Dall' OMPO N.166 del novembre 1993 ( I^ parte)
seguiranno gli altri interventi di Pierre Hahn, Padre Jan Van Kilsdonk e di tutti quelli che parteciparono alla stesura del MANIFESTO PER LA RIVOLUZIONE MORALE di Massimo Consoli
"il linguaggio è antico eppure questo è il documento che ha dato inizio al movimento gay nel nostro paese. Venne pubblicato quasi clandestinamente all'estero, in Olanda, visto che in Italia non era possibile "nominare" certe cose. Oggi per la prima volta, lo proponiamo ai nostri lettori"
compilato per conto dell'Organizzazione
Olandese degli Omofili COC (Nederlandse Vereniging Van Homofielen)
Al grado di emancipazione morale cui è
giunta la nostra società occidentale e consumistica, non costituisce
più notizia straordinaria o insolita la creazione di nuove
associazioni omofile o la nascita di giornali omosessuali non solo a
livello esclusivamente scientifico o culturale in senso letterario,
ma anche smaccatamente pornografici o volgari. La Danimarca e la
Svezia sono all'avanguardia di questa rivoluzione sessuale, che però
vi ha assunto una configurazione prevalentemente pornografica, cioè,
consumistica. L'Olanda ha preso una posizione un po' più
intelligente, curando soprattutto l'aspetto sociale della realtà
gay. La Francia sta vivendo il suo periodo più bellicoso con la
nascita e le attività a ritmo incalzante del FHAR (Front Homosexuel
d'Action Révolutionnaire) che, sull'esempio del GLF statunitense e
di analoghi gruppi europei, ha stretto un'alleanza tattica con il
Movimento di Liberazione delle Donne (MLF), e si è visto offrire la
collaborazione del più importante giornale della sinistra
libertaria extra-parlamentare. “Tout”, il quindicinale,
anarco-maoista già diretto dal filosofo Jean Paul Sartre.
Nei paesi meridionali la situazione è
notevolmente diversa. In Grecia, dopo il colpo di stato del 21 aprile
1967, sotto il benevolo consenso (anzi, incoraggiamento) dei
colonnelli, furono organizzate cacce all'omosessuale, in seguito
interrotte per motivi “turistici”. In Spagna, in seguito alla
legge del 1970, gli omosessuali sono stati dichiarati pericolo
sociale insieme alle seguenti categorie di persone: i vagabondi
abituali, i ruffiani, le prostitute, i minori di 21 anni in stato di
abbandono familiare e che siano moralmente pervertiti, i mendicanti
professionali e quelli che vivono della mendicità altrui, i malati
mentali che, in mancanza di cure, costituiscono un pericolo per la
società, gli ubriachi inveterati e i tossicomani, i trafficanti di
droga, coloro i quali in disprezzo alle regole della vita sociale,
dei buoni costumi e del rispetto dovuto alle persone, si comportano
in maniera insolente, brutale, a pregiudizio della comunità e dei
suoi membri , degli animali o delle cose, coloro che si riuniscono in
bande con intendimenti manifestamente delittuosi, coloro che
abitualmente e per denaro facilitano l'ingresso o l'uscita dalla
Spagna a persone non munite di regolare autorizzazione, coloro che
frequentano abitualmente dei delinquenti, o i luoghi ove si
riuniscono i delinquenti, o commettono in maniera continuativa dei
delitti “comuni”, ivi, compresi quelli di circolazione, rivelando
in tal modo una attitudine delittuosa, i recidivi di qualsiasi
delitto.
In Italia la situazione è del tutto
diversa e, in ogni caso, in via di continuo miglioramento. Le acque
furono mosse, per la prima volta nel 1958, da Gino Olivari, un
professionista milanese che pubblicò, a proprie spese, una serie di
articoli che furono in seguito raccolti in volume sotto il titolo
“Omosessualità”. In essi l'autore dava una sua interpretazione
personale, non convenzionale, al problema omofilo, ispirandosi ad un
fatto di cronaca avvenuto in una pensione di Roma verso la fine del
1950. Questa serie di articoli gli costò un processo per oltraggio
al pudore dal quale, comunque, fu assolto con formula piena, mentre
il Tribunale Correzionale di Milano definiva i suoi scritti
“rigorosamente scientifici, non intaccanti affatto il senso del
pudore”. La sua tesi, allora rivoluzionaria, ma che alla luce della
scienza moderna risulta piuttosto peregrina, voleva l'omosessualità
insorgere in seguito a scompensi ormonali.
Verso il 1966, a Pescara, un filosofo
d'estrazione marxista, Enzo Martucci, grande ammiratore di Nietzsche
e di Max Stirner, pubblicò a intervalli regolari e sotto titoli
continuamente differenti, un giornale che difendeva apertamente
l'omosessualità e, bisogna ammetterlo, con ostentazione di notevole
cultura. Alla fine di quello stesso anno fece la sua comparsa una
nuova casa editrice: “Lo scorpione”, pubblicando un libro di
Edwin Fey, “Estate a Sodoma”. Nelle intenzioni dei due
responsabili della collana, l'originalità dell'impresa doveva essere
nella scelta degli argomenti, esclusivamente gay. L'niziativa non
durò a lungo perché i due, che voci incontrollate volevano figli di
un grosso personaggio di Torino, si videro tagliati i fondi dallo
scandalizzato genitore.
Ma la prima pubblicazione che organizzò
una vera e propria rubrica con periodicità fissa, dedicata tutta
alla tematica gay, fu una nuova rivista apparsa nel 1968. Si
chiamava “LSD”, ed anch'essa non ebbe vita lunga. Sequestrata
continuamente, finì nel giro di poche settimane ma lasciò un
precedente, un'eredità che altri non mancarono di farsi avanti a
raccogliere. Ormai si era scoperto un altro filone da sfruttare
giornalisticamente, e le statistiche della Germania, che (dicevano le
solite voci incontrollate) con una popolazione non molto superiore a
quella italiana riusciva a tirare 240.000 copie mensili di tre delle
sue riviste più diffuse (“Du und Ich”, “don”, “Him”),
spinsero altri editori ed altri giornali a farsi avanti.
Comunque, già da una decina d'anni
Maurizio Bellotti, abbastanza noto per aver avuto a suo tempo una
violenta polemica con il settimanale neofascista “Il Borghese” e
proprio per fatti sessuali, redige una rubrica su un mensile
francese. “Arcadie”, questo è il nome del periodico, pubblica in
media due volte l'anno un notiziario intitolato “Nouvelles
d'Italie”, su tutto ciò che di rilevante avviene in Italia e del
quale si parla del nostro Paese. Il redattore è sempre
straordinariamente informato anche se i suoi articoli, per via delle
necessità di tradizione, di preparazione del numero, di stampa e
distribuzione, sono pervicacemente in ritardo. La redazione è
piuttosto “artigianale”, anche se tra i collaboratori vanno
citati personaggi del calibro di Roger Peyrefitte, Jean Cocteau (che
la tenne a battesimo), Giovanni Comisso e molti altri meno noti. In
origine pubblicava anche foto e qualche disegno. Ora non più. E'
rigorosamente culturale e non concede nella all'immagine. Un'altra
pubblicazione che sembrava diretta verso un brillante avvenire fu
“Uni”: bimestrale danese pubblicato in varie lingue. E' stata la
prima rivista esclusivamente gay dedicata anche al nostro pubblico,
stampata nella nostra lingua. A differenza di “Arcadie”,
pubblicava abbastanza volentieri foro di nudi maschili, molto
castigati. Disgraziatamente, il gruppo editoriale che la produceva,
l'”IHWO” (International Homosexual World Organization”) si è
scisso in due parti, una delle quali si è trasferita in Svezia, e la
rivista non esce più. Anche a questa collaboravano firme
autorevoli, l'on. Edward Brongersma. Deputato al Parlamento olandese,
il prof. Michel Bouhy van Helzie, belga, e così via.
Sia “Arcadie” che “Uni” erano
periodici che non si ripromettevano fini commerciali. Il caso è
diverso per gli unici due settimanali italiani, che, fino alla scorsa
estate, hanno dedicato alcune rubriche all'argomento: “Men” e “Le
Ore”. “Men” è stato il primo in assoluto a raccogliere,
migliorandola, l'eredità di “LSD”. Da circa tre anni pubblica
regolarmente rubriche su argomenti gay. Ha cominciato con una cronaca
mondana “leggera”, ed è arrivato, in talune occasioni, ad una
punta di tre, quattro ed anche cinque servizi settimanali su tali
argomenti (processi, cronaca nera, recensioni librarie o
cinematografiche, nudi maschili..) Ultimamente , da circa un anno, ha
ristretto l'interesse verso una rubrica di “Lettere ad Oscar”,
rubrica di corrispondenza con i lettori curata da Giò Stajano, vero
factotum del giornale per questi argomenti, piuttosto noto in Italia
fin da quando interpretò una parte nel film di Federico Fellini, “La
Dolce Vita”, e poi per aver pubblicato alcuni libri sulla vita
intima di personalità politiche o culturali della capitale che
furono immediatamente sequestrati. Il secondo settimanale del quale
ci occupiamo è “Le Ore”. Il primo numero, che uscì un anno fa
(il 16 novembre del '70), avvertiva che si trattava di un giornale
“aperto” ai problemi omosessuali, ed in un' intervista a
“Panorama”, l'editore Balsamo (che fu, significatamente, lo
stesso fondatore di Men anche se, ormai, non vi ha più nulla a che
vedere), lasciò detto che buona parte dei suoi lettori erano
“omosessuali maschi e femmine che trovano sul giornale un
linguaggio franco”, dimostrando in tal modo l'estrema possibilità
di manipolazione cui è sottoposto il linguaggio. Il livello
culturale dell'ebdomadario è decisamente zero! Gli articoli
sull'omosessualità sono numerosi e squallidi: una paccottiglia di
pessimo gusto nella quale la confusione è l'unico elemento comune
tra tanta ignoranza del tema. La rubrica di corrispondenza, imitata
di sana pianta dalle “Lettere di Oscar”, è una contina
esortazione a “guarire”, a “tornare sulla retta via”, a
“ritrovare se stessi” e così via. Prima di concludere questo
rapporto è necessario citare altre due settimanali che, pur non
riservando rubriche fisse sull'omosessualità, tuttavia dedicano ad
essa articoli di tanto in tanto, più intelligenti che la massa della
pubblicistica italiana, o la considerano in un contesto decisamente
favorevole. “ABC” è il giornale che ha iniziato e condotto la
campagna pro-divorzio e che continua, rivolgendosi ad un pubblico
popolare con un linguaggio semplice, a lottare per una maggiore presa
di coscienza individuale. “L'Espresso” è l'organo della sinistra
antiautoritaria italiana. Nato come espressione radicale, è
attualmente uno dei più seguiti ed autorevoli settimanali del nostro
Paese.
MASSIMO CONSOLI
(nella foto un giovane Massimo Consoli)
MASSIMO CONSOLI
(nella foto un giovane Massimo Consoli)
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