WORK IN PROGRESS
Gian Marco Chiocci de il Tempo annuncia il dibattito il 28 aprile |
IL TROVAROMA de la Repubblica riporta la notizia di quello che si preannuncerà diventare un piccolo evento |
Music Box TROVAROMA DI REPUBBLICA 6.5.1993
MIX, REMIX E DARK ROOM…..
…..A PROPOSITO DI SESSO: UNA
DELLE ASSOCIAZIONI CULTURALI PIU’ ALL’AVANGUARDIA DELLA CITTA’, IL CIRCOLO MICHELAGNIOLO (VICOLO DELLA PENITENZA, 46
TEL.68804904) PROPONE DOMANI SERA ALLE
21.00 UN INCONTRO PIUTTOSTO STIMOLANTE SU DARK ROOM E AIDS. VI PARTECIPERANNO
NICHI VENDOLA, CHIARA SIMONELLI, MAURIZIO PALOMBA, MASSIMO CONSOLI, DARIO
BELLEZZA, FRANCO GRILLINI E ROSARIA IARDINO.
(Dino D’arcangelo)
DARK-ROOM/AIDS 7 MAGGIO 1993 Circolo Michelagniolo Roma
Intervento di apertura del
dibattito
Dottor. Maurizio Palomba
Istituto Gay Counseling Roma
il dottor Maurizio Palomba al Circolo Michelagniolo |
Questo tema fu dibattuto sin dal 1984, con questioni sul tipo è giusto chiuderle oppure no, e molti leaders del movimento gay erano favorevoli altri no, alcuni erano solo favorevoli rispetto questo periodo storico legato all’AIDS, altri invece ritenevano che non esistono dati scientifici o perlomeno attendibili che portano a credere che questi genere di locali rappresentano un reale pericolo per la comunità, e che le chiusure sono incostituzionali. Come è invece la questione dal punto di vista legale qui in Italia? Possono esserci locali destinati ad uso erotico senza andare incontro a problemi di infrazioni di leggi, sia per il gestore che per il cliente? A Roma, come del resto anche in altre città d’Italia, esistono locali che gestiscono situazioni del genere, sia eterosessuali che gay. Sono queste le domande che mi pongo e che spero oggi trovino un minimo di risposta, e che siano di aiuto alla comunità gay, soprattutto ai giovanissimi che ignari spesso si avvicinano a queste strutture senza un’adeguata conoscenza e senza un’informazione che possa garantire loro una scelta consapevole e ponderata. Gli estremismi, le prese di posizione, che forse sorgeranno in questo incontro, spero non siano intese come un attentato ai locali commerciali, tanto meno siamo qui per formulare dei monito moralisti e/o perbenisti, né spero questo incontro sia inteso come un rimprovero a coloro che gestiscono liberamente, e spero consapevolmente la loro pulsione erotica, e le relazioni interpersonali.
Noi come associazioni gay romane, invitiamo tutta la cittadinanza e la comunità gay ad intervenire, nella speranza peraltro concreta, di mobilitarsi attraversi quella consapevolezza e quella serietà nei confronti della prevenzione AIDS, di cui è sempre stata sensibile, arrivando finora a diminuire i casi di contagio nella comunità gay stessa ed operandosi nell’aiuto ai compagni malati. Vedi il lavoro del Mario Mieli, l’informazione che Consoli porta avanti da anni su questo tema, l’Arcigay nelle sedi italiane, e infine un grazie al circolo Michelagniolo, che da diverso tempo mi ospita e oggi ci ospita in questa opera di sensibilizzazione.
attentato ai locali
commerciali, tanto meno siamo qui per formulare dei monito moralisti e/o
perbenisti, né spero questo incontro sia inteso come un rimprovero a coloro che
gestiscono liberamente, e spero consapevolmente la loro pulsione erotica, e le
relazioni interpersonali. Noi come associazioni gay romane, invitiamo tutta la
cittadinanza e la comunità gay ad intervenire, nella speranza peraltro
concreta, di mobilitarsi attraversi quella consapevolezza e quella serietà nei
confronti della prevenzione AIDS, di cui è sempre stata sensibile, arrivando
finora a diminuire i casi di contagio nella comunità gay stessa ed operandosi
nell’aiuto ai compagni malati. Vedi il lavoro del Mario Mieli, l’informazione
che Consoli porta avanti da anni su questo tema, l’Arcigay nelle sedi italiane,
e infine un grazie al circolo Michelagniolo, che da diverso tempo mi ospita e
oggi ci ospita in questa opera di sensibilizzazione.
E su questo nostro lavoro la
società tutta ce ne deve dare atto
Roma, 18 maggio 1993
Maurizio Palomba
Psicologo, Ist. Gay
Counseling
A.S.P.I.C. Roma
ESCLUSIVA!!!
L'INTERVENTO DI MASSIMO CONSOLI CONSEGNATO ALLA STAMPA IL 12 MAGGIO 1993 E FINORA MAI PUBBLICATO
Sulle DARK ROOMS
Massimo Consoli
Roma, 12 maggio 1993
L’esistenza delle dark rooms
nella nostra città e nel nostro Paese pone in primo piano alcuni problemi e ci
costringe, forse per la prima volta, a riconsiderare il nostro ruolo nel
movimento e nella comunità gay.
E’ necessario interrogarsi
sulla funzione di un circolo gay, sul suo significato, sulla sua necessità.
Massimo Consoli |
Per vent’anni abbiamo sognato
il giorno in cui non saremmo più stati costretti a frequentare i cessi
pubblici, dove la società ci aveva respinti ed emarginati, ed oggi ci troviamo
con il cesso assurto a sistema culturale simbolico della nostra comunità.
Invece di pretendere a pieno
diritto di far parte della società nel suo insieme e di operare per il
riavvicinamento tra gay ed etero dopo secoli di separazioni e di persecuzioni
delle quali siamo stati le sole vittime, ci stiamo ghettizzando ogni giorno di
più in stanzoni bui dove è impossibile vedere il proprio vicino, dove la
comunicazione avviene solo a livello oro-genitale, senza alcuna possibilità di
conversazione, senza nessuna voglia di avere alcun tipo di conversazione.
Le dark rooms non
sponsorizzano alcuna liberazione sessuale, non rappresentano alcun avanzamento
in termini di serenità, felicità, appagamento dell’individuo; sono luoghi dove
si fa sesso anonimo e basta.
E questo non sarebbe neanche
particolarmente importante, se, purtroppo, non stessimo vivendo i momenti più
difficili della nostra storia, della storia della comunità gay italiana,
piagata da un’epidemia che, nonostante non faccia neanche più parte della cronaca
ma sia ormai diventata storia, sono ancora in molti ad ignorare o a
sottovalutare o ad utilizzare per i propri scopi. E, è necessario aggiungere,
nonostante la nostra comunità non sia neanche la più colpita.
Il problema della sicurezza
in questi locali è stampa ampiamente e lungamente dibattuta altrove,
soprattutto negli Stati Uniti. L’Italia manca di una letteratura al proposito
visto che nel nostro Paese il fenomeno è molto recente.
I dati in proposito sono
indubitabili e ne abbiamo fornito ampia documentazione nel corso del recente
incontro al circolo Michelagniolo. Li
riassumiamo per comodità avvertendo che abbiamo raccolto soltanto
dichiarazioni, studi e ricerche di medici gay o di dirigenti di organizzazioni
gay. Essere di parte, in una situazione del genere, finisce per farci essere
più obiettivi!
Già agli inizi degli anni ’80
David Ostrow (direttore della Howard Brown Memorial Clinic di Chicago, diretta
ad una utenza gay), parlando della commercializzazione del sesso gay come di un
aspetto di un certo stile di vita nel quale prosperano epidemie di malattie
veneree, epatiti e disordini enterici afferma che da un punto di vista
meramente medico, questi luoghi sono un orribile terreno di coltura per le
malattie. Uno studio effettuato a Seattle su gay affetti da shigellosi ha dimostrato che il 69%
rimorchiavano i loro partner sessuali in questo tipo di locali.
Uno studio effettuato a
Denver ha rivelato che il cliente medio di un sex club, con 2,7 contatti
sessuali medi a volta, ha il 33% di possibilità di uscirne con la sifilide o la
gonorrea, visto che uno su otto dei presenti ne sono portatori asintomatici.
Il New York Gay Men’s Project denuncia che il 30% dei propri pazienti soffrono
di parassiti gastrointestinali, tant’è che nelle pubblicazioni scientifiche si
comincia a parlare di “Gay Bowel Syndrome” (Sindrome dell’Intestino Gay);
questa, dal 1973 al 1980 aumenta dell’8000%(ottomila
per cento!) e non certo per caso, ma proprio in seguito alla promiscuità
conquistata a prezzo di tante battaglie.
Il Dr. Dan William (direttore
medico del New York Gay Men’s Project) si lamenta in un’intervista al mensile
gay Christopher Street: “Un effetto della liberazione gay è che il sesso è
stato istituzionalizzato e serializzato. Venti anni fa ci saranno stati un
migliaio di uomini a notte che facevano sesso nelle saune o nei parchi di New
York. Oggi saranno dieci o ventimila…La pletora di opportunità ci mette di
fronte ad un problema sanitario che cresce ogni volta che apre un nuovo locale
in città”.
Quando Michael Callen (oggi
uno dei “long est survivors” con aids), comincia ad apparire in pubblico per
parlare della malattia, la Gay Men ’
Health Crisis gli consiglia di rispondere “Non lo so”, ogni volta che gli verrà
domandato come si è preso l’aids. In realtà, Callen non ha dubbi su come era
rimasto contagiato. “Aveva frequentato ogni sex club tra l’East River e
l’Oceano Pacifico ed aveva rastrellato tante di quelle malattie venereee e
parassitiche da far sembrare la sua cartella clinica simile a quella di un 65 enne
nero dell’Africa Equatoriale vivente in condizioni di estremo squallore”. Ma ad
un certo momento si ribella. Pensa che “se gli uomini gay vogliono continuare a
vivere, devono cominciare a parlare sinceramente della malattia. Diminuire
l’attività sessuale…non è sufficiente, lui e Berkowitz (un ex-prostituto)
scrivono sul settimanale gay New York Native. Ci vogliono misure più energiche:
“Se è vero che frequentare questi posti è una sorta di roulette russa, allora
il consiglio dev’essere butta via la
pistola, e non giocaci un po’ meno di frequente”.
Bill Kraus, uno dei più
importanti leader gay di S. Francisco, si decide dopo molte esitazioni a
scrivere una sorta di manifesto, visto che “la retorica del vecchio movimento
gay – il movimento di liberazione sessuale – aveva bisogno di una revisione”: “Noi crediamo sia giunta l’ora di dire la
verità pura e semplice. Il sesso insicuro ci sta uccidendo. Il sesso insicuro
praticato nei sex clubs è particolarmente pericoloso. Quando una terribile
malattia ci spiega che noi compriamo la nostra libertà sessuale al prezzo di
migliaia delle nostre stesse vite, il rispetto di sé impone che è giunto il
momento di dare un taglio a tutto ciò,
fino a quando non si tornerà alla sicurezza di una volta”.
Il manifesto viene sottoscritto
da Ron Huberman, vice-presidente dell’Harvey Milk Club, cioè l’organizzazione
gay più influente di San Francisco e da Cleve Jones, militante gay storico e
organizzazione della Fondazione per l’Educazione e la Ricerca sul Sarcoma di
Kàposi.
Dario Bellezza con Massimo Consoli al Circolo Michelagniolo |
Virtualmente ogni studio
sulle malattie trasmesse sessualmente ha dimostrato per anni che i maschi gay
che li frequentavano avevano molte più possibilità degli altri di essere
infettati da qualsiasi malattia venerea fosse nell’aria, che si trattasse di
gonorrea, sifilide, epatite B o aids.
Alla fine di febbraio del
1984, anche i medici della Aids Clinic di San Francisco decidono di prendere
posizione per la chiusura dei sex clubs, insieme ad “una coalizione di medici,
uomini d’affari e tutti gay”. Larry Littlejohn, uno dei primi ad aprire un sex
club in San Francisco, personaggio enormemente popolare all’interno della
comunità gay californiana, per controllare se era vero quello che i proprietari
di questi locali andavano strepitando sulla “sicurezza”, il “sesso sicuro” ed i
“controlli”, prende la decisione di controllare di persona. Ci mette parecchi
giorni, ma alla fine del suo giro di ricognizione è stravolto e decide di
assumersi in prima persona l’impegno a richiedere un referendum popolare per
chiudere tutti i sex clubs della sua città!
Il 9 ottobre 1984, dopo un
lunghissimo periodo nel quale non era riuscito a prendere una decisione
coraggiosa, il direttore del Dipartimento della Salute Pubblica di S.F., Dr.
Mervin Silverman convoca una conferenza stampa. Comincia affermando che le
saune sono una sorta di salotto dove giocare alla roulette russa”. “Può essere
legale farlo a casa, ma non si può aprire un business e far pagare cinque
dollari a cranio per far provare a scopo di lucro come si fa la roulette
russa…Non fate errori: questi locali non sponsorizzano la liberazione gay.
Questi locali sponsorizzano malattia e morte”.
Nel febbraio dell’85, Michael
Callen interviene sul VIllage Voice per raccontare come, quando faceva parte
del New York State Aids Advisory Council, certi politici gay avevano ostacolato
i suoi tentativi di discutere la chiusura delle saune al consiglio di Stato.
Nel maggio dell’85 Bill Kraus va a Parigi, dove scopre che si stava creando una
situazione simile a quella dei sex clubs americani ormai chiusi, in numerosi
bar con dark rooms. Gli amici francesi parlano contro i tentativi fascisti di
chiudere quei locali, contro la demonizzazione del sesso e Kraus - si sentì sopraffatto da un senso di dçjà
vu. Aveva voglia di mettersi a urlare: “Per
Dio, non fate anche voi gli stessi errori che abbiamo fatto noi”.
E’ importante ricordare che,
prima ancora dell’inizio dell’epidemia, una sola persona aveva alzato la sua
voce contro i sex clubs: Larry Kramer.
Kramer era una figura anomala
all’interno della comunità gay di New York. Famoso sceneggiatore, qualche anno
prima aveva vinto una nomination all’Oscar per aver scritto e prodotto un film
basato su “Women in Love” di D.H. Lawrence, ed un Academy Award per la sua
prima attrice, Glenda Jackson.
Larry Kramer |
Nessuno aveva parlato così
chiaro, prima dell’aids, e nessuno parlerà altrettanto chiaro, quando
l’epidemia sarà già scoppiata.
“E’ difficile aiutare chi
non vuole essere aiutato”. A casa sua
avvenne la creazione di un nuovo organismo che aveva lo scopo di raccogliere
fondi per la ricerca su quello che allora tutti chiamavano “cancro gay”, per
assistere le persone ammalate, per sollecitare i politici ad intervenire in
questa situazione di crisi che colpiva la comunità. E per riassumere quanto più
possibile le loro intenzioni in una sigla, la chiamarono “GMHC”, cioè Gay Men’s
Health Crisis” (Crisi Sanitaria degli Uomini Gay”).
Più di recente, Kramer ha
scritto e prodotto “Normal Heart”, il suo testo teatrale più politicizzato dove
concede poco ai “buoni sentimenti” e bada al sodo attaccando subito il Sindaco
di New York, Edward Koch, per aver fatto poco contro l’aids, il presidente
Reagan per non aver fatto niente, il
“New York Times” per non aver
fornito la giusta copertura giornalistica ad un fatto che sembrava troppo
“gay”, le istituzioni sanitarie del suo paese per non aver capito cosa stesse succedendo
e la stessa comunità gay di New York per aver
continuato a suicidarsi allegramente quando ormai era ben chiaro che
c’era qualcosa che andava cambiato nei suoi usi e costumi. Il
protagonista, poco prima di morire, lancia un’accusa: “Non c’è una sola parola buona che può esser detta anche per una sola
persona, in tutto questo casino”. Ed è veramente il pensiero di Kramer.
E per capire meglio il
personaggio, bisogna ricordare che è sempre lui ad aver fondato “Act Up”,
l’organizzazione radicale che ha completamente cambiato il modo di far politica
dei gay americani e, soprattutto, il loro approccio all’aids.
Tre settimane fa, tutti
abbiamo visto la manifestazione che a Washington ha radunato un milione di gay,
ed anche se nessuno dei TG lo ha specificato, l’unico oratore ripreso era
proprio lui, Larry Kramer, oggi il personaggio più importante di tutta la
comunità gay americana. Quello che per primo si è battuto contro i sex clubs e
che continua a combatterli. Perché, nonostante tutto quello che si dice e si
può dire in proposito, ancora oggi all’interno delle dark rooms non c’è alcuna
garanzia di sesso sicuro, di uso dei preservativi, di pratiche non a rischio.
Al contrario, visto che abbiamo occhi e orecchie, sappiamo con assoluta
certezza che sono in molti ad infischiarsene delle precauzioni.
Ed a confermarlo viene l’inchiesta apparsa proprio questa settimana sull’”Espresso”, che racconta come, nei sex clubs di New York, il preservativo obbligatorio per legge viene gettato in un cestino non appena varcata la soglia…
Ed a confermarlo viene l’inchiesta apparsa proprio questa settimana sull’”Espresso”, che racconta come, nei sex clubs di New York, il preservativo obbligatorio per legge viene gettato in un cestino non appena varcata la soglia…
Tutti noi abbiamo sentito
parlare di Gaétan Dugas, lo steward delle linee aeree canadesi al centro di una
mappa epidemiologica che veniva quotidianamente aggiornata e che proprio per
questo suo trovarsi ad una sorta di punto di partenza di tutto, venne
ribattezzato “paziente zero” dagli
scienziati del CDC di Atlanta (ed anche perché, secondo uno studio statistico
compiuto allo scopo di controllare se la sua responsabilità fosse dovuta a
semplice coincidenza, ad un accumularsi di circostanze imprevedibili e
fortunose, questa possibilità risultò ridotta a zero).
Visto che su un elenco di
2448 persone con aids almeno 40 (un sesto!) avevano avuto rapporti sessuali direttamente
con lui o indirettamente attraverso suoi partners, i medici gli consigliarono
di andarci piano con le avventure sessuali nei sex clubs che amava frequentare,
poiché c’era il sospetto che la sua malattia fosse trasmissibile. Inutilmente.
Anzi, cominciò a evitare i luoghi troppo illuminati come i bar e certe
discoteche dove le macchie che ormai gli ricoprivano tutto il corpo potevano
destare preoccupazione, e prese a frequentare le saune che con la complicità
del buio gli permettevano di avere rapporti perfettamente anonimi.
In qualche occasione,
disperato per il male che lo stava divorando dentro e fuori, dopo uno dei
fugaci incontri erotici nella sauna di San Francisco “Eighth and Howard
bathhouse”, sembra che abbia sussurrato al proprio partner mostrandogli le
lesioni del corpo: “Ho il cancro gay. Io ne morirò, ma morirai anche tu”.
Almeno una volta, nel
dicembre dell’82, venne minacciato da un tale che lo afferrò per un braccio
urlandogli: “Ti conosco e so quello che stai facendo. E’meglio per te se te ne
vai da San Francisco”. I volontari che rispondevano al centralino della Kaposi
Sarcoma Foundation ricevettero per un lungo periodo chiamate di gay incazzati.
Protestavano tutti contro la presenza nelle saune della città di un giovanotto
biondo, dagli occhi azzurri e con l’accento francese, che fotteva al buio con
chiunque gli diceva di sì e poi, accendendo lentamente la luce, mostrava le
lesioni che gli deturpavano il corpo. Più tardi, alla stessa “hot line”
giunsero numerose telefonate che annunciavano la creazione di un gruppo di gay
ancora più incazzati che avevano deciso di buttarlo fuori della città con la
violenza.
Il suo pensiero lo espresse
in numerose occasioni. Alla dottoressa Selma Dritz che gli diceva a brutto muso
che non doveva più andare nelle saune, rispondeva urlando: “Non sono cazzi vostri! Io ho il diritto di fare quello che voglio con
il mio corpo!”.
“Lei non ha il diritto di
andare in giro ad infettare la gente!, insisteva il medico. Sono loro ad avere il problema di doversi
proteggere. Lo sanno cosa sta succedendo. Hanno sentito che c’è questa malattia
in giro! Se l’ho presa io”, continuava il canadese sempre più irato, “se la
possono prendere anche loro!”.
Fra i partecipanti al dibattito, Saverio Aversa |
Fu grazie a personaggi come
lui che le autorità decisero la chiusura delle saune in numerose città; i
leader ed i business gay si dichiararono contrari ma la stragrande maggioranza
della comunità fu d’accordo sul provvedimento. Molti, comunque, puntualizzarono
che non erano i bagni turchi a diffondere l’epidemia, ma il comportamento di
pochi incoscienti assassini che in un luogo del genere trovavano l’ambiente
ideale per prendersi le loro vendette contro le vittime più facili.
Gaetàn Dugas non ha una tomba
dove riposare in pace. L’odio dei gay americani verdo di lui è talmente forte
ancora oggi, per i danni irreparabili causati dal suo comportamento, che il
corpo venne cremato a Québec City, vicino al cimitero di St.Charles, e le
ceneri consegnate alla madre adottiva, Lorette Perry Dugas. Qualche vendicatore
avrebbe potuto profanare la tomba.
Ora, facendoci
portavoce delle istanze che salgono a noi dalla base più consapevole della
comunità gay, e spinti da una forte tensione morale che ci viene dal profondo
amore nutrito per i nostri fratelli e sorelle, invitiamo i gestori di dark
rooms (sia etero che gay) di deciderne volontariamente la chiusura adibendo i
locali ad altre funzioni associative e ricreative intraprendendo, in loro
sostituzione, un’approfondita opera di educazione sessuale e, come purtroppo
spesso si dimentica, anche sentimentale.
Del resto, quando ci si accorge di aver sbagliato non
c’è niente di male ad ammetterlo. Noi abbiamo smesso con “Rome Gay News” perché
ci eravano accorti, al di là delle nostre intenzioni e nonostante il giornale
andasse più che bene, che stavamo lentamente scivolando nella pornografia e nel
suggerire ai lettori la frequentazione di posti che erano tutto meno che
raccomandabili. Non abbiamo niente
contro le foto di ragazzi nudi (ci mancherebbe altro!), ma “Rome Gay News” è
nato come organo di informazione per la comunità della capitale e non come
rivista porno patinata. Quando ci siamo accorti che ci stava sfuggendo di mano,
ci siamo fermati di colpo e oggi, dopo aver ricevuto centinaia e centinaia e
centinaia di proteste da parte dei lettori che ne sentono la mancanza,
torneremo a pubblicare “Rome Gay News” completamente rinnovato e di nuovo
aderente agli ideali iniziali. Anzi, una delle nostre prime iniziative sarà
proprio un sondaggio all’interno della comunità per valutare con maggior rigore
scientifico l’ampiezza e le motivazioni del rifiuto delle dark rooms.
MASSIMO CONSOLI
Dario Bellezza e Massimo Consoli al Circolo Michelagniolo |
. L'INTERVENTO DI DARIO BELLEZZA... BREVE MA MOLTO INCISIVO
"Non sono mai andato in questi locali con dark room.
Ho sempre vissuto la mia omosessualità liberamente alla luce del sole e non in maniera
così ghettizzante.
Sono posti per omosessuali repressi.
Ho sempre vissuto la mia omosessualità liberamente alla luce del sole e non in maniera
così ghettizzante.
Sono posti per omosessuali repressi.
Poi, con quello che sta' succedendo con l'aids, trovo criminale il comportamento dei gestori che
per fare soldi mettono a repentaglio la vita della gente.
per fare soldi mettono a repentaglio la vita della gente.
Bisognerebbe andare lì e manifestargli contro con i cartelli"
Dario Bellezza
Dario Bellezza
PUBBLICATO SUL MENSILE LIBERAL NEL 1995
la Prof.ssa Chiara Simonelli al Circolo Michelagniolo |
Come ricercatrice e come
presidente della Società italiana di sessuologia scientifica sento di dover
precisare la mia posizione in merito alle dark rooms.
Senza moralismi che non
aiutano a capire il fenomeno in questione e nel rispetto di opinioni differenti
è comunque doveroso sottolineare che:
1.
Sia gli
eterosessuali che gli omosessuali si espongono in tali situazioni a
sollecitazioni autodistruttive sul piano della salute. I resoconti delle
persone, infatti, testimoniano lo scarso o addirittura inesistente utilizzo del
profilattico.
2.
Esiste anche un
altro tipo di rischio che riguarda gli aspetti più intimi ed emotivi di una
persona. Se l’erotismo, completamente scisso da altri elementi esistenziali,
viene incoraggiato e soddisfatto grazie alla depersonalizzazione del contesto,
quanto sarà possibile viverlo con intensità e soddisfazione in contesti più
integrati? L’esperienza di alcune persone ci fa riflettere a questo proposito.
Calo del desiderio, disfunzioni sessuali diverse e depressioni più o meno
accentuate sono comparsi dopo un’esperienza protratta di sesso nelle dark
rooms.
Sottolineando quanto
precedentemente affermato e cioè che non si debbano prendere misure repressive
e moralistiche, è indubbio che non debbano assolutamente essere trascurate le
variabili che possono evocare in noi e negli altri sofferenze del tutto
evitabili.
CHIARA SIMONELLI Roma
L'INTERVENTO DEL SOTTOSCRITTO E' IN FASE DI PREPARAZIONE
L'INTERVENTO DEL SOTTOSCRITTO E' IN FASE DI PREPARAZIONE
SESSO AL BUIO, ECCO LA MAPPA CHE SCOTTA
Saune, club privè e dark room perfino vicino al comando dei carabinieri di via in Selci
Capitare non troppo per caso in un festino per soli uomini in cerca di uomini soli, può non essere il massimo per chi omosessuale non è.ma fingere d'esserlo a fini professionali (altrimenti irrag iungibili se ti qualifichi come giornalista) riserva piccanti sorprese su ciò che questa degradata città offre a chi è perennemente a caccia di erotiche follie, trasgressioni di gruppo, emozioni forti, fortissime, mai sentite neanche ai tempi bui di naya profonda.
E così un venerdi di qualche settimana fa, ci siamo nell'ex cinema di via Porta Castello, a due passi dalla basilica di S,Pietro, stretti stretti con gli afiocionados gay del circolo Muccassassina che dalle parti della toilette si danno appuntamento per incredibili convention sessuali, senza preoccuparsi comunque, di chiudere la porta. Al posticino ci siamo arrivati grazie ai suggerimenti letti su Spartacus, rivistone patinato che in copertina t'offre settimanalmente maschoni muscolosi in monokini panterato. Sfogli il giornale e alal rubrica "saune" ti accorgi che Roma offre club troppo, ma troppo privè per essere pubblici. Confort, massima discrezione..." e altre diavolerie, tutte da sperimentare in Via Persio. A sentire un ragazzo che ci diventa subito amico presentandoci all'ingresso per l'incombenza del tesserino, il 99% dei clienti viene qui per fare sesso selvaggio nei camerini relax: ti chiudi dentro e fai quello che vuoi. La storia è la stessa a due passi dal Carcere di Rebibbia. Entri, paghi e se vuoi, consumi con chi ti pare e soprattutto piace. Roba di gay che quasi mai usano il preservativo. Ma anche gli eterosessuali, hanno la loro casa chiusa aperta giorno e notte. E' sull'Anagnina, in un villino anonimo che tutti conoscono. Dopo la chiusura del noto ritrovo a Campo de Fiori, se vuoi scambiare la moglie con quella di un altro, devi tirar fuori dalle 50 alle 100 mila lire. Ti rassicurano su tutto,, compreso ciò che è ampiamente fuorilegge perchè al limite del cosiddetto atto osceno in luogo pubblico. Se ami amare al buio, spegnere la abat-jour e immaginare un partner che purtroppo non c'è, allora prova le dark room. In America hanno fatto furore e qualche migliaio di morti d'Aids. Qui da noi, si moltiplicano col moltiplicarsi delle richieste. Nelle stanzette senza lampadine, si fa del sesso selvaggio senza chiedersi neanche nome e cognome. Una su tutti. L'Apeiron di via Quattro Cantoni, traversa di via Cavour, zona Stazione Termini. Entri con facilità, sulla destra c'è un bar poi due-tre ambientini che ve li raccomandiamo. Il primo è leggermente illuminato da un filmetto porno senza trama e basso volume. E' l'anticamera, il riscaldamento obbligatorio per ciò che viene accanto, in quella camera oscura dove non si vede niente ma si sente di tutto. Ah, dimenticavamo: il club Hangar. Si muore di caldo, non c'è uscita di sicurezza ma è sempre pieno. Il segreto c'è ed è in fondo al localino posizionato in via in Selci, la stessa strada che ospita il Reparto Operativo dei carabinieri. Un gay americano, romano d'adozione, ci ha giurato che il rischio vale la candela. Spiacenti, ma non possiamo darvi alcuna conferma.
A: MASSIMO CONSOLI
DA: HANGAR
RE : TEMPO GM CHIOCCI
11.05.1993
INVITO
Per opporsi alla sempre più consistente ondata di demonizzazione sessuofobica che sta colpendo i luoghi di aggregazione omosessuale il Circolo di Cultura Omosessuale "Mario Mieli" indice
MERCOLEDI 12 MAGGIO ORE 12,00
SALA GRUPPO CONSILIARE ANTIPROIBIZIONISTA DEL COMUNE DI ROMA
VIA DEL TRITONE, 82 (TERZO PIANO)
UNA CONFERENZA STAMPA DAL TITOLO
"IL CIRCOLO DI CULTURA OMOSESSUALE MARIO MIELI, LE DARK ROOM E L'AIDS"
La preghiamo caldamente di partecipare per portare il Suo contributo ad un dibattito più che urgente. Contiamo su una Sua conferma o, nell'impossibilità di essere presente, sollecitiamo una dichiarazione scritta da leggere alla stampa.
Distinti saluti.
Per il circolo
Deborah Di Cave
11.5.1993
fax inviato l'11.5.93 ore 12,36
http://www.radioradicale.it/scheda/54610/54676-il-circolo-di-cultura-omosessuale-mario-mieli-le-dark-room-e-laids-organizzata-dal-circolo-di-cultura
POLEMICHE FRA GAY SULLE DARK
ROOMS
ANSA ROMA 12 MAG – UNA
STRUMENTALIZZAZIONE COMMERCIALE E FINTAMENTE ETICA HA SPINTO IL POETA DARIO
BELLEZZA E MASSIMO CONSOLI DELLA “GAY HOUSE OMPO'S, EDITRICE DEL PERIODICO ROME
GAY NEWS, A SCHIERARSI CONTRO LE DARK ROOMS CIOE' LE CAMERE OSCURE DOVE GLI
OMOSESSUALI HANNO RAPPORTI SESSUALI OCCASIONALI. LO HANNO SOSTENUTO I
RAPPRESENTANTI DEL CIRCOLO OMOSESSUALE MARIO MIELI E L'EX CONSIGLIERE COMUNALE
DELEGATO AI PROBLEMI DELL'AIDS, LUIGI CERINA (ANTIPROIBIZIONISTA), STAMANE IN
UN INCONTRO CON I GIORNALISTI. “E' FALSO CHE QUESTO TIPO DI RITROVI – HANNO
DETTO – ALIMENTI IL RISCHIO DI CONTAGIO DA AIDS, VISTO CHE ALL'ENTRATA VENGONO
CONSEGNATI I PRESERVATIVI. “IL VERO MOTIVO – HANNO SPIEGATO – E' CHE IL LOCALE
MICHELAGNIOLO, DOVE SI E' SVOLTA LA CONFERENZA STAMPA, NON E' RIUSCITO AD
ENTRARE NEL GIRO DEI LOCALI GAY E RISCHIA LA CHIUSURA PERCHE' GLI OMOSESSUALI
VOGLIONO LOCALI VIVI E NON POSTI DOVE REGNA LA NOIA”. IMMEDIATA LA REPLICA DI
CONSOLI: L'ACCUSA E' BANALE, SONO ANDATO TRE QUATTRO VOLTE AL LOCALE
MICHELAGNIOLO PERCHE' MI HANNO INVITATO. IL PROBLEMA E' CHE LE DARK ROOMS NON
SPONSORIZZANO ALCUNA LIBERALIZZAZIONE SESSUALE, NON RAPPRESENTANO ALCUN
AVANZAMENTO IN TERMINI DI SERENITA' ED APPAGAMENTO DELL'INDIVIDUO, SONO LUOGHI
DOVE SI FA SESSO ANONIMO E DI DIFFONDE LA MORTE” SONO CONTENTO E FIERO CHE DI ME SI DICA – HA
AGGIUNTO CONSOLI – CHE SONO LA COSCIENZA MORALA DELLA COMUNITA' GAY”
POLEMICHE FRA GAY PER LE DARK
ROOM ANSA (2)
12 MAGGIO 93
A ROMA LE DARK ROOMS SONO AL
MASSIMO TRE – HA PRECISATO VANNI PICCOLO DEL CIRCOLO MARIO MIELI – LA CAPITALE
E' IL FANALINO DI CODA TRA LE CITTA' ITALIANE, PERCHE' NONOSTANTE VI SIA LA
PIU' GRANDE COMUNITA' OMOSESSUALE, LA CULTURA CATTOLICA HA IMPEDITO LO SVILUPPO
DI QUESTI LOCALI. ANDREA PINI, ANCORA DEL MARIO MIELI, HA AGGIUNTO “LA
QUESTIONE NON RIGUARDA I LUOGHI, MA LA SCELTA INDIVIDUALE SULL'USO DEL
PRESERVATIVO”. PER I RAPPRESENTANTI DEL CIRCOLO DELL'APEIRON E DELLE TERME DI
ROMA LE CAMERE OSCURE SONO UNA ALTERNATIVA ALLA STRADA E UN TENTATIVO DI
RISPOSTA AGLI OMICIDI AVVENUTI NELLA CAPITALE ED E' PER QUESTO CHE, HANNO
AGGIUNTO, DEBBONO ESSERE APERTE ANCHE IN ALTRI LOCALI. IL CIRCOLO MARIO MIELI, CHE
DA DIECI ANNI SI OCCUPA DI PREVENZIONE DELL'AIDS E DISTRIBUISCE, NEI LOCALI E
NEI LUOGHI DI RITROVO DEGLI OMOSESSUALI OPUSCOLI INFORMATIVI E PRESERVATIVI, IL
19 MAGGIO ORGANIZZERA' UNA SERATA ALLA DISCOTECA “L'ALIBI” DAL TITOLO SESSO SICURO. CHI SECONDO CERINA “NON HA MAI FATTO ALCUNA INIZIATIVA DI
PREVENZIONE DELL'AIDS E' PROPRIO CONSOLI, UN PARANOICO PERICOLOSO”. DAL CANTO
SUO CONSOLI INVITA I GESTORI DI DARK ROOM A DECIDERE VOLONTARIAMENTE LA
CHIUSURA ADIBENDO I LOCALI AD ALTRE FUNZIONI ASSOCIATIVE E RICREATIVE
INTRAPRENDENDO, IN LORO SOSTITUZIONE, UN'APPROFONDITA OPERA DI EDUCAZIONE
SESSUALE, E COME PURTROPPO SPESSO SI DIMENTICA, ANCHE SENTIMENTALE
CORRIERE DELLA SERA 13 MAGGIO 1993
Discoteche hard sotto accusa
IL FASCINO OSCURO DELLE DARK ROOMS: I GAY SI
DIVIDONO
di
Roberto Della Rovere
Una
polemica tardiva: In Inghilterra e negli Stati Uniti dove sono nate, le back
rooms son già in forte ribasso. Vittima della paura dell'aids. Chiuderle anche
a Roma? “Questi luoghi sono un
orribile terreno di coltura delle
malattie”, avverte Massimo Consoli della Gay House Ompo's, spalleggiato dallo
scrittore Dario Bellezza. “E' falso che questo tipo di ritrovi aumenti il
rischio di contagio. Per di più all'entrata vengono consegnati preservativi”,
ribattono al circolo omosessuale Mario Mieli, sostenuti da Luigi Cerina,
antiproibizionista, ex consigliere comunale delegato ai problemi dell'aids,
“Inoltre – aggiungono – ci si limita al petting. Meglio che tra i cespugli. Ma lo
scontro si appesantisce e volano parole pesanti. “La repressione fa male sia a
chi fa sesso sia a chi non lo fa, che rischia di diventare un cappone” tuona
Vanni Piccolo del Mario Mieli “E poi – sibila – non accettiamo attacchi
disonesti, fatti per strumentalizzazione commerciale da persone frustrate da
fallimenti letterari e politici.” Secca dall'Ompo's la replica, via fax, di
Massimo Consoli: Mai preso una lira, noi. Abbiamo invece sognato il giorno in
cui non saremmo stati costretti a nasconderci nei cessi pubblici, ed oggi ci
troviamo con il cesso assurto a sistema cultura e simbolico della nostra
comunità”.
GOFFREDO LIPPI
COFONDATORE DI NUOVA PROPOSTA,
INTERVENUTO AL DIBATTITO, SCRIVE A BABILONIA
Cari componenti la redazione di “Babilonia”, vi raggiungo con
queste righe perchè credo sia importante che veniate a conoscenza di un evento
avvenuto in Roma qualche giorno fa, e che riguarda direttamente il nostro vissuto
di gay. Cercherò di riportare i fatti, senza fare commenti. Penso che sia
necessario che come operatori dell'informazione veniate a conoscenza
dell'evento, in quanto riguarda un fatto di costume che si va diffondendo anche
qui a Roma e che offre l'occasione a commenti sullo stile di vita dei gay. Per
chi si sente impegnato nel movimento di liberazione dei gay italiani, sa che ci
sono diversi modi di perseguire questo scopo, sa che sono possibili diverse
interpretazioni del concetto di liberazione. E' questo è pur un bene, almeno a
livello razionale, cercare la verità attraverso il filtro di tante oggettività
diverse. Ebbene, il giorno 7 maggio scorso, presso il Circolo Michelagniolo, si
è svolto un dibattito piuttosto animato, riguardo alle dark-rooms, ltima
scoperta del mondo gay romano; qui a Roma, come sono sicuro che già sappiate,
soffriamo di un certo “provincialismo” per quanto riguarda luoghi e iniziative
siffatte. E infatti l'apertura presso alcuni locali romani di dark-rooms, ha
sortito un successo senza precedenti dal punto di vista economico, che misura
certamente il “bisogno” che c'era di tali iniziative. Come ho già scritto, la
liberazione dei gay ha strade tortuose e contraddittorie, almeno
apparentemente, e ritengo sia legittimo poter aprire uno spazio di dibattito
sull'argomento. Ora, questa iniziativa si è trasformata in una occasione di
spaccatura che rischia di acquistare
toni grotteschi, con allusioni e accostamenti di bassa lega. Il rappresentante
del Circolo Mario Mieli, istituzione sicuramente benemerita per la capitale, si
è rivolto a Massimo Consoli e a Dario Bellezza, due dei relatori, con frasi
gravemente provocatorie, e la cosa poteva anche essere accettabile nella
dialettica dell'incontro, ma platealmente volgari e diffamanti, e così anche
nei riguardi di Antonio Di Giacomo che gestisce il locale che ha ospitato
l'iniziativa e che aveva promosso l'incontro. Dopo aver sparato con tutti i
cannoni a disposizione, ha pensato bene di andarsene, assieme anche alla
gentile signora, peraltro eterosessuale, che gestisce “l'Apeiron”, altro locale
che ha aperto recentemente una dark room. La tesi che si sarebbe voluta
dibattere durante l'incontro, era la possibilità che tali locali dove i gay si
incontrano liberamente, possano essere occasioni di diffusione dell'AIDS.
Il problema è veramente troppo
grande per essere liquidato con una “sparata” come quella descritta e con una
conferenza stampa, che ès tata poi organizzata dal “fronte del sì” il 12
maggio, con la partecipazione persino di Luigi Cerina, in veste di padrone di
casa, esseendosi questa tenuta nel suo ufficio. Come sapete, Luigi Cerina, ex
assessore capitolino, era stato recentemente delegato dal Sindaco di Roma, a
curare i problemi degli omosessuali della capitale, con particolare attenzione
a quelli relativi all'AIDS. Questo signore, tout court, si è schierato per la
non contagiosità delle dark-rooms, anzi, pare che al buio, senza vedere nulla,
passi addirittura la liberazione sessuale e politica dei gay. All'incontro mancavano sia Franco Grillini
che Nichi Vendola, pur invitati, ambedue giustificatisi per tempo. Grave
carenza questa, perchè la presenza dei nostri due politici, avrebbe potuto dare
un taglio più chiaro alal discussione, o quantomeno avrebbero potuto moderare
adeguatamente l'incontro. Non sappiamo perciò cosa ne pensino loro del problema
in parola.
All'incontro presso l'ufficio
del signor Cerina, è seguito un comunicato dell'agenzia di stampa ANSA, che
dava notizia di quanto avvenuto. La cosa che trovo veramente triste, è che in
quell'occasione si sia voluto minimizzare il problema sollevato attorno alle
dark rooms riducendolo ad un pretesto di tipo commerciale. Il comunicato,
riportando le parole dei rappresentanti del Mieli e del Sig. Cerina, riporta
testualmente:” Il vero motivo (dell'opposizione alle dark) è che il locale
Michelagniolo, dove si è svolta la conferenza stampa (del giorno 7), non è
riuscito ad entrare nel giro dei locali gay e rischia la chiusura”. Ridurre il
problema ad una banalizzazione economica, è veramente superficiale e ridicolo e
non posso trattenere lo stupore quando certe associazioni provengono da persone
impegnate e di sicura intelligenza come i soprannominati. La cos mi riempe di
dolore per la banalità della motivazione. Se possiamo discutere, ed è
legittimo, che nelle dark-rooms ci possa o meno essere il rischio di contagio,
non è possibile liquidare il problema adducendo motivazioni di così basso
livello dialettico. Mi sento legittimato a poter pensare che se interessi
economici ci siano, possano essere dalla loro parte vista la reazione così
plateale e pretestuosa! Vorrei che quello che ho scritto non fosse vero,
altrimenti cosa resterebbe del movimento gay romano, dove il Circolo Mario
Mieli ha sicuramente un ruolo storico e preponderante, e proprio per questo
motivo, con delle responsabilità molto precise verso non solo i suoi associati,
ma verso tutti coloro che si riconoscono nello sforzo di “uscire fuori”, di
acquistare per se stessi una dignità e per chi ci seguità, un mondo migliore? E
poi, non è possibile che l'incontro dialettico venga ridotto, pena l'essere
tacciati di autoritarismo, ad una occasione per denigrare una iniziativa, come
quella di Antonio Di Giacomo col suo Michelagniolo, che comunque fa una azione
di tipo politico nel mondo gay romano, oltre che di sostentamento personale.
Non credo sia giusto stroncare una idea di opposizione, con le parole che sono
state usate, riducendola e minimizzandola a una “guerra commerciale”. Il
Michelagniolo è l'unico locale romano che ha da sempre avuto coraggio di offrire
ai suoi avventori, oltre che da bere, anche un ideale coraggioso e serio di
impegno. Al Michelagniolo, ci si trova per stare insieme alla luce per
discutere e fare, per ricercare il modo più vero possibile di costruire la
propria dimensione di gay in questa società. Forse per questo versa in
difficoltà economiche, rischiando la chiusura. Nel comunicato dell'ANSA si
parla di “locali vivi cercati dagli omosessuali, e non quelli dove regna la
noia”. Questa affermazione, fatta dai signori più volte citati, è degna di una
ulteriore riflessione. Quali sarebbero i locali vivi dove non regna la noia?
Quelli che fanno passare per liberante un rapporto al buio, o quelli dove
l'ostentazione di se stessi e di un comportamento il più trasgressivo possibile
sono motivo di maggiore interesse? Chi si prenderà la responsabilità di scelte
del genere verso la società italiana, visto che parliamo tanto di essere accettati e integrati per
quello che siamo, e soprattutto verso i più giovani del nostro gruppo sociale,
verso coloro che scoprono la loro diversità ora?
E intanto i nostri politici
sono latitanti.
Credo che arrivati a questo
punto sia necessario fare un discernimento tra interessi economici e necessità
politico-sociali all'interno del nostro movimento. Non possiamo lasciare che
anni di lavoro vengano ridotti ad invettive che non possono che attirare su di
noi il ridicolo di coloro che ci guardano. Credo che al nostro interno sia più
che legittimo che si parli della pericolosità delle dark-rooms e si traggano
conclusioni e conseguenze riguardo a
questo argomento come per qualunque altro ci interessi. Ma quello che
non capisco, sono certe reazioni sconsiderate, le assenze anche se
giustificate, le alleanze tra un circolo come il Mario Mieli e un locale come
l'Apeiron, peraltro gestito da una signora che nulla ha a che fare con la
condizione omosessuale.
Questa che ho scritto, è una
riflessione a posteriori di tutto un gran polverone sollevatosi in questa prima
metà di maggio a Roma, che è sempre più bella di fioriture e di colori
primaverili. Vuole essere una riflessione critica, non occasione di ulteriori
disastri verbali, una riflesisone rivolta ai componenti della comunitò gay
nazionale e romana in particolare. Spero di non essere tacciato di presunzione.
Cordialissimi saluti
Goffredo Lippi
L'Espresso dedica addirittura la copertina affrontando lo stesso argomento dibattuto al Michelagniolo una settimana prima. Babilonia e il Mario Mieli, forse perché l'Espresso, a differenza de il Tempo, è notoriamente di sinistra, nelle loro cronache faziose, non ne faranno minimamente cenno.
AIDS? CHI SE NE FREGA
AIDS? CHI SE NE FREGA
Espresso n.19 del 16 maggio 1993
Costa quanto una pizza e un cinema. Ovvero 25 dollari. Sì, con poco più di 35 mila lire a New York si può fare sesso: singolo o di gruppo, e senza alcuna precauzione. Sfidare l'aids e infischiarsene degli appelli che da anni, come un tormentone, assillano gli americani, è l'ultima frontiera delle notti a luci rosse nella metropoli americana. I kamikaze del sesso, come sono stati ribattezzati, detestano il preservativo. Guardano con noia Liz Taylor che pubblicizza il condom sulla copertina di “Vanity Fair”. Ridono dei corsi di Safe sex, di sesso sicuro, nelle scuole. Eppure, sanno bene che nell'ultimo anno, solo a New York, i casi di aids sono aumentati del 18 per cento, che 56 milioni di americani, ossia uno su cinque, sono affetti da malattie veneree come la gonorrea e l'herpes. E che il tasso d'infezione è destinato a salire. Lo sanno, ma se ne fregano. Fare sesso, per loro, vuol dire rischiare: altrimenti non c'è piacere. Giocare alla roulette russa del sesso è l'ultima follia giovanile di quest'America di fine millennio. Al punto che in texas, a San Antonio, alcune minorenni tra i 14 e i 15 anni), pur di entrare a far parte di una delle più grosse bande giovanili della loro città, hanno accettato una “prova di iniziazione” che consisteva nell'avere rapporti sessuali con alcuni capibanda sieropositivi.
L'amore senza preservativo. E' l'ultima pazzia dei giovani americani. Una sfida al virus. Lo fanno gay ed etero. In locali pubblici e privati. Spesso col primo partner che capita
di Sandra Cecchi da New York
Costa quanto una pizza e un cinema. Ovvero 25 dollari. Sì, con poco più di 35 mila lire a New York si può fare sesso: singolo o di gruppo, e senza alcuna precauzione. Sfidare l'aids e infischiarsene degli appelli che da anni, come un tormentone, assillano gli americani, è l'ultima frontiera delle notti a luci rosse nella metropoli americana. I kamikaze del sesso, come sono stati ribattezzati, detestano il preservativo. Guardano con noia Liz Taylor che pubblicizza il condom sulla copertina di “Vanity Fair”. Ridono dei corsi di Safe sex, di sesso sicuro, nelle scuole. Eppure, sanno bene che nell'ultimo anno, solo a New York, i casi di aids sono aumentati del 18 per cento, che 56 milioni di americani, ossia uno su cinque, sono affetti da malattie veneree come la gonorrea e l'herpes. E che il tasso d'infezione è destinato a salire. Lo sanno, ma se ne fregano. Fare sesso, per loro, vuol dire rischiare: altrimenti non c'è piacere. Giocare alla roulette russa del sesso è l'ultima follia giovanile di quest'America di fine millennio. Al punto che in texas, a San Antonio, alcune minorenni tra i 14 e i 15 anni), pur di entrare a far parte di una delle più grosse bande giovanili della loro città, hanno accettato una “prova di iniziazione” che consisteva nell'avere rapporti sessuali con alcuni capibanda sieropositivi.
A New York gli indirizzi dei “paradisi di sesso e di morte”, i locali notturni dove si consuma di tutto, fellatio e sodomie comprese, e sotto gli occhi di tutti, si trovano su giornali come il “Village Voice”, “Screw magazine” o “H-X”, la bibbia dei gay newyorkesi.
Formalmente, questi ritrovi hanno le carte in regola: cartelli ben in vista sulle pareti ricordano ai clienti di fare sesso sicuro e “in conformità con le norme dello Stato di New York”. Ma poi, in realtà nessuno usa il preservativo. E le pratiche preferite (sesso anale e orale) sono quelle che la legge definisce “illegali” in quanto ad alto rischio di trasmissione Aids”.
Secondo il Dipartimento della salute, a New York ci sono almeno 50 sex-club, due terzi dei quali riservati ai gay, dove si pratica sesso non protetto. Senza contare le decine di cinema porno (famoso lo Show Palace, all'incrocio tra l'Ottav, Avenue e la 43esima strada) dove molti habbituè, più che la sala, frequentano le stanzette riservate ai piani superiori. E che dire delle saune! Negli anni 80 furono oggetto di una caccia alle streghe, in quanto luogo di diffusione dell'aids e, pertanto, chiuse. Ora riaprono. A Manhattan, l'East side club sulla 56esima strada e il Maiden Iane a Wall Street, sono sempre gremiti. Offrire sesso “unsafe” è diventato anche un nuovo business. Prendiamo Le Trapèze, locale per scambio di coppie sulla 27esima strada, considerato l'erede del Plato's Retreat, trittico locale degli anni Settanta per “incontri liberi”. Ebbene: nell'85, dopo la morte per aids dell'attore Rock Hudson, stava per chiudere. Oggi ha 750 soci onorari e la sua clientela aumenta al ritmo del 30 per cento all'anno. E' lo “swing club” più famoso di Manhattan, segnalato perfino dal “New York Times”. L'entrata, rigorosamente riservata alle coppie, costa 90 dollari e comprende: orgia, massaggi erotici, un buffet di pessima qualità, consumato tra un amplesso e l'altro; il bagno in una jacuzzi stile Antica Roma; e, in omaggio alle leggi, un preservativo che, appena varcata la soglia, i clienti gettano in un cestino.
Nell'ampia sala a pianterreno e nelle stanze al piano superiore, corpi nudi sono impegnati in giochi a due, tre, quattro, su materassi di gomma piuma. In posizione verticale, le stessa acrobazie sessuali si fanno nei corridoi. In media si cambiano due o tre partner a sera. Chiedere di usare un condom è ritenuto un'offesa. Dice il proprietario del locale “Gli eterosessuali ritengono di non essere così esposti all'Aids, come tutti avevano fatto loro credere. E allora non si curano di usare tante precauzioni nel fare l'amore con persone diverse”. “I pazzi ci sono sempre stati”, commenta John Hepshat dell'associazione People with aids: “Ma il loro numero sta aumentando vertiginosamente. Gli eterosessuali si credono immuni. Dicono: “Se non ho preso l'aids finora, non lo prenderò più”. Come se la malattia fosse stata sconfitta, debellata, roba da Medioevo, Intendiamoci: nessuno criminalizza questa riscoperta del sesso. Ma va fatta con le dovute precauzioni e protezioni”. All'Executive suite di Queens, altro locale riservato allo scambio delle coppie, i prezzi sono modici (25 dollari in due) e la clientela è giovane. Qui operano delle professioniste del sesso, che hanno il compito di riscaldare l'ambiente. E politica dei prezzi bassi (35 dollari) anche al Phoenix social club, locale privato a due passi da Wall Street, che ha inventato la formula della “discoteca più sesso”: il biglietto garantisce alla coppia sesso e rock2n'roll. Il preservativo? E' lasciato alla buona volontà dei clienti. Ma le mete preferite dai kamikaze del sesso sono soprattutto i party privati. In primo luogo perchè l'ambiente è più discreto. Gli indirizzi non sono alla portata di tutti: per esempio, bisogna saper leggere tra le righe degli annunci del “Village Voice”. Poi, è necessaria la prenotazione, proprio come nel migliori ristoranti. A differenza di questi ultimi, però, i party privati non sono cari: costano 60 dollari e si svolgono in orari da Cenerentola: iniziano alle 7 del pomeriggio e terminano intorno alla mezzanotte.
Di queste feste a base di eros ce ne ono per tutti i gusti. E' sufficiente chiamare il numero prescelto, e la segreteria telefonica informa dettagliatamente sulle “specialità della casa”: mercoledì, scambio di coppie, giovedi serata dedicata ai feticisti, venerdi solo gay; sabato, riservato ai sado maso; domenica, amore di gruppo. La formula è sempre la stessa: cibo, pornovideo e ore di anonimo “unsafe sex”, sesso non sicuro. Che questa tendenza sia in continuo aumento se ne è accorto anche il “Wall Street Journal”, analizzando i conti delle due più importanti ditte americane che producono preservativi: la Carter Wallace Inc. e la Schmid Laboratories. Risultato: la vendita di condom nell'ultimo anno è diminuita del 4 per cento. A confermare questi dati è poi arrivato un sondaggio dell'autorevole “Journal of Science”: solo il 17 per cento degli intervistati ha ammesso di usare regolarmente il preservativo. Non solo. Dall'inchiesta è emerso che più di è sessualmente attivi, più si rifiuta il condom. Questo è vero, per esempio, per gli omosessuali nonostante che i gay, in America, rappresentano una delle categorie più colpite dall'Aids. Ma a vedere quel che accade nelle stanze riservate di certe discoteche, non si direbbe che la paura del terribile contagio li attanagli. Prendiamo una sera al Limelight, la famosa discoteca di Chesea sulla Ventesima strada, una chiesa sconsacrata. In una stanza, mentre in un angolo, nella penombra, si sta svolgendo un'orgia di soli maschi, dove si pratica sessso orale e anale praticamente con chi capita, senza neanche guardarsi, in faccia, nel bel mezzo, una dolla chiusa a cerchio osserva un ragazzo piegato in avanti, le mani sulle ginocchia, che si concede a tre persone diverse. Scene come queste si ripetono ogni mercoledi di sera nelle notti di “hot sex” organizzate dal promoter più famoso nel settore, Marc Berkley. All'entrata della “blackroom” c'è un cartello che ordina: “Safe sex only”; qualcun, con un pennarello ha aggiunto una “u” e una “n”, ossia, “unsafe only”.
D'altra parte, sono proprio i locali dove i manager chiudono un occhio sull'uso del profilattico quelli che non conoscono cali di clientela. Il club Usa di Times Square deve la sua fortuna anche alle notti della domenica, quando la discoteca viene invasa dai gay e la “blackroom” si riempe come un uovo. E non è certo un caso che la festa newyorkese più riuscita sia il Black party che si svolge ogni anno e marzo, nella discoteca Roseland. Settemila persone, in stragrande maggioranza uomini, vestite di pelle nera stile sado-maso, per tutta la notte ballano e fanno sesso “ senza rete” nei corridoi, nei bagni, perfino in pista. Come se non bastasse, giovani muscolosi si esibiscono in “fist fucking”, vale a dire penetrazioni con la mano chiusa a pugno. Certo, i gestori di questi locali sono nel mirino dell'america puritana. Ma loro si difendono: “ Che cosa dovremmo fare, inseguire tutti i clienti fin dentro le toillettes e verificare che prima di fare sesso si siano messi il preservativo?”. Già, che fare? La città di New York ha avuto un'idea: mandiamo la polizia. Agenti speciali che controllino, manganello alla mano, che venga regolarmente usato il preservativo. E la proposta ora viene raccontata come se fosse una barzelletta.
intanto esce il nuovo libro di Massimo Consoli KILLER AIDS in cui si parla ampiamente delle dark-room
" l' Aids e' una malattia di destra, ecco gli esempi "
la provocazione
" l' Aids e' una malattia di destra, ecco gli esempi "
parola di Massimo Consoli
ROMA . "L' Aids e' una malattia di destra", parola di Massimo Consoli, figura storica del movimento omosessuale italiano e direttore del periodico "Rome Gay News", che nel suo ultimo libro, "Killer Aids" (Kaos Edizioni), in uscita in questi giorni, elenca a riprova una serie di vittime della "peste del secolo": "Il loro numero . sostiene Consoli . sorpassa e di gran lunga le vittime della sinistra". Ed ecco i nomi: si va dal fondatore del neonazismo tedesco a Roy Cohn, collaboratore di Mc Carthy durante il periodo della "caccia alle streghe", dall' esponente repubblicano statunitense Stewart Mckinney a Leonard Matlovic, medaglia d' oro in Vietnam. Sono solo alcune delle duecento biografie di cui si compone il libro, una sorta di storia dell' aids attraverso le sue vittime piu' famose o significative. Romano, 47 anni, fra gli animatori del progetto per creare una lista gay nella capitale per le amministrative del ' 94, Consoli dispone di un immenso archivio sulla sindrome da immunodeficienza acquisita, una valanga di documenti, dati e informazioni puntualmente riportata nel volume. In "Killer Aids" Consoli ripercorre la storia della terribile malattia, indicandone le tappe piu' significative secondo un ordine cronologico rigoroso, attraverso la vita (e la morte) delle vittime del morbo. "Prima della morte di Ronnie Weigart erano solo sospetti; dopo la sua morte diventarono certezze: molti tra gli affetti da Aids si suicidano o trovano amici disposti a praticargli l' eutanasia": e' il drammatico inizio del libro. Il volume dedica ad ogni singolo personaggio un capitolo in cui se ne racconta la vicenda: dal "paziente zero", Gae' tan Dugas morto nel 1984, fino a Rudolf Nureyev, il grande ballerino russo scomparso nel gennaio scorso. Duecento biografie, duecento storie drammatiche, per sensibilizzare l' opinione pubblica mondiale sull' emergenza. "Ho scritto questo libro . spiega l' autore . perche' la gente, purtroppo, non e' abbastanza consapevole della gravita' del male. Molti pensano che il problema riguardi solo gli omosessuali, non e' cosi' : l' Aids puo' colpire chiunque". All' inizio dell' anno, dopo che a Roma furono uccisi diversi omosessuali, Consoli "detto' " tra l' altro una sorta di decalogo sul comportamento da tenere per evitare di correre pericoli.
Pagina 13
(2 giugno 1993) - Corriere della Sera
(2 giugno 1993) - Corriere della Sera
BABILONIA GIUGNO 1993
CASTA ROMA
Locali gay e Aids
Con un articolo pubblicato sul quotidiano il Tempo, si è aperta la caccia grossa contro i locali gay di Roma. La capitale italiana spicca in questo momento per la fioritura di locali gay, che stanno riscuotendo un successo clamoroso. La cosa ha dato fastidio a qualcuno, che però guarda caso non è il Papa, bensì i gruppi gay gelosi dell'eccessivo successo di pubblico di questi locali. L'offensiva è iniziata con una conferenza stampa-dibattito sulle dark room il 7 maggio, nel cui invito leggiamo: "l'esperienza americana riporta che molti casi di contagio all'Hiv si sono verificati nelle dark room. A Roma, come del resto anche in altre città d'Italia, esistono locali che gestiscono situazioni del genere(...) Noi come associazioni gay romane, invitiamo la comunità gay e non ad intervenire (…) per diminuire i casi di contagio. L'augurio delle sedicenti associazioni romane Gay House, Arcigay Pegaso, Circolo Michelagniolo) è stato accolto immediatamente da un giornalista del Tempo, che ha provveduto a fare il giro dei locali incriminati. Apeiron, Muccassassina, Terme di Roma, Hangar. Il tono dell'articolo, era moralistico-sfottente: squallore, turpitudine. Aids eccetera. Come ciliegina, un'intervista a Massimo Consoli, sedicente guru gay, che confermava non si possono più tenere aperti questi postacci gay, nel Duemila, con l'aids che imperversa.
Immediato il risultato: il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo i vicini di casa di uno dei locali hanno chiesto la chiusura del locale perchè "certe frequentazioni abbassano il valore degli immobili", e la questura ha convocato il proprietario. Suggeriamo a Consoli e soci la recinzione di Monte Caprino e della Stazione Termini con filo spinato e torrette con mitragliatrici, a meno che riescano a dimostrare che gli atti sessuali che avvengono al di fuori delle dark room sono tutti safe. La prevenzione dell'Aids è un discorso di coscienza e responsabilità, non di luoghi più o meno protetti. L'iniziativa di Muccassassina, che fornisce preservativi e materiale informativo ai clienti, ci pare la sola strada sensata, e la sola che non puzzi di faida fra locali per strappare qualche cliente.
CASTA ROMA
Locali gay e Aids
Con un articolo pubblicato sul quotidiano il Tempo, si è aperta la caccia grossa contro i locali gay di Roma. La capitale italiana spicca in questo momento per la fioritura di locali gay, che stanno riscuotendo un successo clamoroso. La cosa ha dato fastidio a qualcuno, che però guarda caso non è il Papa, bensì i gruppi gay gelosi dell'eccessivo successo di pubblico di questi locali. L'offensiva è iniziata con una conferenza stampa-dibattito sulle dark room il 7 maggio, nel cui invito leggiamo: "l'esperienza americana riporta che molti casi di contagio all'Hiv si sono verificati nelle dark room. A Roma, come del resto anche in altre città d'Italia, esistono locali che gestiscono situazioni del genere(...) Noi come associazioni gay romane, invitiamo la comunità gay e non ad intervenire (…) per diminuire i casi di contagio. L'augurio delle sedicenti associazioni romane Gay House, Arcigay Pegaso, Circolo Michelagniolo) è stato accolto immediatamente da un giornalista del Tempo, che ha provveduto a fare il giro dei locali incriminati. Apeiron, Muccassassina, Terme di Roma, Hangar. Il tono dell'articolo, era moralistico-sfottente: squallore, turpitudine. Aids eccetera. Come ciliegina, un'intervista a Massimo Consoli, sedicente guru gay, che confermava non si possono più tenere aperti questi postacci gay, nel Duemila, con l'aids che imperversa.
Immediato il risultato: il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo i vicini di casa di uno dei locali hanno chiesto la chiusura del locale perchè "certe frequentazioni abbassano il valore degli immobili", e la questura ha convocato il proprietario. Suggeriamo a Consoli e soci la recinzione di Monte Caprino e della Stazione Termini con filo spinato e torrette con mitragliatrici, a meno che riescano a dimostrare che gli atti sessuali che avvengono al di fuori delle dark room sono tutti safe. La prevenzione dell'Aids è un discorso di coscienza e responsabilità, non di luoghi più o meno protetti. L'iniziativa di Muccassassina, che fornisce preservativi e materiale informativo ai clienti, ci pare la sola strada sensata, e la sola che non puzzi di faida fra locali per strappare qualche cliente.
ROME GAY NEWS A 1000 LIRE, PERCHE'
23 GIUGNO 1993
Perchè la politica che abbiamo sempre
perseguito è una politica di approccio reale a quelli che sono i problemi reali
della nostra comunità: problemi di discriminazione, di emarginazione, di
solitudine, di mancanza di affetti...
E questi problemi vanno risolti operando
all'interno del tessuto sociale, con una rivoluzione morale che parta
innanzitutto dalla nostra stessa comunità, per poi allargarsi alla famiglia,
alla società, allo Stato.
E questo scopo non verrà mai raggiunto
rivolgendosi alla propria base con una rivista patinata da 10.000 o, peggio, da
40.000 lire(!), predicando la rivoluzione con i titoli in corpo 48, e in realtà
cercando di aumentare il dividendo della propria quota sociale.
Così abbiamo la sensazione che qualcuno ci stia
prendendo per il culo, perchè ci sta bene chi fa un discorso commerciale
dicendo che fa un discorso commerciale (ed ha tutto il nostro rispetto per
questo), ma non ci sta affatto bene chi fa i soldi per se dicendo che lo fa per
il bene degli altri. Certa gente sfrutta l'omosessualità in maniera vergognosa,
inventandosi circoli culturali che in realtà sono delle vere e proprie
industrie, delle miniere d'oro (per loro), dove la tessera costa 20.000 lire e
va continuamente rinnovata, e per il biglietto d'ingresso si pagano 10.000 o
20.000 lire a botta, e per le consumanzioni 10.000 o giù di lì!
E non si può neanche protestare, visto che il
gay che li frequenta è vittima di una feroce repressione psicologica, prima ancora
che sociale e, di conseguenza, non trova il coraggio di ribellarsi, di reagire.
Lo stesso coraggio che gli dovrebbe venire proprio dall'appartenenza a quel
circolo omosessuale. Il povero gay che finisce stritolato in questo ingranaggio
non può neanche protestare, poiché gli sfruttatori fanno proprio affidamento
sulla sua paura di uscire allo scoperto con una pubblica denuncia.
E sono gli stessi sfruttatori che stanno
cercando di allargare i loro tentacoli
come una piovra, sugli altri locali della città.
Il 28 giugno del 1969 fu proprio per reagire ad
una situazione mafiosa del genere che i gay di Christopher Street insorsero
all'interno del bar Stonewall. Le monetine gettate con disprezzo contro la
polizia metropolitana di Manhattan non furono che la reazione all'ultima goccia
che aveva fatto traboccare il vaso già colmo della pazienza dei newyorchesi
costretti, in mancanza di alternative valide, a frequentare i locali gestiti
dalla mafia, come li voleva la mafia, ai prezzi stabiliti dalla mafia.
L'Italia ancora non ha avuto il suo Stonewall
contro la mafia siciliana o la 'ndrangheta calabrese che si è infiltrata come
un cancro all'interno della nostra comunità. Contro la prepotenza di certi gay
che la fanno da padroni minacciando, insultando, diffamando. Non è il caso di
cominciare, anche noi, a fare un po' di pulizia al nostro interno contro i
traditori della loro stessa gente avvantaggiati da alleanze politiche che ne
hanno permessa l'esistenza ed il malo operare attraverso un profluvio di
finanziamenti pubblici concessi a pioggia, senza alcun tipo di controllo che
non fosse la convenienza partitica?
Quanti calci al culo dovrai prendere ancora
prima di deciderti a reagire ed a liberarti dei parassiti che si arricchiscono
sulle tue spalle, sulla tua repressione?
Massimo Consoli
comunicato stampa di consoli |
Il 28 giugno alle ore 19.00, presentazione italiana del libro di Massimo Consoli KILLER AIDS
Storia dell'epidemia attraverso le sue vittime
Kaos edizioni lire 28.000
MEDINEWS
Periodico di informazione professionali diretto da Massimo
Marotta
SPECIALE BERLINO
10 GIUGNO 1993
CRONACHE DI UN’EPIDEMIA
Qualcuno ha detto che
con questo libro Massimo Consoli ha inventato un nuovo stile. In effetti,
scrivendo una storia dell’epidemia attraverso coloro che ne sono state vittime
è un procedimento insolito. Circa duecento sono le biografie, disposte in
ordine cronologico secondo le date di morte. Alcune corrono per molte pagine,
altre si esauriscono in poche righe, a seconda della notorietà del personaggio
e, soprattutto, dell’importanza assunta dopo essersi infettato o, in qualche
caso, della fama raggiunta proprio con la morte. E qui viene da ricordare
Fausto Avoglio, sconosciuto tossicodipendente che, per essere “il primo detenuto
a Roma ucciso dalle peste del 2000” ,
scatenerà una lunga discussione sull’Aids all’interno delle carceri italiane
che porterà a vari tentativi di regolamentazione giuridica.
Ma viene anche da ricordare Rock Hudson, che dette al
problema la risonanza mondiale che è servita a scuotere le coscienze e a
mettere in moto quel tipo di solidarietà necessaria ad una malattia di così
vaste implicazioni umane, sociali e morali. E, ancora viene da ricordare Paul
Popham, tra i fondatori della Gay Men’Health Crises di New York che, in poco
tempo è diventata la più autorevole organizzazione al mondo impegnata
nell’assistenza e nell’informazione sul fronte dell’Aids. Il libro di Consoli è
uno strumento di lavoro prezioso e necessario ad ogni medico, ricercatore, giornalista
o studioso che si occupa di Aids: non si può prescindere dalle sue sintetiche
ricostruzioni di conferenze, fatti, avvenimenti, biografie che ha scritto
tenendo presente ancor più chi userà il suo saggio come reference book nel
proprio lavoro, che chi lo leggerà come documento del nostro tempo (E’ del
resto, nel suo stile “mettersi a disposizione”. Non dimentichiamo che Consoli
ha costruito un archivio imponente di materiali sull’Aids la cui consultazione
è inevitabile per chi voglia approfondire l’argomento).
Alcune curiosità.
-
I più colpiti dall’Aids sono stati, fino ad oggi,
personaggi del mondo della danza e della moda.
-
Le vittime di destra sorpassano (e di gran lunga) le
vittime della sinistra. Michael Kuehnem (fondatore del neonazismo tedesco), Lord
Stewart McKinney (Repubblicano USA), Roy Cohn (collaboratore di McCarthy
durante la “caccia alle streghe” degli anni Cinquanta), Leonard Matlovich
(medaglia d’oro nel Vietnam)..
-
Non è più possibile, dopo questo saggio, continuare ad
ignorare la responsabilità delle saune e delle dark rooms nella diffusione
dell’epidemia (con la complicità degli stewards delle compagnie aeree..) e,
prima ancora, degli autisti di camion sulle lunghe piste africane…
alcuni brani tratti da Killer Aids
1981
5 giugno
I rapporti tra i ricercatori del Cdc e i gay americani erano
stati buoni fin da quando avevano collaborato per trovare un vaccino per
l’epatite; si era rilevato come alcune patologie fossero particolarmente
diffuse tra la comunità gay: non soltanto la stessa epatite, ma anche i
“parassiti intestinali”, chiamati “Gay Bowel Sindrome” (“Sindrome
dell’Intestino Gay”) – una patologia che in un decennio, nella sola San
Francisco, aveva registrato un indice di crescita dell’8000 per cento..In tutta
evidenza, la diffusione di queste malattie era connessa allo “stile di vita”
proprio di una parte della comunità gay, con epicentro nelle dark room
(definite da uno dei fondatori dell’associazione “Medici Gay”, il dottor David
Ostrow, “un orribile terreno di coltura per le malattie”). Inizialmente
ritenute emblematiche della libertà sessuale conquistata dopo decenni di lotte,
in seguito le dark rooms si sono rivelate un’arma a doppio taglio contro la
stessa comunità gay, al punto che il dottor Mervyn Silverman (direttore del
Dipartimento sanitario di San Francisco) dichiarerà:” Non fate errori…Questi
locali non promuovono la libertà gay, promuovono soltanto malattia e morte”.
1984
30 marzo Gaetan
Dugas
Nel 1981 Gaetan DUgas aveva letto su un giornale di Toronto
la notizia del primi 26 gay con sarcoma di Kaposi, e aveva deciso di farsi
ricoverare in una clinica di New York –era stato destinato al Centro Medico
dell’Università, dove la dottoressa Launbenstein stava seguendo la malattia
insieme al dottor Alvin Friedman – Kien…I medici lo avevano messo in relazione
con i casi che già stavano studiando e gli avevano suggerito di evitare di
avere rapporti sessuali. All’epoca, Dugas sosteneva di avere oltre 200 partner
diversi all’anno, da circa dieci anni e quando il 18 giugno dell’82 il
“Morbidity and Mortality Weekly Report” (il bollettino che il Cdc di Atlanta
utilizzava per far conoscere il progredire e la letalità delle malattie
infettive) aveva pubblicato un elenco di 248 persone colpite da quella nuova e misteriosa
infezione, era risultato subito evidente che almeno 40 di esse avevano avuto
rapporti sessuali sia direttamente con Gaetan Dugas che indirettamente,
attraverso suoi ex-partner, in dieci differenti città. Lo steward canadese era
al centro di una mappa che veniva quotidianamente aggiornata, e proprio per
questo suo “ruolo centrale” verrà ribattezzato “paziente zero” dagli
scienziati del Cdc…I ricercatori di
Atlanta avevano rinnovato a Dugas il loro invito all’astinenza ma inutilmente.
Lui evitava i luoghi troppo illuminati, come i bar e certe discoteche, dove le
macchie che oramai gli ricoprivano tutto il corpo potevano suscitare allarme, e
frequentavano le saune, dove con la complicità del buio poteva avere rapporti
sessuali anonimi….alla dottoressa Selma Dritz che gli proibiva di frequentare
le saune, lui rispondeva urlando: “Non sono cazzi vostri! Io con il mio corpo
ho il diritto di fare quello che voglio!, “Lei non ha il diritto di andare in
giro a infettare la gente!”, insisteva il medico; “Sono loro ad avere il
problema di doversi proteggere! Lo sanno cosa sta succedendo. Hanno sentito che
c’è questa malattia in giro! Se l’ho presa io, che se la prendano anche loro”. Finchè le
autorità avevano deciso la chiusura delle saune in numerose città americane – i
leader e i “business gay” si erano detti contrari al provvedimento, ma la
stragrande maggioranza della comunità gay era d’accordo. Dugas era in aperta
malafede. Se con i medici non poteva che abbozzare, si rifaceva comunque in
altre occasioni. A uno dei primi incontri sull’aids tenuto a Toronto, il 12
marzo del 1983, aveva partecipato personalmente prendendo la parola: “Dicono
che questa sindrome si può diffondere attraverso il sesso…C’è qualche studio
che lo possa provare? E come vi permettete di fare un’affermazione del genere
quando neanche sapete cos’è che la provoca?” Dugas aveva avuto quattro attacchi
di polmonite Pneumocisti Carinii – un record, se si considera che quasi nessuno
riesce a superarla per più di due volte. Morirà quattro giorni dopo …Gaetan
Dugas non ha una tomba dove riposare in pace – l’odio dei gay americani nei
suoi confronti lo ha impedito: il suo corpo è stato cremato a Quebec City,
vicino al cimitero di St. Charles, e le sue ceneri sono state consegnate alla
madre adottiva, Lorette Perry Dugas.
1987
Dario Bellezza, Massimo Consoli e Giancarlo Angeloni |
7 maggio Paul Popham
Il 29 luglio del 1981, lo scrittore Larry Kramer si era
recato in visita al dottor Alvin Friedman-Kien (uno dei primissimi medici a
occuparsi del sarcoma di Kaposi): era turbato da quanto aveva letto sul “New
York Times” in merito a quel nuovo, misterioso cancro, e voleva saperne di più.
Kramer era una figura anomala all’interno della comunità gay di New York:
famoso sceneggiatore ( qualche anno prima aveva avuto una nomination all’Oscar
per aver scritto e prodotto il film tratto da Donne innamorate, Glenda
Jackson), un suo libro, Faggots, gli era costato l’avversione di quasi tutti
gli amici perché, con lucido coraggio, si era scagliato contro la “subcultura
gay”, basata sul sessismo quale nevrosi “consumistica” – “Per quale cazzo di
motivo”, aveva scritto, “i froci devono scopare così tanto?” E’ come se no
avessimo nient’altro da fare che vivere nel nostro ghetto e ballare e drogarci
e scopare…C’è un mondo intero là fuori, che è tanto loro quanto nostro…Io mi
sono stufato di essere un finocchio da New York a Fire Island, mi sono stufato
di usare il mio corpo come un qualcosa senza volto per attrarre un altro
qualcosa altrettanto senza volto”. Voglio amare una Persona!...Nessuna
relazione al mondo potrebbe sopravvivere alla merda con cui la copriamo” –
occorreva cambiare, insisteva Kramer, facendo dire a uno dei suoi personaggi:
“Bisogna cambiare prima che vi inculiate da soli fino alla morte”. Nessuno
aveva parlato così chiaro, prima dell’Aids, e nessuno parlerà altrettanto
chiaro quando l’epidemia sarà già scoppiata…..
Giugno Nathan Fain
Tra i fondatori della Gay Men’s Health Crisis, editore e
giornalista, il quarantacinquenne Nathan
Fain muore di aids. Era stato direttore
delle pubblicazioni edite della Gmbc; in particolare, a lui si doveva la
pubblicazione dei primi opuscoli di consigli sull’aids – poi ripresi, tradotti,
adattati in tutto il mondo e in tutte le lingue.Fain aveva anche curato una
delle prime rubriche fisse sull’argomento – sul periodico gay Advocate e le sue
note informative pubblicate dal “Village Voice” era seguite e analizzate da
tutti i mass media…Tuttavia anche Nais era caduto in errore – come quando aveva
scritto: “ Non esistono prove che almeno uno dei 37775 casi di aids denunciati
dal Cdc abbia a che vedere con la trasmissione sessuale”, dissentendo
pubblicamente dalla ragionevole richiesta di alcuni leader del movimento gay
affinché venissero chiuse le saune- secondo Fain, essi con tale richiesta
“criminalizzavano la loro stessa gente”.
Consoli, fuori dal Michelagniolo, attorniato dai giornalisti |
1988
22 giugno Leonard Matlovich
“Mi hanno dato una medaglia per aver ammazzato due uomini, e
mi hanno cacciato dall’esercito per averne amato uno”: era la personale
epigrafe scelta da Matlovich nel marzo precedente la sua morte, quando l’aids
lo stava rapidamente consumando…nato il 6 luglio del 1943..a 19 anni aveva
seguito suo padre nell’Air Force…decorato per tre volte..nel 1975 era stato
improvvisamente congedato dall’esercito dopo che aveva confidato la propria
omosessualità a un suo superiore..incoraggiato dall’attivista per i diritti
civili gay e presidente della Mattachine Society Frank Kameny, Matlovich aveva
deciso di “rivelarsi” sfidando il discriminante tabù dell’esercito USA. Politicamente , Leonard
Matlovich era un conservatore..presentandosi nelle liste del partito
repubblicano. Più tardi, la psicosi dell’aids che colpiva gli Stati Uniti lo
aveva indotto a chiudere la pizzeria che aveva aperto a Guerneville in
California. Aveva poi partecipato alla campagna promossa da numerosi gruppi gay
affinché venissero chiuse le saune – risultava ormai evidente che un’intera
comunità stava “suicidandosi” nei mefitici bagni di San Francisco e di New
York….Nel 1980 il giudice federale Gerhard Gessell ordina il reintegro con
onore nell’esercito di Matlovich con un risarcimento di oltre 160.000
dollari..Dopo che il settimanale “Time”gli dedica la copertina con il titolo Io
sono un omosessuale, il sergente era divenuto un eroe della comunità gay
americana, allora in pieno fervore anche in seguito ai fatti dello stonewall
del 1969…
28 agosto Guy
Hocquengem
Scrittore e filosofo (autore tra l’altro di Le désir
homosexuel), Guy Hocquengem muore di Aids all’età di 42 anni. Hocquengem era uno dei militanti che a Parigi
avevano partecipato alle primissime riunioni del Fhar (Front Homosexuel
d’Action Revolutionnaire) fondato il 12 marzo 1971.
BABILONIA LUGLIO /AGOSTO 93
EDITORIALE
Ridendo e scherzando,
Babilonia andando in vacanza, come ogni agosto, festeggia il compleanno.
Stavolta sono undici. E siccome le riflessioni non si addicono molto alle
ferie, lasceremo perdere per stavolta l’ultimo avvenimento, che sia il serial
killer di Londra, oppure lo show notturno della coppia Costanzo-Grillini sui
gay conviventi. Passiamo subito a presentarvi il numero estivo, che oltre
all’inserto di narrativa vi dà anche la guida completa al sesso sicuro curata
dall’Asa.
Per la terza volta abbiamo
voluto proporre ai lettori una serie di racconti di tematica esclusivamente gay
o lesbica. Tre anni ci sembravano sufficienti per trarre un piccolo bilancio
dell’indice di gradimento; in appendice al libriccino troverete un questionario
su cui scrivere tutto quello che pensate – o non pensate – di quest’iniziativa.
La televisione non ha mai
parlato cosi spesso di noi gay come quest’anno: chi avrebbe mai pensato, anche
solo tre o quattro anni fa, che a una trasmissione a premi formato famiglia
come “Porca miseria” ospitasse in tutta tranquillità una coppia gay?
L’intervista a Gianni e Ivan ci svela alcuni retroscena. E di una coppia
“diversa” parla anche Daniele Scalise, nell’intervista a Brett, il compagno di
Giovanni Forti, padre adottivo di un bambino.
Passando per le stupidate della stampa sulle lesbiche
(carta bianca) e delle stupidate dei gay sulle darkroom (cronaca Italia), arriviamo al cuore del numero estivo: i reportage.
Questa volta siamo andati proprio sull’esotico: Africa nera, Africa orientale,
Bolivia. E’al secondo appuntamento il fumetto di Pentesilea: chissà mai che
dopo i vari Copì, Cuneo, Konig, nasca un fumetto gay anche in Italia. Infine un
accuratissimo saggio su Costantino Kavafis, poeta omosessuale ignorato in vita,
e divenuto famosissimo dopo la morte. Delle sue poesie la Yourcenar scrisse che
sono come i caffè del vicino oriente: “non ci sono mai donne”
Da tutti una buona lettura e
buone vacanze.
BABILONIA LUGLIO /AGOSTO 1993
ROMA IN SUBBUGLIO
Un mare di polemiche sulle dark-room
Avevamo riferito sul numero scorso delle conseguenze che un incontro pubblico sulle dark room – tra l'altro disertato da giornalisti e gay – aveva provocato a Roma. Massimo Consoli, insoddisfatto dalla scarsa sensibilità della comunità omosessuale e dell'opinione pubblica, aveva deciso di sensibilizzarla a modo suo. Come? Andando a spifferare a un giornalista del Tempo – giornale tutt'altro che progressista – come, dove, quando e perchè esistono le dark room.
Il Mario Mieli, che era presente all'incontro, dà la sua versione dei fatti: "Massimo Consoli, direttore, editore, giornalista, grafico, impaginatore e chi più ne ha più ne metta di una rivista di dubbio valore culturale e Dario Bellezza (grande frequentatore di cinema a luci rosse e di cessi ferroviari, che l'anno scorso dichiarò che non sarebbe più tornato a Milano a causa della chiusura di una pornosala cinematografica) hanno lanciato una campagna moraleggiante e sessuofobica contro le dark room. I due inquisitori, in una assemblea tenutasi in totale segretezza in uno dei locali capitolini con meno pubblico, hanno affermato che le "stanze buie" sono moralmente inaccettabili e primarie fonti di diffusione del virus dell'Aids. Ci sono delle coincidenze che fanno pensare. La rivista di cui Massimo Consoli è factotum, per affermazione dello stesso Consoli, sta per chiudere per debiti, nessuno lo compra e francamente il contrario ci stupirebbe. Il locale in cui è stato organizzato il sabba di purificazione è praticamente vuoto tutte le sere, tanto che ultimamente il proprietario iniziava a considerare la possibilità di trasformarlo in un locale etero. Dario Bellezza da un po' di tempo si lamenta che è rimasto totalmente al verde. Qualcuno fa un esposto, chiaramente anonimo, contro l'Apeiron, locale gay romano con dark room che va per la maggiore.
Il Mario Mieli non nasconde i suoi dubbi sul vero scopo dell'iniziativa: "Che non sia il tentativo di farsi pubblicità gratuita? E' infatti facile prevedere l'eco che può avere sulla stampa il parlare di quanto perverso e assetato di sesso sia l'omosessuale".
Il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli organizza feste targate "Muccassassina" alla discoteca il castello, locale che per l'occasione viene provvisto di dark room (cosa facile, basta spegnere la luce in un bagno). E nel comunicato stampa non lo nasconde: "Lo sappiamo tutti che l'aids colpisce chi non fa sesso sicuro e nelle dark room raramente si va oltre una semplice quanto piacevole sega. Se qualcuno volesse andare oltre il petting può fornirsi di preservativi da una simpatica "signorina" che li distribuisce gratuitamente in sede. Meglio, quindi, farsi una sicura scopata in una dark room piuttosto che sotto un cespuglio di monte Caprino dove non ti regalano preservativi, corri il rischio di essere picchiato da teppisti e naziskin e d'inverno fa pure freddino".
Una calda esortazione chiudeva il comunicato stampa: "Come può parlare di sessualità libera e senza frontiere una persona che si vanta di essere in astinenza sessuale da 5 anni? Ti preghiamo Massimo, per il tuo e per il nostro bene ricomincia a scopare, riscopri le gioie del sesso sfrenato,, entra in una dark room e datti da fare".
Fin qui le posizioni del Mario Mieli. Ci ha scritto anche un gentile lettore, Goffredo Lippi, per esporci una versione diversa; Lippi non entra nel merito dell'iniziativa di sputtanare i locali con darkroom. Si dispiace solo che durante l'incontro del 7 maggio i rappresentanti del Mieli pronunciarono parole di fuoco contro il gestore del bar Michelagniolo Antonio Di Giacomo, e ne spararono a raffica anche verso Consoli e Bellezza. "Il problema della diffusione dell'Aids nei locali di incontro è veramente troppo grande per essere liquidato con una "sparata" come quella descritta o con una conferenza stampa, che è stata poi organizzata dal"fronte del sì" il 12 maggio, con la partecipazione persino di Luigi Cerina, ex assessore capitolino, era stato recentemente delegato dal sindaco di Roma a curare i problemi degli omosessuali della capitale, con particolare attenzione a quelli relativi all'Aids. Questo signore, tout court, si è schierato per la non contagiosità delle dark room, anzi, pare che al buio passi addirittura la liberazione sessuale e politica dei gay".
La lunga lettera di Lippi scivola più volte in elogi al bar Michelagniolo, che a suo dire è l'unico locale ad offrire "un ideale coraggioso e serio di impegno" e in larvate critiche all'Apeiron, gestito "da una signora che non ha nulla a che fare con la condizione omosessuale". Eppure egli insiste sulla buona fede: "Ridurre il problema ad una banalizzazione economica è veramente superficiale e ridicolo. Mi sento legittimato a pensare che se interessi economici ci sono, possano esser solo dalla loro parte vista la reazione così plateale e pretestuosa".
Indirettamente Lippi si appella all'Arcigay nazionale, che non ha preso posizione in questo dibattito. Ma Franco Grillini, che pure con il Mieli ha avuto attriti in varie occasioni, stavolta è molto vicino alle loro posizioni: "E' una follia assoluta criminalizzare i locali dove si fa sesso. Il problema è un altro: alcuni gestori si rifiutano di appendere manifesti sul sesso sicuro e di regalare preservativi all'ingresso. Secondo me non è legittimo offrire ai clienti tale servizio – chiamiamolo così - senza informare correttamente sull'Aids, e come ho già detto nell'intervista (vedi babilonia di gennaio) sarei disposto io stesso a compilare una lista nera di questi posti".
L'Europeo 19 luglio 1993
APPUNTAMENTO AL BUIO
Nelle discoteche le chiamano "dark-room", sale scure. Qui qualunque follia diventa lecita
di Flavia Amabile
Un venerdi sera a Roma: Angelo e Angela sono i buttafuori e la proprietaria di un locale ben noto ai gay romani dopo un anno e mezzo di attività e il tam tam che lo ha fatto arrivare a quattromila tesserati. Già, perchè nella comunità omosessuale, romana ne parlano tutti come di un posto davvero eccezionale ottima musica, ottimi cocktail e due meravigliose stanze al piano inferiore..Così lo avevano descritto la scorsa settimana a Giovanni, trentadue anni, impiegato di Latina, facendogli venire l'acquolina in bocca: per lui la curiosità di provare questa benedetta dark room è una tentazione irresistibile. In provincia, si sa, non è così facile trovarne.
Così si presenta al nuovo indirizzo che gli hanno fornito alcuni amici. "Scusa, è qui..?" Angelo in buttafuori non ha bisogno di altro per capire che è alla dark-room che si riferisce quel provincialotto arrivato da chissà dove con l'antenna di un telefonino che gli spunta da una tasca. Gli porge una tessera, gli indica la via e Giovanni, felice, si getta alla ricerca del luogo desiderato. Subito dopo di lui arriva nientemeno che Aldo Busi con lo sguardo un po' spento, ma esperto. Ha già la tessera e pure il divanetto preferito: è un frequentatore fedele del locale, lui. Ogni volta che è a Roma non manca mai di farsi un giro "tanto per vedere chi c'è". Giovanni va alla ricerca delle scale, le trova e trova anche la prima stanzetta, un antro in cui riesce a distinguere cinque-seifigure umane prive di espressione sotto l'effetto quasi ipnotico del video porno che attira i loro sguardi e dirige i loro gesti. Si unisce al gruppo sentendosi a poco a poco assalire dalla stessa sensazione.
Dopo qualche minuto una mano gli sfiora i pantaloni e lo costringe ad alzalsi, ad infilarsi in un'altra stanza, questa volta completamente buia. Giovanni non sa che cosa gli stia accadendo, ma avverte dei gemiti intorno a sé e quella mano che lo accarezza. A chi apparterrà?, si chiede, incerto se assecondarla o meno. Immagina un volto, una via di mezzo tra Eros Ramazzotti eKevin Costner e,quando sta finalmente per lasciarsi andare, un violentissimo neon gli si accende sugli occhi. Dopo il primo istante di accecamento riesce a distinguere un settantenne col parrucchino rosso mattone: è lui il proprietario della mano. Giovanni furente, si lancia ad affrontare Angelo il buttafuori: "Si può sapere perchè mai avete acceso la luce?" Angelo gli mormora: "Polizia". Giovanni capisce, c'è un'ispezione nel locale e, a testa bassa, si avvia verso il bar alla ricerca di Aldo Busi. Poter almeno far quattro chiacchiere con lui, il suo scrittore preferito...Ma Busi è già andato via da un pezzo, sbadigliando per il sonno e lamentandosi di queste benedette dark room dove "a nessuno più si rizza ormai". Sempre più depresso, Giovanni ordina un Martini ed è Massimo, il barista, a dargli il consiglio giusto: "Che cosa fai ancora qui? Questa sera sono tutti al Mario Mieli, c'è la festa". "Ma hanno la dark room?" chiede Giovanni, ossessionato, "Certo, certo, corri".
Senza nemmeno finire il Martini, sale sulla sua Golf nera e vola al nuovo indirizzo. Giunto nel locale, si trova davanti un muro di ottocento persone che saltano su una pista. E scopre subito "la dark room" sono i bagni. Le piastrelle sono scivolose quanto quelle dei bagni degli autogrill e la puzza è più o meno la stessa, ma ormai nulla potrebbe fargli perdere quell'esperienza. Si infila in una delle porte e, tra un gabinetto e un rotolo di carta igienica, al tatto sente che ci sono due persone che si stanno baciando. Gli si getta addosso e, il telefonino che fino ad allora aveva gelosamente custodito nella tasca inizia a suonare. Finge di non averlo sentito, ma la persona che lo sta cercando insiste, gli altri gay protestano per l'interruzione e, definitivamente sconfitto, abbandona il campo.
Nelle discoteche le chiamano "dark-room", sale scure. Qui qualunque follia diventa lecita
di Flavia Amabile
Un venerdi sera a Roma: Angelo e Angela sono i buttafuori e la proprietaria di un locale ben noto ai gay romani dopo un anno e mezzo di attività e il tam tam che lo ha fatto arrivare a quattromila tesserati. Già, perchè nella comunità omosessuale, romana ne parlano tutti come di un posto davvero eccezionale ottima musica, ottimi cocktail e due meravigliose stanze al piano inferiore..Così lo avevano descritto la scorsa settimana a Giovanni, trentadue anni, impiegato di Latina, facendogli venire l'acquolina in bocca: per lui la curiosità di provare questa benedetta dark room è una tentazione irresistibile. In provincia, si sa, non è così facile trovarne.
Così si presenta al nuovo indirizzo che gli hanno fornito alcuni amici. "Scusa, è qui..?" Angelo in buttafuori non ha bisogno di altro per capire che è alla dark-room che si riferisce quel provincialotto arrivato da chissà dove con l'antenna di un telefonino che gli spunta da una tasca. Gli porge una tessera, gli indica la via e Giovanni, felice, si getta alla ricerca del luogo desiderato. Subito dopo di lui arriva nientemeno che Aldo Busi con lo sguardo un po' spento, ma esperto. Ha già la tessera e pure il divanetto preferito: è un frequentatore fedele del locale, lui. Ogni volta che è a Roma non manca mai di farsi un giro "tanto per vedere chi c'è". Giovanni va alla ricerca delle scale, le trova e trova anche la prima stanzetta, un antro in cui riesce a distinguere cinque-seifigure umane prive di espressione sotto l'effetto quasi ipnotico del video porno che attira i loro sguardi e dirige i loro gesti. Si unisce al gruppo sentendosi a poco a poco assalire dalla stessa sensazione.
Dopo qualche minuto una mano gli sfiora i pantaloni e lo costringe ad alzalsi, ad infilarsi in un'altra stanza, questa volta completamente buia. Giovanni non sa che cosa gli stia accadendo, ma avverte dei gemiti intorno a sé e quella mano che lo accarezza. A chi apparterrà?, si chiede, incerto se assecondarla o meno. Immagina un volto, una via di mezzo tra Eros Ramazzotti eKevin Costner e,quando sta finalmente per lasciarsi andare, un violentissimo neon gli si accende sugli occhi. Dopo il primo istante di accecamento riesce a distinguere un settantenne col parrucchino rosso mattone: è lui il proprietario della mano. Giovanni furente, si lancia ad affrontare Angelo il buttafuori: "Si può sapere perchè mai avete acceso la luce?" Angelo gli mormora: "Polizia". Giovanni capisce, c'è un'ispezione nel locale e, a testa bassa, si avvia verso il bar alla ricerca di Aldo Busi. Poter almeno far quattro chiacchiere con lui, il suo scrittore preferito...Ma Busi è già andato via da un pezzo, sbadigliando per il sonno e lamentandosi di queste benedette dark room dove "a nessuno più si rizza ormai". Sempre più depresso, Giovanni ordina un Martini ed è Massimo, il barista, a dargli il consiglio giusto: "Che cosa fai ancora qui? Questa sera sono tutti al Mario Mieli, c'è la festa". "Ma hanno la dark room?" chiede Giovanni, ossessionato, "Certo, certo, corri".
Senza nemmeno finire il Martini, sale sulla sua Golf nera e vola al nuovo indirizzo. Giunto nel locale, si trova davanti un muro di ottocento persone che saltano su una pista. E scopre subito "la dark room" sono i bagni. Le piastrelle sono scivolose quanto quelle dei bagni degli autogrill e la puzza è più o meno la stessa, ma ormai nulla potrebbe fargli perdere quell'esperienza. Si infila in una delle porte e, tra un gabinetto e un rotolo di carta igienica, al tatto sente che ci sono due persone che si stanno baciando. Gli si getta addosso e, il telefonino che fino ad allora aveva gelosamente custodito nella tasca inizia a suonare. Finge di non averlo sentito, ma la persona che lo sta cercando insiste, gli altri gay protestano per l'interruzione e, definitivamente sconfitto, abbandona il campo.
L'Europeo 19 luglio 1993
VIENI ALLA SAUNA AMORE MIO
di Claudio Bernieri
Bordello, casino, ovvero confusione, caos. La lingua sopravvive al tempo che fu, l'oggetto della metafora no. Abolito dalla legge Merlin nel 1958? Ma figuriamoci! Piuttosto ridotto al silenzio ovattato della clandestinità, della vergogna, e anche un po' della paura, perchè illegale fa rima con male, e ragazza di vita con malavita.
E questo l'ultimo modello di casa chiusa, proibito quanto diffuso a macchia d'olio in tutto il Paese, frequentato da manager, professonisti, pubblicitari, avvocati, giornalisti..gente che può permettersi di spendere 400 mila lire in un colpo solo per un massaggio che finisce in un rapporto completo. Che può triplicare o quadruplicare la somma per concedersi un'orgetta alla buona. Certo non siamo al top della categoria: yacht in rada, caviale, champagne e proposta indecente con puttana d'alto o altissimo bordo. Ma il giro è cospicuo, e si traduce in una cascata di miliardi nelle casse della malavita, dei racket che lo controllano.
Il sospetto sul proliferare eccessivo di lettini e lampade Uva c'era da tempo. Ma una settimana fa il coperchio è stato davvero sollevato sulla diabolica pentola grazie a Gemma Gualdi, sostituto procuratore della Repubblica di Milano. Come accadde per tangentopoli, anche all'operazione "letti puliti" si è arrivati inseguendo una pista di denaro facile, in margine ad un delittaccio a sfondo sessuale. Assegni allegramente spesi da un gaudente viveur, che come i semini di Pollicino hanno portato il magistrato sulle tracce delle "saune" sparse per la metropoli. Ma nella versione lumbard della tonificante pratica scandinava era lo sfrenato esercizio del sesso a far salire la temperatura ambiente. La geishe venivano reclutate attraverso la piccola pubblicità dei quotidiani, in qualità di massaggiatrici, o addirittura di "animatrici sociali". Poi, come a Cinecittà, c'era da superare un "provino", una prestazione sessuale gratuita, di solito col tenutario del bordello. Se il padrone era soddisfatto, le neoprostitute 8casalinghe, studentesse, impiegate in cerca di soldi o emozioni) incominciavano a esercitare. Ci pensavano i proprietari delle saune, veri industriali del sesso, a trovare i clienti. Complice, ancora una volta, la pubblicità dei quotidiani. "Siete stressati? Nelle inserzioni in mome di un non precisato "benefico relax" si esaltavno i prodigi di strane tecniche digitali, con nomi tanto maccheronici quanto, alle volte, misteriosi: dallo "zapajon massage" al "fardauss", al "body -awaiano" (senza la "h") o "russo". Il cliente arrivava e veniva accolto da procaci infermiere che spiegavano le mirabilie dei centri fitness, fino alla perdizione assoluta, o quasi, del "body to body giapponese". In qualche sala d'aspetto era esposto il listino prezzi, come al fast-food, ma senza le foto dei panini. Il "king Burghy", ovvero il più succulento e abbondante, era l'awaiano doppio (350mila lire), che culminava in un rapporto completo. C'erano anche sandwich più modesti, o addirittura vegetariani, che escludevano il rapporto carnale, come l'awaiano semplice, in cui la ragazza si toglieva il reggiseno ma non gli "slip". Il vecchio "pigiamino di saliva", con minor fantasia era ribattezzato " massaggio russo", la ragazza tutta nuda, passava la lingua sul corpo del cliente, che se ne stava in cabina, coricato su un materassino. Nel "body to body", i due corpi nudi (cliente e animatrice) potevano strusciare liberamente, penetrazioni escluse. Ma una patatina tira l'altra, così alcune delle finte massaggiatrici dovevano eseguire i famigerati awaiani anche nei club privè destinati ai maniaci degli scambi di coppie; o essere disponibili a operazioni serali di pronto intervento per soccorrere i più affezionati amici del padrone colti da improvvise crisi di astinenza. E così il "gioco" della prostituzione scadeva ben presto nel più bieco sfruttamento. E sottrarsi, per un'animatrice pentita, era tutt'altro che facile. Poi però è arrivata la dottoressa Gualdi, e con l'operazione "letti puliti" sono stati scoperti ben tredici saloni hard core. Eccolo lì, il casino del Duemila, saltato fuori quasi per sbaglio dall'indagine sul delittaccio: un ambiente da sala d'aspetto tra ambulatorio dentistico e Usl, con poltroncine in similpelle, poster del Mentadent P e dell'Aspirina alle pareti, e un'odore di canfora nell'aria: e poi le porte del paradiso, che i aprono su tanti piccoli box prefabbricati simili a loculi, dove la vergognosa, clandestina e illegale attività si consuma quasi sempre frettolosamente, mascherata da un brulichio pretestuoso e falso di saune, massaggi, spalmature di creme. A prima vista un purgatorio più adatto a scontare il peccato originale che a inseguire i piacere dell'Eden. Ma tant'è, questa era la minestra di peccatucci che passava il convento.
Chiusi i postriboli ambrosiani ora l'operazione continua in tutt'itlia, perchè il sistema milanese ha fatto scuola, ed ha attecchito ovunque, da Montecatini a Desenzano, da Vignola a Napoli. A Torino una casa di appuntamento si nascondeva dietro il nome di "Centro estetica e coiffeur Maria Antonietta", un'altra più ermeticamente si chiamava "Mew Jolly Club". Ma una ragazza ha denunciato tutto ai carabinieri. E l'Arma è prontamente intervenuta: prostituirsi non è reato, sfruttare la prostituzione sì.
Se il mondo terreno appartiene ai peccatori neppure degli spiriti ci si può fidare troppo: in qualche caso le maitrasse dei neobordelli sono maghesse e stregoni riciclati. Come l'ex mago Antares di Catania, che faceva accogliere i vip di mezza Sicilia da signorine agghindate con guepière e mascherine, ovviamente espere in fatture d'amore. L'anonimato era garantito. Finchè Letti puliti non ha colpito anche là, stavolta per iniziativa del giudice Sebastiano Ardita. Povero mago Antares (mago Merlin, verrebbe da dire). D'alra parte i piccoli annunci del Corriere della Sera sono pieni di improbabili astrochiromanti. Vent'anni fa erano signorine che "disponendo tempo libero" cercavano amici, oggi tutte offrono formidabili arti magiche. Cerchiamo in archivio una vecchia copia del Corriere e proviamo a chiamare usando i numeri telefonici di allora. Qualcuna risponde: Carla,c he denunciava vent'anni nel 79, invita ancora a "rilassarsi" su da lei, in viale Teodorico a Milano. Il numero di telefono non è cambiato, la cura nemmeno. E si vede che funziona.
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