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domenica 18 maggio 2014
sabato 10 maggio 2014
GAY IGNORANTI: DARIO BELLEZZA ....E CHI E'?
Il Circolo Michelagniolo e l'Archivio Massimo Consoli il 24 gennaio 1996 promossero in tutt'Italia una raccolta di firme per sensibilizzare le Istituzioni a conferire il vitalizio Bacchelli al poeta Dario Bellezza. L'iniziativa ebbe successo anche se il vitalizio arrivò poco prima che il poeta morisse il 31 marzo 1996. All'inaugurazione della campagna tenutasi alla discoteca L'Alibi di Roma, intervennero Marina Ripa di Meana (madrina della serata), il leader dei verdi Carlo Ripa di Meana, Leo Gullotta, Nichi Vendola, Massimo Consoli , Antonio Di Giacomo, Maria Ridolfi,, Anselmo Cadelli, Vanni Piccolo. Questo contributo video è possibile riproporlo dopo 18 anni dalla morte di Dario Bellezza, grazie alla redazione di Teletuscolo.
https://www.youtube.com/watch?v=UnFz63lfoQQ
https://www.youtube.com/watch?v=FqdSJ07ic7c
Qui di seguito riportiamo l'intervista che Gianluca (il cognome purtroppo non lo conosciamo) giornalista di Teletuscolo, fece in quella occasione ad un giovane Nichi Vendola intervenuto alla serata. Il giornalista girando per il locale fa una scoperta 'sensazionale' e cioè scopre che la maggioranza dei gay presenti all'Alibi non conoscono il poeta Dario Bellezza. Non solo Dario Bellezza è sconosciuto come poeta (fra l'altro ospite fisso al Maurizio Costanzo Show) ma anche come uno dei primi militanti del movimento gay italiano. Nichi Vendola, rispondendo a questa osservazione, approfitta per dare una tiratina d'orecchie ai vertici del movimento gay italiano.
https://www.youtube.com/watch?v=UnFz63lfoQQ
https://www.youtube.com/watch?v=FqdSJ07ic7c
GIANLUCA (GIORNALISTA DI TELETUSCOLO) :
Ci troviamo con l’onorevole Nichi Vendola parliamo di
questa serata per Dario Bellezza per la richiesta di questo vitalizio. Io mi
sono chiesto anche parlando con altre persone, c’è bisogno di chiederlo, di
implorarlo, di supplicarlo? C’è bisogno di parlarne in maniera così pressante?
Non dovrebbe essere un diritto e un
dovere soprattutto per le Istituzioni,
riconoscere a Dario Bellezza, quello che gli è dovuto e cioè tantissimo, io
credo.
VENDOLA:
Questa vicenda miserabile dice
tanto di questo Paese. Il fatto che una voce limpida, cristallina,
controcorrente, inattuale, come quella di Dario Bellezza, di un poeta genuino,
perfino ottocentesco, fuori da qualunque possibile ammiccamento con i salotti
intellettuali; il fatto che Dario debba in qualche maniera esibire una
condizione di difficoltà quando la malattia incalza e quando il bisogno di
curarsi e il bisogno di vivere dignitosamente questa stagione così difficile,
di lotta per lui, debba affidarsi alla pubblica solidarietà, affinché lo Stato
si ricordi di lui, beh questa vicenda la dice lunga su quale sia lo stato
dell’arte in Italia. Quale sia lo spirito pubblico. Io sono molto sofferente
perché ci sono personaggi da quattro soldi che hanno la tribuna del video,
quattrini in proporzioni smisurate. Una voce davvero così appartata cosi
segreta che ha saputo ritagliarsi il gusto della scrittura per la scrittura;
senza mai cedere a forme di prostituzione nei confronti di questo, diciamo,
seducente mercato intellettuale in technicolor. Il fatto che ci sia una voce
così è straordinariamente importante, Dario paga la sua inattualità, il suo
essere out, il suo essere fuori da qualunque giro. Paga questo essere fino in
fondo un uomo del passato. Io credo che noi abbiamo bisogno di questi uomini
del passato, perché in qualche maniera ci raccontano l’orrore di un presente
senza memoria, senza poesia, senza capacità di sguardo. Ecco questo è Dario
Bellezza. La legge Bacchelli, la legge per un vitalizio a Dario Bellezza, è
semplicemente un gesto minimo di risarcimento nei confronti di questa voce
stonata, di questa voce fuori dal coro, spezzata, singhiozzante. A volte
singhiozzante in maniera enfatica, retorica. Come una corda di violino. Beh credo nel grande
rumore della metropoli consumista, quella corda di violino che è la voce di
Dario Bellezza serva a ricordarci cose di cui ci siamo dimenticati. Oggi ha
vinto l’oblio. E solo in virtù dell’oblio che si può consentire a Dario
Bellezza questa deriva di povertà. Ma credo che forse, la comunità gay, la
comunità intellettuale, la gente
sensibile può aiutarci a ritrovare la capacità di ascolto di quella voce anche
per restituirle ciò che merita. Anche per riscattare per noi, non per Dario
Bellezza, un minimo di decenza.
GIANLUCA (GIORNALISTA DI TELETUSCOLO) :
Quando parliamo di movimento gay io devo rendere noto,
devo constatare che andando in giro per questo locale, l’Alibi qui a Roma,
molti ragazzi dicevano, ma che succede questa sera, io rispondevo Dario
Bellezza e loro.. e chi è Dario Bellezza? Ora anche se è brutto relegare Dario
Bellezza al movimento gay perché Dario Bellezza è patrimonio di tutti, è
patrimonio della storia, è patrimonio della letteratura. Allora cosa differenzia questo scatto di società che non
conosce più, nel senso che ignora?
VENDOLA:
Il movimento gay non è
un’isola felice, è esattamente interno alla miseria e alle contraddizioni del
tempo nostro, quando io dico l’oblio, dico un oblio che attraversa tutti, ogni
condizione, ogni identità. Il movimento gay è un pezzettino piccolo della
condizione gay. Sono milioni e milioni in Italia gli omosessuali e la
maggioranza di questi ignorano Dario Bellezza e ignorano tante altre cose
perché non vi è cultura in questo Paese, perché non vi è memoria in questo
Paese, nell’Occidente, credo, in questa fase storica. Credo che pure il movimento
gay debba un po’fare un lavoro quasi archeologico, di ricostruire
pezzi anche della memoria più antica. Quelli che sono sedimentati nel tempo ma
che pare non hanno lasciato tracce nel nostro presente appunto così smemorato.
Il movimento gay dovrebbe più frequentemente interrogare momenti così
particolari come Dario Bellezza. Certo, Dario Bellezza è il contrario, diciamo,
dell’edonismo, che a volte attraversa anche il mondo gay, anche un mondo come
quello discoteche, come quello
dell’Alibi. E’ una dimensione più legata all’iconografia del calvario, del martirio della diversità. Forse
questo è fuori moda. Però tanti giovani gay non sarebbero nella condizione di
vivere, non dico felicemente, ma senza esagerati drammi la loro condizione, se
non ci fosse stato chi ha cominciato a raccontare, a narrare in prosa e in
versi, che cosa significa l’amore di un uomo per un altro uomo, lo sguardo di
un uomo verso il volto di un altro uomo. Mani di uomini che incrociano e stringono mani di uomini. Ecco
Dario ha raccontato questo e lo ha raccontato nell’epopea dell’infelicità
quotidiana. L’ha raccontato nella trama di mille perdite, di mille lutti
quotidiani. Lo sperma di cui parla Dario Bellezza è lo sperma di amori che non
sono prolifici e che quindi sono elaborazioni di lutti. L’impossibilità di
essere padri, diciamo, a volte, come qualcosa che è strettamente legato
all’immaginario omosessuale. Beh di questo c’ha parlato Dario Bellezza,
vivaddio. Se riprendessimo a parlare anche di questo, sarebbe perfino più vera l’allegria del danzare. Se ci fosse
più gusto anche del dolore, più gusto anche dell’interrogazione,
dell’interrogazione anche scabrosa, sul tempo nostro e su noi stessi. Su noi
creature un po’ sperdute in questo tempo, in questo tempo labirintico.
IL 5X1000 SOLTANTO ALLE ASSOCIAZIONI CHE PUBBLICANO ONLINE IL LORO BILANCIO!
DI'GAY PROJECT NON PUBBLICA ONLINE IL PROPRIO BILANCIO |
krojb70 <krojb70@yahoo.it>ha scritto:
Tutto quello che non hai detto sul sesso, perché nessuno te l'ha mai
chiesto
http://www.modidi.net/
E' un questionario. Se volete rispondete alle domande
----- Original Message -----
From:antonio di giacomo
To:MASCHIGAY@yahoogroups.com
Sent:Tuesday, June 07, 2005 8:29 PM
IL CIRCOLO MARIO MIELI NON PUBBLICA ONLINE IL PROPRIO BILANCIO |
Perchè questi signori ci interpellano soltanto per propinarci questionari per i quali hanno ricevuto finanziamenti pubblici e non quando si tratta di eleggere direttamente i nostri rappresentanti, di consultare i bilanci delle associazioni, di eliminare la tessera dei locali commerciali...... Perchè questi signori continuano a mangiare sulla nostra pelle ?
bye Antonio
blue_sky@libero.it ha scritto:
Quali rapresentati? non c'e ad oggi un partito gay quindi non vedo quali rapresentanti tu possa scegliere.
Se ti riferisci a Grillini in parlamento, allora il discorso vale anche per molti altri che stanno seduti là.
I bilanci delle associazioni, dipende se sono circoli ricreativi o circoli politici; se sono circoli ricretivi alla base ci sta comunque una società che non è tenuta ed arcigay stessa non puo obbligare a rendere pubblici i bilanci. Per i circoli politici ti basta essere socio di quel circolo e partecipare alle riunioni di bilancio.
Per far sparire la tessera bisogna prima cambiare la legislazione italiana in merito ai locali pubblici e privati.
I circoli e le associazioni non stanno in piedi sul solo volontariato dei soci ma hanno bisogno anche di altre entrate che non siano solo le tessere; prova a metterti a fare un circolo arci o non e vedrai.
"Modi di" è una ricerca necessaria propio per vedere quali sono i modi e le tendenze sessuali attuali, di modo da organizzare campagne di prevenzione piu mirate ed efficaci nei confronti di malattie sessualmente trasmissibili.
Saluti
Antonio
Caro Antonio,
scusami ma quando si risponde in questi termini, così come hai fatto tu, dovresti farti riconoscere con nome e cognome come ha fatto il sottoscritto. Il mio nome ,Antonio Di Giacomo, non è affatto di fantasia, anzi ti invito a fare una ricerca a riguardo su internet, o a chiedere a Grillini direttamente, così ti accorgerai che un circolo (il Michelagniolo ) l'ho già aperto tanti anni fa. Conosco pertanto la normativa che prevede molti escamotage per le cosiddette associazioni ricreative, sportive e culturali di evadere il fisco, alla faccia dei milioni dei contribuenti onesti del nostro Paese. Quelli che tu chiami circoli ricreativi sono attività commerciali che lucrano ignobilmente non soltanto sulla repressione degli omosessuali ma anche sulla loro salute. E il tutto avviene con la con-responsabilità morale dell'arcigay che gli offre copertura in cambio di tessere e costose affiliazioni.
Ciononostante sono circoli senza scopo di lucro a tutti gli effetti e come tali sono tenuti alla pubblicazione dei bilanci, a far eleggere dai loro soci il direttivo ecc..Tutte regole che non applicano, proprio perchè, di fatto, si comportano come attività commerciali. Se ti informi, ti accorgerai, inoltre, che il circolo Michelagniolo denunciò nel 1993 Luigi Cerina per essersi impossessato dei nostri soldini destinati ai malati di aids. Hai capito bene, un omosessuale e sieropositivo dichiarato, appoggiato da Grillini & C. che diceva di voler curare i nostri interessi ed invece si è fatto gli affaracci suoi ,facendolo , poi, nella maniera più schifosa possibile: speculando sulla pelle dei nostri fratelli e sorelle. Cerina è stato condannato dalla Cassazione nel settembre del 2003 per truffa e peculato e a risarcire il Comune di Roma di un miliardo e ottocento milioni delle vecchie lire. Cerina, che non era un rappresentante votato dalla comunità gay romana ma imposto dai partiti così come il suo successore Vanni Piccolo, fu il primo consigliere per i diritti civili delle persone omosessuali che ha avuto la Capitale nel 1993. Ora dopo tanti anni di stagnazione è arrivato il momento anche per la comunità gay italiana di poter votare i propri rappresentanti chiamati ad intereagire con le varie istituzioni. Così come fa la comunità ebraica o come fanno a Roma le varie comunità come quella cinese ,marocchina , filippina etc. Chiaramente non mi sto riferendo ai nostri parlamentari. Comunque mi auguro che non crederai, che Grillini, Vendola o la De Simone siano stati eletti con i nostri voti. Mi riferisco, invece, ai vari presidenti del circolo Mario Mieli o dell'Arcigay o di qualsiasi altra associazione: tali signori non sono stati eletti direttamente da tutti o comunque dalla maggioranza degli omosessuali italiani, ma soltanto da uno sparuto gruppo di persone (i soci appunto) che mirano soltanto a tutelare i propri interessi. Non è un caso che questi signori si stanno ,per l'ennesima volta, scannando fra di loro al Tavolo Permanente dei Diritti delle persone glbt istituito da Veltroni per accaparrarsi più potere possibile. Tutto questo ,come immaginerai ,non può che portare un enorme danno alla nascita della comunità gay che per definizione è fatta di condivisione. Condivisione degli interessi che un gruppo di persone hanno in comune. Solo così si riuscirà a creare l'appartenza al gruppo, "la coscienza del noi", condizione imprescindibile per la realizzazione di una vera comunità che è fondata non sulla contrapposizione degli interessi individuali ma sulla loro solidarietà. Per realizzare tutto ciò bisogna cominciare a considerare le persone soggetto e non oggetto di diritto come invece si continua a fare. Con tutto quello che è successo e non mi riferisco soltanto allo scandalo Cerina ma a tutta tangentopoli ,tu mi vieni ancora a dire che se voglio consultare un bilancio me lo devo andare a leggere nella sede del circolo o al tribunale che magari si trova dall'altra parte del Paese non è vero? E cioè di fatto mi stai rendendo difficoltoso se non addirittura impossibile la possibilità di esercitare un mio diritto, quello di essere informato.
L'ARCIGAY DA QUALCHE ANNO PUBBLICA ONLINE IL PROPRIO BILANCIO |
venerdì 2 maggio 2014
FUNERALI DI DARIO BELLEZZA
Il 2 aprile 1996 si tennero a Roma i funerali - sia religiosi che laici - del poeta Dario Bellezza. Le foto che compongono questo video sono state realizzate dal sottoscritto: vi prego non siate troppo critici nei confronti di questo povero fotografo improvvisato. Invece l'articolo che segue e che ritrae perfettamente Dario Bellezza è della grande Maria Latella.
Ieri a Roma i funerali. Ecco l' ultima chiacchierata
con l' artista quando la morte era ormai vicina
" Io, Dario
Bellezza, un vinto "
Un commosso
doppio addio al poeta da amici e scrittori Franco Cordelli: " Dentro di
se' era rimasto sempre ragazzo " Oggi ci sara ' la tumulazione al cimitero
inglese
Ieri a Roma i funerali. Ecco l' ultima chiacchierata con l'
artista quando la morte era ormai vicina TITOLO: "Io, Dario Bellezza, un
vinto" Un commosso doppio addio al poeta da amici e scrittori Franco
Cordelli: "Dentro di se' era rimasto sempre ragazzo" Oggi ci sara' la
tumulazione al cimitero inglese - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - ROMA . Due cerimonie funebri, una religiosa e l' altra
laica, per "un' anima contraddittoria", come gli amici hanno voluto
ricordare Dario Bellezza. Prima il rito cattolico, nella basilica di Santa
Maria in Trastevere, concluso con due semplici preghiere, quelle che Bellezza
diceva ogni giorno negli ultimi tempi, recitate da don Vincenzo Paglia. E poi,
l' omaggio laico in una chiesa sconsacrata, Santa Rita dei Poveri, una cappella
che appartiene al Comune. Oggi, ci sara' la tumulazione, nel "cimitero
degli inglesi", vicino alla Piramide, un luogo di sepoltura definito
"acattolico". Nel corso della cerimonia laica, Bellezza e' stato
ricordato da Gianni Borgna, assessore alla Cultura, da Franco Cordelli, Renato
Minore, Renzo Paris. Cordelli ha detto che Bellezza e' morto "da figlio,
come era vissuto, rimanendo sempre immutato, un ragazzo". Minore ha spiegato
come Bellezza "sapeva portare con rabbia e con gioia il nome di
poeta", in questa Italia che descriveva "grigia, plumbea, di massa,
nemica dei poeti". Paris, infine, ha voluto raccontare "l' ultima
beffa di Dario, quella di aver voluto a tutti i costi la Bacchelli, la legge
che garantisce un vitalizio agli artisti, pur sapendo che stava morendo".
A circondare la bara, sommersa dai fiori rossi del cuscino funebre della madre,
c' erano tra gli altri, Barbara Alberti, Carlo Ripa di Meana, Alain Elkann,
Elsa de Giorgi, Maria Luisa Spaziani. ------------------------- PUBBLICATO
------------------------------ L' INTERVISTA TITOLO: "Elsa, Alberto, Pier
Paolo... ho avuto vent' anni di felicita' " "Ero giovane e non capivo
la grandezza dei miei cari amici" "Si' , litigavo con la Morante Non
accettava il mio legame con Pasolini" - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - ROMA . Abbiamo parlato in cucina, mentre lui
cercava di mandar giu' qualche pezzetto di mela lasciata in un piatto da
Annamaria, amica e vicina di casa che lo accudiva con affetto discreto:
"Ormai non riesco a mangiare nient' altro" diceva lui, scusandosi per
il piatto sul tavolo, per la stanza in disordine. Succedeva qualche settimana
fa, una mattina, nella sua casa di Trastevere. Dario Bellezza raccontava di se'
, col pudore di un uomo non piu' abituato all' attenzione di estranei. Non
riusciva ad accettare che della sua malattia si fosse saputo cosi' , attraverso
un giornale. Non gli piaceva che di lui si tornasse a parlare per via della
legge Bacchelli: "Non l' ho chiesta, ci sono amici che si danno da fare
per me, io preferirei curarmi. Che ci faccio con la legge Bacchelli, me la
daranno il giorno che muoio". Ed e' andata proprio cosi' . Gli faceva male
una frase attribuita ad Aldo Busi: "Ha detto che non ho mai lavorato, che
la legge Bacchelli dovrebbero darla a tutti quelli malati come me. Uno
sciacallo". Busi, in seguito, cerco' di raccogliere fondi per lui, ma
Bellezza, quel giorno, ancora non lo sapeva. Il registratore frusciava:
"Non importa se poi non pubblicate niente" disse alla fine della
chiacchierata. C' era, nel timbro della sua voce, il tono di chi e' sempre sul
punto di dire: "Non si disturbi", quello stesso pudore che lo spinse,
non molti giorni fa, a confidarsi con Adele Cambria, giornalista ed amica:
"Mi piacerebbe essere sepolto nel cimitero del Testaccio". Il
cimitero di Antonio Gramsci e del poeta Shelley. "Mi ci vorranno?".
Parlavamo, in cucina, di cure per la sua malattia e di morti famosi. Soprattutto
di questi ultimi, a dire il vero. Moravia, Elsa Morante, il poeta Sandro Penna,
Pasolini. Rimpiangeva di aver sottovalutato la qualita' di quelle vite che si
erano intrecciate alla sua: "Forse ero troppo giovane, troppo incosciente.
Li ho considerati subito e soltanto amici, non mi rendevo conto della loro
grandezza. Con Penna il rapporto e' stato lungo, bellissimo. Con Elsa e' stato
difficile, aveva un caratteraccio. Per lei ho scritto due libri, Angelo e L'
amore felice. Era innamorata di me ma io non potevo amarla come avrebbe voluto.
Con gli anni ci separo' una barriera, credo sia arrivata ad odiarmi.
"Quando l' ho conosciuta, nel ' 66, aveva 54 anni ma ne dichiarava molti
di meno: io ne avevo venti. E durata fino al ' 76 e negli ultimi tempi non era
piu' bello. E stata il piu' grande errore della mia giovinezza: io mi
consideravo un suo pari, la trattavo non dico con brutalita' ma quasi, la
criticavo... Che sbaglio. Era una donna e io mi innamoravo dei ragazzi, ma e'
stata lei la mia storia d' amore piu' lunga e purtroppo me ne sono accorto
dopo, soltanto quando e' morta. Moravia diceva sempre che il mio rapporto con
Elsa era rovinato dall' orgoglio, ma una volta se ne usci' con un' osservazione
che mi feri' molto perche' feriva lei: "Non vedi che e' una povera
vecchia?". Ad Elsa Morante innamorata di un pittore tossicodipendente,
Bellezza dedico' dei versi che parlavano di "ragazzi drogati, guardie del
corpo dell' assoluto, vanno per il mondo mattutino fino alla sera della loro
sopravvivenza". Anche Bellezza, molti anni dopo, ha amato un
"tossico", forse per lui si era ammalato di Aids, parola che non
pronuncio' mai, quella mattina. "Si' certo, credo di sapere come l' ho
preso... ma alla fine non ne sono sicuro. Non ho mai voluto chiederlo a quella persona.
Si' , mi sono sempre piaciuti i tipi un po' pericolosetti ma non fino al punto
di morirne, no. Non come Pier Paolo. Pasolini poi aveva un altro tipo di
erotismo". Pier Paolo Pasolini, raccontava Bellezza allontando da se' il
piatto ancora pieno di mela, fu il primo a trovargli un lavoro: "Gli ho
fatto da segretario, per tre anni, dal ' 69 in poi. Prima non avevo mai avuto una lira,
campavo con le ripetizioni, le traduzioni. La mia era una famiglia modesta, mio
padre era un vecchio comunista che non credeva in Dio. Capirai, lavorava in
Vaticano: a un certo punto se ne ando' . Quando ho conosciuto Pasolini, vivevo
da solo. Lui mi disse di occuparmi della sua posta, di correggergli i
manoscritti per il cinema. Eravamo amici. Lo siamo rimasti fino alla fine,
anche se non condividevo niente delle sue convinzioni, delle sue profezie.
Pasolini voleva che l' Italia diventasse piu' povera, voleva un ritorno all'
Italia degli anni Cinquanta. Mi diceva "Non capisci, il consumismo sta
rovinando gli italiani" e io rispondevo: "Meglio il consumismo che
morire di fame". Anche l' amicizia con Pasolini era motivo di lite tra
Bellezza e Morante: "Non le piaceva che avessi questo ruolo precario di
segretario, diceva che dovevo trovarmi un lavoro sicuro: "Chiedi a Moravia,
e' l' unico che puo' davvero aiutarti". Ma Moravia non mi ha risolto
nessun problema pratico, mai. Era un uomo divertente, mi sembrava gia' molto l'
averlo per amico, che importa se non mi ha mai fatto pubblicare niente da
Bompiani". E Dacia Maraini? "Affettuosa, pero' sentiva che io ero
amico di Alberto, questa cosa non l' ha mai digerita". Un periodo bello,
quando uno ha la fortuna di poterne ricordare uno, aiuta a star bene anche
quando bene non si sta piu' . Bellezza ricordava senza compiacimento, recuperando
quel godimento da poco che ancora gli era consentito provare: "Ho avuto
vent' anni di felicita' , dai venti ai quaranta, il lavoro andava bene, non ero
celebre ma ero conosciuto, avevo degli amori, facevo dei viaggi. Quando ho
vinto il Premio Viareggio nel ' 76, con il libro Morte segreta, ho sperimentato
una felicita' assoluta. Avevo soltanto 32 anni, ricordo che mi comprai una
giacca nuova, scura, una bella giacca. Pensi che la tua vita cambi con un
premio, e invece non succede nulla. Non ho saputo sfruttare la mia fama.
Perche' ? Sono un vinto, sono sempre stato uno sconfitto". Della societa'
letteraria, di una Roma piccola e ad alta densita' d' ingegni, Bellezza aveva
conosciuto tutto, tutti. Pittori, da Franco Angeli a Mario Schifano, ricche dame,
la cre' me degli intellettuali: "Con Arbasino, ricordo, ci vedevamo sempre
a casa di Luisa Spagnoli. Non c' e' mai stata amicizia, forse non gli piaceva
il mio modo di essere gay, non voleva essere coinvolto su quel piano, lui della
sua omosessualita' ha fatto un argomento letterario". La vita
sentimentale, prima di Elsa e dopo Elsa. "Dopo ci sono stati solo amori di
ragazzi. Ma mi fa male pensarci". La politica: "Com' era bella, negli
anni Sessanta, il Pci da una parte, la Dc dall' altra. Io ho paura del
maggioritario, mi sembra un sistema fascista". Nessuno gli aveva ancora
offerto di candidarsi con i Verdi della sua amica Marina Ripa di Meana, non si
parlava ancora di elezioni, quella mattina a Trastevere. Chiacchieravamo da
piu' di due ore. Sembrava stanco e aprendo la porta di casa disse che no, non
si sentiva solo: "Vengono spesso a trovarmi Renato e Francesca Minore. Gli
altri non mi mancano. "Rimpiango un' amicizia che poteva essere e non e'
stata, quella con Federico Fellini. Poco prima che sapessi di essere malato l'
avevo incontrato e lui, gentilissimo, voleva rivedermi. Per Federico mi e' come
rimasto un rimorso, non l' ho mai chiamato. Ogni tanto mi capita di sognarlo.
Sogno Fellini, come se fossimo stati amici".
Latella Maria
giovedì 1 maggio 2014
MARIO FORTUNATO: persino organizzazioni come l’arcigay e circolo mario mieli hanno iniziato ad aprire locali dotati di back room, dove non si pratica sesso sicuro”
Dopo Massimo Consoli e Dario Bellezza, anche Mario Fortunato, con questo articolo apparso sul mensile Liberal nel 1995, scese in campo contro le dark room gestite anche dall'Arcigay e dal Mario Mieli. Un articolo rimasto pressoché sconosciuto alla maggioranza dei membri della comunità glbt del nostro Paese.
UN ATTO DI ACCUSA ALLA COMUNITA’ GAY
CHIUDETE QUEI LOCALI
di amore e morte
di MARIO FORTUNATO
MARIO FORTUNATO |
Una premessa. Vorrei che questo articolo fosse letto come un
preciso atto di accusa contro i media e in subordine contro il movimento gay di
casa nostra. Il motivo è che in Italia, nel momento in cui la diffusione
dell’Aids comincia ad assumere proporzioni terrificanti, i giornali e le
televisioni hanno dimenticato il problema, mentre la comunità gay non appare
più in grado di mobilitarsi efficacemente sul tema.
Succede un fatto strano. Anni addietro, più o meno sul
finire dello scorso decennio, i media nazionali scoprirono l’Aids. La sindrome
da immunodeficienza acquisita, che dilagava in maniera impressionante nel mondo
occidentale e soprattutto negli Stati Uniti, era divenuta la regina delle
notizie. Non passava un giorno senza che giornali e televisioni nazionali non
riferissero un nuovo dato, senza che inchieste e servizi e testimonianze in
proposito non fossero proposti all’attenzione e alla sensibilità dei lettori.
Ricordo in particolare un agosto di qualche anno fa. Forse
perché nulla di significativo accadeva in politica, forse perché nessuna guerra
in quel momento infiammava il pianeta, la campagna sull’Aids aveva militarmente
occupato prime pagine e copertine. Si parlava, molti lo ricorderanno, di “nuova
peste”, “la peste del secolo”, “la peste del duemila”, anche più
spericolatamente “la peste degli omosessuali”…Si raccontavano episodi feroci,
di ferocia e discriminazione, accaduti per lo più, oltre oceano. Ci fu perfino
un giornalista di un settimanale, L’Europeo, che fingendosi sieropositivo se ne
era andato per qualche giorno in giro a Roma e a Milano a verificare sulla
propria pelle quali erano le reazioni più diffuse e comuni delle persone di
fronte a un individuo colpito dal virus dell’Hiv. Stampa e televisioni a parte,
anche le scuole sembravano giustamente sensibilizzate sul tema. Mentre perfino
un ministro della Sanità come De Lorenzo sentiva il dovere di promuovere una
campagna nazionale di informazione (dovere non disgiunto dal senso di
opportunità, se è vero che su quella campagna lucrarono in molti).
Pure, in tanta mobilitazione, invocata e il più delle volte
sostenuta dal movimento omosessuale italiano, colpivano i dati di diffusione
della malattia. Che erano dati per fortuna modesti, in Italia. Così che, mentre
negli Stati Uniti, in Germania, in Francia, in Inghilterra, la malattia mieteva
vittime a un ritmo spaventoso (per qualche tempo, le telefonate e le lettere
agli amici stranieri del sottoscritto sono arrivate a ridursi dei due terzi),
in Italia per fortuna le cose andavano diversamente.
I più colpiti erano i tossicodipendenti. Seguivano gli
omosessuali, gli eterosessuali, gli emofiliaci e via di seguito. I dati
comunque, confrontati con quelli degli altri Paesi occidentali, erano tutto
sommato confortanti. Del resto, riflettendoci adesso, anche i nostri pochi
personaggi pubblici colpiti dal male (gli amici Pier Vittorio Tondelli e
Giovanni Forti, altri i cui parenti preferiscono si taccia in proposito) erano
in realtà persone con una spiccata esperienza di vita o professionale fuori dei
confini nazionali. Il che lascia ragionevolmente pensare che il contagio sia
avvenuto altrove.
Tutto bene, allora, sul fronte dell’Aids? Siamo rimasti un
‘isola compatibilmente felice? Neanche per idea. Lo dicevo prima: a distanza di
una decina d’anni dal primo allarme, in Italia succede un fatto strano. Si
tratta di un vero e proprio paradosso. Del rischio Aids si parla ormai pochissimo. Certo, si dà notizia
se qualche celebrità straniera annuncia al mondo la propria condizione. Si
recensiscono con puntualità i libri o il film che raccontano la malattia (detto
fra parentesi: nessun libro italiano, nessun film italiano). Si riferiscono i
dati sulla diffusione della malattia, che l’Istituto superiore della sanità elabora regolarmente. Ma, una volta
lavata la coscienza, giornali e televisioni tacciono.
Così nessuno si è accorto che secondo gli ultimi dati sulla
diffusione del male in Italia i casi di Aids sono cresciuti nell’ultimo anno in
maniera esponenziale. Non basta. I dati dicono che la malattia si va
diffondendo soprattutto fra le persone al di sotto dei venticinque anni e con
nessuna esperienza di droga pesante. E che è per lo più nelle grandi aree
urbane che il fenomeno trova la sua massima diffusione.
Eccoci dunque al paradosso. Fino a che il fenomeno Aids
investiva gli altri Paesi occidentali, i media italiani, come sempre subalterni
e provinciali, imitando i loro omologhi stranieri, sfornavano a ogni pie’
sospinto inchieste, reportage, informazioni sul tema. Ora che l’Italia sta
conoscendo la tragica diffusione del male, che toccò anni fa a Stati Uniti,
Germania e Francia, il silenzio in proposito è quasi totale. Dove sono le
copertine tambureggianti? Dove le prime pagine? Dove i servizi e le inchieste
televisive? I media nazionali tacciono. Colpevolmente, disgraziatamente,
tacciono.
Silence=death, silenzio uguale morte, era lo slogan dei
gruppi gay americani. Su quello slogan, e poi sul lavoro di artisti come Keith
Haring e Jean Michel Basquiat, di scrittori come Edmund White, Hervé Guibert e
Christophe Bourdin, di cineasti come Cyril Collard e Jonathan Demme, i
movimenti omosessuali di mezzo mondo sono cresciuti e hanno rappresentato un
po’ dovunque la punta più avanzata di ricerca, di informazione, di lotta contro
l’Aids. Non lo stesso in Italia. La comunità omosessuale nazionale è infatti da
questo punto di vista criminalmente arretrata incapace di riflettere e
soprattutto di reagire al problema.
Tempo addietro, in città come New York, San Francisco,
Berlino, Amsterdam e Parigi, un grande dibattito ha investito il mondo e la
cultura gay. Era un dibattito che rimetteva in discussione alcune forme tipiche
dell’esperienza omosessuale come il rifiuto della monogamia in favore della
promiscuità. Il risultato di quel dibattito è stato assai semplice, concreto; a
Parigi come a New York e a San Francisco, le abitudini di vita dei gay sono
cambiate. Gran parte dei bar e dei locali che offrivano agli avventori una back
room (una stanza buia, cioè, dove consumare subito e magari in gruppo un
incontro sessuale) è stata chiusa. Dappertutto, comunque, distributori di
condom e inviti manifesti al safe sex, al sesso sicuro. Sono letteralmente
spariti dalla faccia della terra i cosiddetti bagni americani (cabine per la
toilette sulle cui pareti era praticato un buco dentro cui far passare il
pene). In generale, c’è stata una significativa scoperta della relazione
stabile e della sfera sentimentale. E tutto ciò mentre le associazioni di
sostegno medico e psicologico ai sieropositivi e agli ammalati si
moltiplicavano, come si moltiplicavano le prese di coscienza sul tema delle
unioni civili e dei diritti che ne conseguono.
In Italia, invece, niente di niente. Confidando nei numeri
che , come dicevo, erano modesti fino a pochi anni fa, la comunità gay ha a
poco a poco abbandonato il campo dell’impegno anti Aids. Preoccupati soltanto
di non essere automaticamente associati alla malattia, gli omosessuali italiani
hanno lasciato ai soli gruppi cattolici di base il terreno della solidarietà
concreta. Inoltre nei bar e nelle discoteche omosessuali, perfino in quelle
direttamente gestiti da organizzazioni culturali e politiche come l’Arcigay e
il circolo Mario Mieli, hanno cominciato a comparire e ora abbondano back room
e bagni americani, di modo che la promiscuità sessuale è de facto ancora un
valore. Per il resto di condom si parla assai poco e, quanto al sostegno medico
e psicologico degli ammalati, è stato da ultimo sostituito con sfilate di moda,
esibizioni di soubrette e concorsi di bellezza. Naturale che, anche in ragione
di tanta dissennatezza e di una così radicale mancanza d’informazione, la
comunità gay italiana sia oggi investita
da un incremento di casi di sieropositività fino a ieri impensabile (è accaduto
a chi scrive, tanto per fare un esempio, di contare una decina di casi certi,
tutte persone sotto i ventotto anni, nel corso di un party romano con non più
di quaranta ospiti).
Questa la situazione. Una stampa e un sistema di media così
distante dalla realtà da essere ormai incapace di raccontare le cose se non per
imitazione di quanto fanno giornali e televisioni stranieri. Una comunità
omosessuale incosciente e priva di una cultura propria. Se a questi due elementi
già gravissimi si aggiungono lo sfascio non nuovo della scuola, la situazione
drammatica di gran parte delle strutture ospedaliere pubbliche e infine il
blocco per motivi burocratici assurdi della nuova campagna anti Aids promossa
dall’attuale ministro della Sanità, si capisce come il problema sia destinato
ad assumere forme e proporzioni incalcolabili. Altro che “peste degli
omosessuali e dei tossicodipendenti”. Il problema riguarderà sempre più i
ragazzi italiani, etero e omosessuali che siano, abbandonati al loro destino da
un sistema informativo e di prevenzione a dir poco scellerato. Un sistema in
cui tutti, Stato e alte gerarchie vaticane, media e organizzazioni gay, hanno
fin qui tenuto un comportamento che non esiterei a definire, nero su bianco,
criminale.
Ho detto in principio che questo articolo domandava di
essere letto come un atto di accusa soprattutto contro il silenzio dei media e
in subordine contro la caduta di tensione del movimento gay. Un atto di accusa
per solito nasce da un sentimento di indignazione intellettuale, o da una
rivolta morale. Nel caso di chi scrive, anche se potrà sembrare inelegante
dirlo apertamente, è nato da un altro sentimento: il dolore personale,
insopportabile, per la scomparsa o per la malattia di tanti, giovani amici
stritolati dall’ignoranza e dalla disinformazione. L’idea forse era ingenua:
custodiva però la speranza che all’accusa non dovesse seguire altro dolore.
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