domenica 31 marzo 2013

DARIO BELLEZZA 31 MARZO 1996 - 31 MARZO 2013





 
   
Dario Bellezza e Massimo Consoli al Circolo Michelagniolo nel 1993
 









Vorrei ricordare Dario Bellezza nel 17^ anniversario della sua morte riportando qui di seguito uno dei tanti episodi spiritosi che Massimo Consoli raccontava su di lui e che,  nel 1999, pubblicherà  in "Affetti Speciali  ed.Massari)



Dario è sempre stato un salutista. Verso la fine degli anni Sessanta, Roma pullulava di ristorantini macrobiotici o vegetariani concepiti come club privati, associazioni culturali con lo scopo di promuovere la diffusione di stili di vita, anche alimentari, alternativi a quelli dominanti. Per un lungo periodo mi tormentò con lo yin e lo yang, con i cibi positivi e negativi, finché riuscì  a convincermi  ad accettare un suo invito al ristorante macrobiotico di Via della Vite. Io avevo fame, e anche se all'epoca ero magro  da far paura, non ero ristretto nel mangiare. Quelle coppette miserelle di risini anemici mi mettevano tristezza e, quel ch'era peggio, non mi saziavano. Dario mi riprendeva "Consoli, non essere ingordo. Si deve mangiare per nutrirsi, non per riempire lo stomaco. Poi si devono bilanciare le varie sostanze che si immettono nell'organismo, secondo criteri ben precisi".

"Si va bene, ma una bella braciola di maiale, io me la farei proprio".

"Mi meraviglio di te, Massimo. La carne è un cadavere in putrefazione. E' veleno che introduci dentro di te, dentro il tuo corpo che, non dimenticarlo, è un tempio vero e proprio. E' come se ti nutrissi della carogna di un animale. Le sue sostanze velenose ti rimbalzano dentro e ti avvelenano l'organismo, scatenando una sorta di reazione a catena che ti procura tutte le malattie delle quali soffriamo. Prendi un'altra coppetta di riso nero, integrale, invece, e sentirai come starai meglio".
Non ero proprio convinto, ma che potevo fare? Continuai ad andare avanti  a semini di soia e riso, bevendo thé e carcadé coltivati appositamente per quel ristorante, acciocché gli avventori soffrissero a sufficienza per guadagnarsi il paradiso, finché decidemmo di essere sazi (ma fu una dichiarazione unilaterale di Dario, io non ero d'accordo), e ci avviammo verso casa. Abitavo ancora dai miei, così, arrivati a via dei Pettinari, lasciai Dario al portone e me ne andai a prendere il bus 28 dall'altra parte di ponte Sisto.
Mentre attraversavo il ponte mi ricordai di aver dimenticato qualcosa di importante da dargli o da prendere. Tornai indietro, imboccai di nuovo via dei Pettinari, entrai nel portone, salii le scale e suonai il campanello.

Dario mi venne ad aprire dopo pochi secondi. Stava masticando qualcosa. Dalla cucina, immediatamente a sinistra dalla porta d'ingresso, veniva il rumore di uno sfrigolio sopra il gas. C'era un forte odore di olio bruciato, misto a carne. Carne? Com'era possibile?
Dario smise di masticare. Diventò rosso come un bel sammarzano maturo al punto giusto. "Che c'è?", chiese con finta ingenuità, "ti sei dimenticato qualcosa?".

"Sì!", risposi, e senza aggiungere altro entrai difilato in cucina. Sulla macchina del gas (accesa) c'era una padella, e dentro la padella c'era la bistecca più grossa ch'io abbia mai visto nella mia vita. Finalmente mi accorsi che Dario aveva una forchetta in mano. Mi misi quasi a urlare. "Falso e ipocrita che non sei altro! Mi hai fatto morire di fame in quel ristorante, parlandomi di cadaveri, carogne..ma qui la vera carogna sei tu, che poi te ne torni a casa e, di nascosto, ti sfacioli da solo un chilo e mezzo di carne. Morta, sì, ma ben cotta! Non ti vergogni? Affamatore del popolo!".

No. Dario non si vergognava di una quisquilia del genere. Il suo motto sembrava essere: non rimandare a domani quello che puoi mangiare oggi. Riprese il suo sorriso abituale, un po'sardonico e disse: "Consoli, io sono pubblicamente macrobiotico e privatamente carnivoro. Non c'è nessuna contraddizione in ciò, abbiamo tutti il lato da esibire e quello da nascondere. Tu non sei pubblicamente eterosessuale e privatamente frocio? Forse che io ti condanno, per questo?".
 Quella fu una delle tante volte in cui prevalse la mia natura buona: lo lasciai vivo...