo sociale, verso coloro che scoprono la loro diversità ora?
E intanto i nostri politici sono latitanti.
Credo che arrivati a questo punto sia necessario fare un discernimento tra interessi economici e necessità politico-sociali all'interno del nostro movimento. Non possiamo lasciare che anni di lavoro vengano ridotti ad invettive che non possono che attirare su di noi il ridicolo di coloro che ci guardano. Credo che al nostro interno sia più che legittimo che si parli della pericolosità delle dark-rooms e si traggano conclusioni e conseguenze riguardo a questo argomento come per qualunque altro ci interessi. Ma quello che non capisco, sono certe reazioni sconsiderate, le assenze anche se giustificate, le alleanze tra un circolo come il Mario Mieli e un locale come l'Apeiron, peraltro gestito da una signora che nulla ha a che fare con la condizione omosessuale.
Questa che ho scritto, è una riflessione a posteriori di tutto un gran polverone sollevatosi in questa prima metà di maggio a Roma, che è sempre più bella di fioriture e di colori primaverili. Vuole essere una riflessione critica, non occasione di ulteriori disastri verbali, una riflessione rivolta ai componenti della comunità gay nazionale e romana in particolare. Spero di non essere tacciato di presunzione.
Cordialissimi saluti
Goffredo Lippi
ROME GAY NEWS
N.163 7 OTTOBRE 1997
Domenica 5 ottobre se n’è
andato Goffredo Lippi. Se n’è andato per sempre, portato via da un virus
assassino che tanti danni, tante stragi ha portato tra di noi. Per contribuire
a mantenerne viva la memoria, pubblichiamo qui di seguito un articolo scritto
in occasione di una manifestazione di solidarietà con la comunità ebraica
italiana che lo vide partecipe con tutti noi di fronte al Vaticano (Gay ed
Ebrei uniti nella lotta), poi l’inizio di una sua rubrica su Rome Gay News
(Spirito e Persona), ed infine un suo intervento inedito che non potemmo
pubblicare perché il nostro settimanale cambiò struttura e impostazione
(Cristiani e Democratici Cristiani).
Aveva fondato il gruppo di
Gay Credenti Nuova Proposta. Personalmente volli la sua collaborazione perché,
anche se Goffredo Lippi era cristiano, continuava ad essere una persona onesta
che non aveva smesso di essere sensibile alle storture di questa società,
spesso causate proprio da una perniciosa influenza di superstizioni antiquate e
dannose, nemiche di un armonioso svolgersi della natura.
Massimo Consoli
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