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sabato 30 giugno 2012
NEL 1983 BABILONIA MINIMIZZO' L'ARRIVO DELL'AIDS
Diffondo un articolo senza firma, apparso sul mensile gay Babilonia nel numero 8 del 1983 ( che da sempre si è vantato di essere il trade union fra il movimento gay e il resto della popolazione omosessuale non politicizzata), che dimostra, a differenza di quello che scrivono alcuni frociologi di professione, come l'arrivo dell'aids sia stato preso sottogamba non soltanto dalle nostre Istituzioni ma anche dai vertici e dall'intellighentia del "nostro" movimento. Da lì a poco, qualche cane sciolto e quattro reduci dissidenti di quel movimento omosessuale scioltosi soltanto qualche anno prima, troveranno proprio nell'aids una ragione per ricomporsi, per dare un senso e una svolta al loro operare. Infatti l'aids non è stato soltanto quella terribile malattia che ha mietuto decine di migliaia di morti nel nostro Paese ( 40.000 decessi al 2010). L'aids è stato il passepartout, per un gruppo di gay associatisi fra di loro e autoproclamatisi rappresentanti di tutti gli omosessuali italiani, per entrare nelle stanze del Palazzo ed ottenere finalmente quel riconoscimento politico e sociale mai avuto prima. "Siamo stati contattati dall'Istituto Superiore di Sanità e ci hanno proposto di effettuare uno screening anonimo sulla popolazione omosessuale. E' vero, gli faremo da cavia, ma in cambio arriveranno i soldi e le sedi che ci servono e che andiamo a cercare da tanto tempo". Questo mi disse intorno alla metà degli anni 80 un noto attivista romano di quegli anni. E così fu. Arrivarono le tanto sospirate sedi magari attraverso finte occupazioni e poi concesse ad affitti irrrisori, un profluvio di finanziamenti pubblici, le candidature politiche, gli spazi televisivi e sui giornali etc etc. Ma con l'arrivo del Dio denaro arriveranno anche le lotte fratricide fra le varie associazioni. Lotte per la spartizione dei soldi e del potere a cui non potè mancare una condanna penale nei confronti di uno dei nostri politici gay. Condanna inflitta dai tribunali dello stato italiano e non chiaramente dal Consiglio degli Anziani della nostra comunità gay, visto che quest'ultima, pur essendo nella bocca di tutti, NON ESISTE. (continua)
"Nel panorama complessivamente desolante della stampa italiana riguardo all'Aids, si distinguono, per competenza e capacità di analisi non superficiale nell'affrontare l'argomento, due articoli. Il primo pubblicato il 24 luglio scorso sull'Espresso a firma di Gad Lerner, dà la voce direttamente al mondo gay di cui riporta le opinioni e le giuste rimostranze contro la definizione di "cancro" o "peste" gay: variamente intrecciati nel testo, vengono così registrati gli interventi dei nostri Ivan Teobaldelli, Mario Anelli e Felix Cossolo, nonchè quelli di Bruno Di Donato del circolo Mario Mieli di Roma e di Gianni Rossi, Paolo Hutter e Alessandro Musolini dell'Altro Martedì, rubrica gay di Radio Popolare di Milano. Il secondo articolo, un vero gioiello per acume e argomentazioni è quello uscito sulla Repubblica del 28-29 agosto. La domanda che l'autore del "pezzo" Romano Giachetti, corrispondente da New York del quotidiano si pone è se l'Aids, negli Stati Uniti, sia una vera epidemia o un pretesto per attaccare la libertà sessuale che da quel vasto paese si è propagata nel resto del mondo occidentale. La tesi che ha fatto di nuovo estrarre di nuovo le unghie alle forze della conservazione puritana contro il gay-style, secondo la quale la promiscuità e la frequenza dei rapporti sessuali sarebbero le principali cause della mortale infezione, viene da Giachetti accuratamente demolita. Val la pena di trascrivere una parte di questo articolo illuminato per capirne la forza persuasiva: "...ciò che si teme (negli Usa ) non è l'Aids, è un altro morbo. Infatti non si fa caso alla gonorrea, i cui casi si moltiplicano al ritmo di un milione l'anno, né alla sifilide, che negli ultimi dodici mesi ha mietuto circa centomila vittime, spesso con risultati atroci. I duemila casi di Aids sono sì, una "novità",..ma non sono davvero un'epidemia".
mercoledì 6 giugno 2012
AIDS? CHI SE NE FREGA
ripubblico un articolo riguardante un tema di scottante attualità
dall' Espresso n.19 del 16 maggio 1993
Costa quanto una pizza e un cinema. Ovvero 25 dollari. Sì, con poco più di 35 mila lire a New York si può fare sesso: singolo o di gruppo, e senza alcuna precauzione. Sfidare l'aids e infischiarsene degli appelli che da anni, come un tormentone, assillano gli americani, è l'ultima frontiera delle notti a luci rosse nella metropoli americana. I kamikaze del sesso, come sono stati ribattezzati, detestano il preservativo. Guardano con noia Liz Taylor che pubblicizza il condom sulla copertina di “Vanity Fair”. Ridono dei corsi di Safe sex, di sesso sicuro, nelle scuole. Eppure, sanno bene che nell'ultimo anno, solo a New York, i casi di aids sono aumentati del 18 per cento, che 56 milioni di americani, ossia uno su cinque, sono affetti da malattie veneree come la gonorrea e l'herpes. E che il tasso d'infezione è destinato a salire. Lo sanno, ma se ne fregano. Fare sesso, per loro, vuol dire rischiare: altrimenti non c'è piacere. Giocare alla roulette russa del sesso è l'ultima follia giovanile di quest'America di fine millennio. Al punto che in texas, a San Antonio, alcune minorenni tra i 14 e i 15 anni), pur di entrare a far parte di una delle più grosse bande giovanili della loro città, hanno accettato una “prova di iniziazione” che consisteva nell'avere rapporti sessuali con alcuni capibanda sieropositivi.
dall' Espresso n.19 del 16 maggio 1993
L'amore senza preservativo. E' l'ultima
pazzia dei giovani americani. Una sfida al virus. Lo fanno gay ed
etero. In locali pubblici e privati. Spesso col primo partner che
capita
di Sandra Cecchi da New York
Costa quanto una pizza e un cinema. Ovvero 25 dollari. Sì, con poco più di 35 mila lire a New York si può fare sesso: singolo o di gruppo, e senza alcuna precauzione. Sfidare l'aids e infischiarsene degli appelli che da anni, come un tormentone, assillano gli americani, è l'ultima frontiera delle notti a luci rosse nella metropoli americana. I kamikaze del sesso, come sono stati ribattezzati, detestano il preservativo. Guardano con noia Liz Taylor che pubblicizza il condom sulla copertina di “Vanity Fair”. Ridono dei corsi di Safe sex, di sesso sicuro, nelle scuole. Eppure, sanno bene che nell'ultimo anno, solo a New York, i casi di aids sono aumentati del 18 per cento, che 56 milioni di americani, ossia uno su cinque, sono affetti da malattie veneree come la gonorrea e l'herpes. E che il tasso d'infezione è destinato a salire. Lo sanno, ma se ne fregano. Fare sesso, per loro, vuol dire rischiare: altrimenti non c'è piacere. Giocare alla roulette russa del sesso è l'ultima follia giovanile di quest'America di fine millennio. Al punto che in texas, a San Antonio, alcune minorenni tra i 14 e i 15 anni), pur di entrare a far parte di una delle più grosse bande giovanili della loro città, hanno accettato una “prova di iniziazione” che consisteva nell'avere rapporti sessuali con alcuni capibanda sieropositivi.
A New York gli indirizzi dei “paradisi
di sesso e di morte”, i locali notturni dove si consuma di tutto,
fellatio e sodomie comprese, e sotto gli occhi di tutti, si trovano
su giornali come il “Village Voice”, “Screw magazine” o
“H-X”, la bibbia dei gay newyorkesi.
Formalmente, questi ritrovi hanno le
carte in regola: cartelli ben in vista sulle pareti ricordano ai
clienti di fare sesso sicuro e “in conformità con le norme dello
Stato di New York”. Ma poi, in realtà nessuno usa il preservativo.
E le pratiche preferite (sesso anale e orale) sono quelle che la
legge definisce “illegali” in quanto ad alto rischio di
trasmissione Aids”.
Secondo il Dipartimento della salute,
a New York ci sono almeno 50 sex-club, due terzi dei quali riservati
ai gay, dove si pratica sesso non protetto. Senza contare le decine
di cinema porno (famoso lo Show Palace, all'incrocio tra l'Ottav,
Avenue e la 43esima strada) dove molti habbituè, più che la sala,
frequentano le stanzette riservate ai piani superiori. E che dire
delle saune! Negli anni 80 furono oggetto di una caccia alle streghe,
in quanto luogo di diffusione dell'aids e, pertanto, chiuse. Ora
riaprono. A Manhattan, l'East side club sulla 56esima strada e il
Maiden Iane a Wall Street, sono sempre gremiti. Offrire sesso
“unsafe” è diventato anche un nuovo business. Prendiamo Le
Trapèze, locale per scambio di coppie sulla 27esima strada,
considerato l'erede del Plato's Retreat, trittico locale degli anni
Settanta per “incontri liberi”. Ebbene: nell'85, dopo la morte
per aids dell'attore Rock Hudson, stava per chiudere. Oggi ha 750
soci onorari e la sua clientela aumenta al ritmo del 30 per cento
all'anno. E' lo “swing club” più famoso di Manhattan, segnalato
perfino dal “New York Times”. L'entrata, rigorosamente riservata
alle coppie, costa 90 dollari e comprende: orgia, massaggi erotici,
un buffet di pessima qualità, consumato tra un amplesso e l'altro;
il bagno in una jacuzzi stile Antica Roma; e, in omaggio alle leggi,
un preservativo che, appena varcata la soglia, i clienti gettano in
un cestino.
Nell'ampia sala a pianterreno e nelle
stanze al piano superiore, corpi nudi sono impegnati in giochi a due,
tre, quattro, su materassi di gomma piuma. In posizione verticale, le
stessa acrobazie sessuali si fanno nei corridoi. In media si cambiano
due o tre partner a sera. Chiedere di usare un condom è ritenuto
un'offesa. Dice il proprietario del locale “Gli eterosessuali
ritengono di non essere così esposti all'Aids, come tutti avevano
fatto loro credere. E allora non si curano di usare tante precauzioni
nel fare l'amore con persone diverse”. “I pazzi ci sono sempre
stati”, commenta John Hepshat dell'associazione People with aids:
“Ma il loro numero sta aumentando vertiginosamente. Gli
eterosessuali si credono immuni. Dicono: “Se non ho preso l'aids
finora, non lo prenderò più”. Come se la malattia fosse stata
sconfitta, debellata, roba da Medioevo, Intendiamoci: nessuno
criminalizza questa riscoperta del sesso. Ma va fatta con le dovute
precauzioni e protezioni”. All'Executive suite di Queens, altro
locale riservato allo scambio delle coppie, i prezzi sono modici
(25 dollari in due) e la clientela è giovane. Qui operano delle
professioniste del sesso, che hanno il compito di riscaldare
l'ambiente. E politica dei prezzi bassi (35 dollari) anche al Phoenix
social club, locale privato a due passi da Wall Street, che ha
inventato la formula della “discoteca più sesso”: il biglietto
garantisce alla coppia sesso e rock2n'roll. Il preservativo? E'
lasciato alla buona volontà dei clienti. Ma le mete preferite dai
kamikaze del sesso sono soprattutto i party privati. In primo luogo
perchè l'ambiente è più discreto. Gli indirizzi non sono alla
portata di tutti: per esempio, bisogna saper leggere tra le righe
degli annunci del “Village Voice”. Poi, è necessaria la
prenotazione, proprio come nel migliori ristoranti. A differenza di
questi ultimi, però, i party privati non sono cari: costano 60
dollari e si svolgono in orari da Cenerentola: iniziano alle 7 del
pomeriggio e terminano intorno alla mezzanotte.
Di queste feste a base di eros ce ne
ono per tutti i gusti. E' sufficiente chiamare il numero prescelto, e
la segreteria telefonica informa dettagliatamente sulle “specialità
della casa”: mercoledì, scambio di coppie, giovedi serata dedicata
ai feticisti, venerdi solo gay; sabato, riservato ai sado maso;
domenica, amore di gruppo. La formula è sempre la stessa: cibo,
pornovideo e ore di anonimo “unsafe sex”, sesso non sicuro. Che
questa tendenza sia in continuo aumento se ne è accorto anche il
“Wall Street Journal”, analizzando i conti delle due più
importanti ditte americane che producono preservativi: la Carter
Wallace Inc. e la Schmid Laboratories. Risultato: la vendita di
condom nell'ultimo anno è diminuita del 4 per cento. A confermare
questi dati è poi arrivato un sondaggio dell'autorevole “Journal
of Science”: solo il 17 per cento degli intervistati ha ammesso di
usare regolarmente il preservativo. Non solo. Dall'inchiesta è
emerso che più di è sessualmente attivi, più si rifiuta il condom.
Questo è vero, per esempio, per gli omosessuali nonostante che i
gay, in America, rappresentano una delle categorie più colpite
dall'Aids. Ma a vedere quel che accade nelle stanze riservate di
certe discoteche, non si direbbe che la paura del terribile contagio
li attanagli. Prendiamo una sera al Limelight, la famosa discoteca di
Chesea sulla Ventesima strada, una chiesa sconsacrata. In una stanza,
mentre in un angolo, nella penombra, si sta svolgendo un'orgia di
soli maschi, dove si pratica sessso orale e anale praticamente con
chi capita, senza neanche guardarsi, in faccia, nel bel mezzo, una
dolla chiusa a cerchio osserva un ragazzo piegato in avanti, le mani
sulle ginocchia, che si concede a tre persone diverse. Scene come
queste si ripetono ogni mercoledi di sera nelle notti di “hot sex”
organizzate dal promoter più famoso nel settore, Marc Berkley.
All'entrata della “blackroom” c'è un cartello che ordina: “Safe
sex only”; qualcun, con un pennarello ha aggiunto una “u” e
una “n”, ossia, “unsafe only”.
D'altra parte, sono proprio i locali
dove i manager chiudono un occhio sull'uso del profilattico quelli
che non conoscono cali di clientela. Il club Usa di Times Square deve
la sua fortuna anche alle notti della domenica, quando la discoteca
viene invasa dai gay e la “blackroom” si riempe come un uovo. E
non è certo un caso che la festa newyorkese più riuscita sia il
Black party che si svolge ogni anno e marzo, nella discoteca
Roseland. Settemila persone, in stragrande maggioranza uomini,
vestite di pelle nera stile sado-maso, per tutta la notte ballano e
fanno sesso “ senza rete” nei corridoi, nei bagni, perfino in
pista. Come se non bastasse, giovani muscolosi si esibiscono in “fist
fucking”, vale a dire penetrazioni con la mano chiusa a pugno.
Certo, i gestori di questi locali sono nel mirino dell'america
puritana. Ma loro si difendono: “ Che cosa dovremmo fare, inseguire
tutti i clienti fin dentro le toillettes e verificare che prima di
fare sesso si siano messi il preservativo?”. Già, che fare? La
città di New York ha avuto un'idea: mandiamo la polizia. Agenti
speciali che controllino, manganello alla mano, che venga
regolarmente usato il preservativo. E la proposta ora viene
raccontata come se fosse una barzelletta.
sabato 2 giugno 2012
L'OMOSESSUALE PUO' ESSERE UN VERO RIVOLUZIONARIO?
Il 5 aprile 1936 nasce a Parigi Pierre Hahn, scrittore e rivoluzionario, fondatore del
FHAR, che parteciperà alla stesura del Manifesto Gay italiano con il
testo "L'Omosessuale può essere un vero rivoluzionario?" Morirà suicida
nel febbraio del 1981.
di Pierre Hahn
Maggio 1968: gli studenti occupano
l'Università di Parigi e vi si da' appuntamento anche la
popolazione. Ognuno può esprimere in pubblico. Si confida a tutti
ciò che, generalmente, non si dice che a pochi amici. I muri della
vecchia Sorbona questo edificio scuro come un convento di
carmelitani, si coprono di disegni e di slogans rivoluzionari e
poetici. In un corridoio situato al mezzanino (dal lato della rue
Saint Jacques, un manifesto attira l'attenzione di tutti. E' il testo
di un appello del Comité Pédérastique Révolutionnaire. I
visitatori si precipitano, col taccuino in una mano ed una penna
dall'altra e, fenomeno unico (almeno a mia conoscenza) ridendo fino
alle lacrime, ricopiano il testo nella sua integralità.
Dopo qualche giorno, questo manifesto
scomparve, molto probabilmente strappato da uno studente puritano, di
una Sinistra che non aveva ben capito a quell'epoca né il senso né
la portata delle barricate nel quartiere latino. Tuttavia,
l'omosessualità aveva fatto il suo ingresso nella Nouvelle Gauche
Révolutionnaire, sotto il sole di maggio. E non è tutto. Un po' più
tardi, alla facoltà di gensior, venne creato il Comitato Neus Semmes
en Marche. In un appello “Agli uomini e alle donne di questo
giorno”, testo policopia comprendente una ventina di proposte sulla
“rivoluzione sessuale”, il Comitato suggerì alla maggioranza
sessuale di legare le sue sorti a quelle dei minoritari, chiamati
“dannati della terra”. La parola “omosessuale” non era
nominata nel testo, ma tutti sapevano bene cosa si dovesse intendere
per “minoranza sessuale”. Dopo il maggio '68 in Francia si sono
verificati molto avvenimenti. La borghesia, sempre più indirizzata
verso il fascismo, non smette di violare le sue proprie leggi, una
dopo l'altra (arresti abusivi, leggi anti-sciopero per stabilire la
responsabilità collettiva, complicità con il movimento neo-nazista.
“Ordre Nouveau”, etc. I suoi cani da guardia hanno ogni libertà
per “ristabilire l'ordine” come lo intendono loro. Si da la
caccia ai giovani, ai capelloni, ai barbuti. Si dan botte per la
strada e nei locali della polizia. Ci si ricorda dei bei tempi
durante la guerra in Algeria, quando si praticavano tutte le torture
con l'elettricità sugli organi genitali dei presunti colpevoli
(leggere il “Livre Noir de la Police Francaise”, ed. Du Seuil).
Molti giovani rivoluzionari hanno cominciato con l'occuparsi dei loro
problemi, ciò che è comprensibile. Dopo un po', tuttavia il
problema del sesso in generale, e dell'omosessualità in particolare,
ha trattenuto la loro attenzione. Il giornale “Tout” ha aperto le
sue colonne agli omosessuali rivoluzionari. In breve, gli omosessuali
che avevano perduto la parola dopo il maggio del 68 in Francia,
l'hanno ripresa. Un “Front Homosexuel d'Action Révolutionnaire”
(FHAR) si è d'altronde costituito a Parigi (è, in parte, a dei
militanti del FHAR che si devono gli articoli pubblicati su “Tout”).
Gli omosessuali sono portati, più
meno, verso la rivoluzione? Tale domanda, oggi, suscita in me un
profondo stupore. Piuttosto preferirei chiedermi: perchè gli
omosessuali non sono più ribelli, più rivoluzionari? Ma cos'è, un
omosessuale, nella nostra società? Per rispondere a questa domanda
bisogna, innanzitutto, respingere ogni definizione “truccata”:
tutte le spiegazioni di tipo eterosessuale. Presso i militanti
marxisti leninisti l'omosessuale era considerato, ancora non molto
tempo fa, come un prodottto della degenerazione capitalista. Quando
gli si obiettava che questa affermazione non poggiava su nulla, se
non sui loro propri pregiudizi, e quando gli si portava come esempio
il caso degli Arabi, allora replicavano: prodotto del capitalismo,
mancanza di donne...etc. Inutile aggiungere che tale discorso tradiva
un'ignoranza crassa del più bel periodo della cultura araba (vedere
le meravigliose poesie pederastiche, d'una squisita sensibilità,
dell'anno Mille). La borghesia si strappava i capelli, pretendendo
che la distruzione dell'odiosa famiglia monogamica, della religione
(e della morale giudeo-cristiana), la decadenza dell'Occidente..tutto
ciò si spiegasse a causa dello sviluppo dell'omosessualità. I
medici attribuivano a questo anche la riapparizione di Santa
Sifilide. I parlamentari ne approfittarono nel 1960 per votare una
leffe che comprendeva gli omosessuali nel quadro dei flagelli
sociali. Gli psicologi, che non masticavano di Freud che il puzzo di
giudeo-cristianesimo, parlavano dell immaturità psicosessuale di
ogni omofilo. Sarebbe stato tuttavia ben malizioso colui che avesse
potuto dimostrare che esistono degli adulti eterosessuali, al livello
dell'evoluzione affettiva! Ma ciò permetteva ai sostenitori della
repressione sessuale di mantenere le leggi votate sotto Vichy, al
fine di proteggere gli adolescenti contro...se stessi! In maniera
generale, tutte le scienze umane, oggi, sono messe al servizio della
repressione sessuale. Vi sono senza dubbio alcune opere (soprattutto
di etnologia) che ci han dato informazioni interessanti a proposito
dell'omosessualità. Noi sappiamo oggi, che i ruoli sociale e
sessuale dell'uomo e della donna variano quasi completamente da una
civiltà all'altra. Ciò che è normale qui, oggi, passerà per
completamente aberrante domani o altrove. Al limite, ciò che nelle
società occidentali si definisce omosessuale, non essite in un'altra
cultura: comportamento omosessuale, sì, struttura particolare della
personalità, no. Quanto alla psicanalisi freudiana, almeno quella
del fondatore, abbonda in contraddizioni. La ricerca che Freud
condusse su di una norma sessuale in sé ( la coppia eterosessuale),
al di fuori di ogni contesto socio-culturale, è sboccata in uno
smacco. Come potrebbe essere altrimenti? L'eterosessualità come
norma sessuale non può giustificarsi che con la procreazione e per
la religione giudeo-cristiana. Se si respinge il
giudeo-cristianesimo, resta la procreazione, ma la coppia
eterosessuale monogamica non è percò giustificata. In realtà,
nell'ambito di molte società, la sessualità non è associata in
ogni sua manifestazione all'idea di procreazione. Quindi i
comportamenti omosessuali possono essere incoraggiati dalla
collettività com'è, d'altronde, presso gli indiani Ambikwaras,
studiati da Lewis Strauss. Tuttavia, sembra che in tutte le civiltà
esista un numero relativamente costante ( e poco consistente) di
omosessuali ed anche di eterosessuali..esclusivi. Ma come regola, si
può dire che più una società è tollerante a livello dei costumi,
più i comportamenti bisessuali vi sono in maggioranza. Nelle società
occidentali, al contrario, ogni uomo ed ogni donna “normali”
devono comportarsi, sotto ogni aspetto, in una maniera conforme
all'immagine che ci si è fatti del loro sesso. Il condizionamento
degli individui comincia dall'infanzia. Prima ancora che sia in età
di comprendere, il ragazzo intuisce che deve comportarsi in un certo
modo, nel corso della sua vita. Molto spesso i suoi giochi saranno
virili, cioè brutali, altrimenti gli adulti (genitori, insegnanti,
etc) e i compagni di scuola, più tardi, lo tratterranno da
femminuccia, da passerottino, e via di questo passo.
La famiglia impone i divieti sessuali.
Il prete li giustifica in nome di un Cristo che, beninteso, è morto
sulla croce affinché un ragazzino non si masturbi! Il medico,
perfino lui, provoca deliberatamente l'angoscia della castrazione,
questo cavallo di battaglia (è il caso di dirlo della psicanalisi.
Ben presto il giovane capisce che, se non assume così bene come gli
altri il suo ruolo di maschio, può precipitare in questo abisso (del
quale ignora ancora il nome): l'omosessualità. Perfettamente
condizionato, l'omosessuale che scopre i suoi gusti durante la
pubertà (è verso i 13 o 14 anni, come dice Freud, che si sceglie la
propria forma di sessualità), non può non provare, dapprincipio,
una certa paura. Poi, se è intelligente, si ribella. In effetti, la
rivolta è raramente conseguente a questa scoperta. E' piuttosto il
frutto di una presa di coscienza relativamente tardiva (almeno fino a
questi ultimi anni), legata essa pure ad una riflessione sul proprio
destino di omosessuale, in funzione delle esperienze vissute. Nella
maggioranza dei casi, d'altronde, questa rivolta resta latente; si
presenta anche all'individuo come una minaccia, in confronto al suo
bisogno, tanto più forte, d'essere integrato nella società, al
livello del lavoro, per esempio, che ne è rigettato sul piano della
vita privata. Tuttavia presso l'omosessuale “borghese”, sotto
qualsiasi forma si presenti o si possa presentare, incosciente o già
semi-cosciente, questa rivolta cerca sempre di manifestarsi. Infatti
ogni omosessuale prova nel suo più profondo intimo, in un momento
della sua vita, la sensazione che questa si mostri troppo
profondamente ingiusta verso di lui. Si dice pure che tale
ingiustizia è assurda. Ma ben presto scarta dal suo spirito tali
pensieri: nessuno capirebbe. Insomma, il maschio omosessuale è, per
definizione, un ribelle che vuole, poiché vi è costretto, ignorare
o reprimere la sua legittima tendenza alla rivolta. Si può parlare,
in questo caso, di “rivolta prigioniera”. Società, famiglia,
scuola, religione, scienze umane, biologia, e la sua propria
esistenza...tutto lo costringe a negare se stesso. Si immagini un
po': durante l'infanzia più remota ha ricevuto dei messaggi inconsci
da parte dei suoi genitori sull'esistenza di una norma sessuale
universale, e se il ragazzo cerca di trasgredirla, se rifuta di
conformarsi a ciò che ci si attende da lui, è perchè porta in sé
un mostro, un pazzo, uno squilibrato. Beninteso, nessun razzista è
capace di giustificare con ragionamenti validi il suo odio del “Nero”
o dell”Arabo”; altrettanto i genitori, non vogliono precisare ciò
che intendono per normale o anormale. Tutto avviene in una specie di
oscurità: è al livello dell'inconscio che si trasmette, di
generazione in generazione, il sistema dei divieti socio-culturali,
soprattutto quelli riguardanti l'omosessualità.
Quando il fanciullo è diventato
adolescente, poi adulto, trasporta con sé in ogni tempo e luogo
questa condanna secolare dell'omosessualità e di tutto icò che la
civiltà occidentale collega a questo fenomeno (attributi vestiari,
comportamento, intonazioni, gesti un po' manierati, squilibrio
professionale, etc). E' a questo proposito che si può stabilire una
distinzione tra comportamento e struttura omosessuale. Per me le
relazioni omosessuali possono essere determinate, o no, da
un'attrazione preferenziale verso una persona dello stesso sesso,
senza che ci sia una struttura particolare della personalità.
Degli esempi? Gli antichi Greci, certe
tribù indiane d'America, gli Arabi deli anni intorno al
Mille...Nelle società occidentali, per contro (più particolarmente
dalla fine del XVIII^ secolo, e cioè dall'avvento della borghesia,
l'omosessualità si è a poco a poco costituita come un tipo di
struttura specifica della personalità: soprattutto gli uomini (e, in
misura inferiore, le donne) sono stati costretti dalla società e
dalla cultura borghese a conformarsi, nei loro gusti, nel loro
abbigliamento, nel loro comportamento sociale, etc..all'immagine che
ci si faceva degli omosessuali. Poiché l'omosessualità non è
naturale, bisogna obbligare coloro che adottano questo comportamento
sessuale a dimostrare che sono degli anormali, sennò, dove si
andrebbe a finire? Tal'è, grossolanamente riassunto, il ragionamento
della borghesia di fronte a questa minoranza erotica. Sarebbe troppo
lungo e fastidioso analizzare in dettaglio come questa personalità
omosessuale è stata creata poco a poco dagli psichiatri, dai
poliziotti e da altri simili “specialisti”. Ciò che bisogna
sottolineare è che, da una parte la struttura omosessuale (secondo
la psicanalisi essa insorge nella primissima infanzia in funzione dei
rapporti del fanciullo con i suoi genitori ha un'origine storica e
culturale (dunque collettiva e non individuale), e che, d'altra
parte, è imposta all'individuo perfino prima che si scopra
omosessuale. Risultato: interiorizzerà in una sola volta i divieti
contro questa forma di amore e accetterà di modellare la sua
personalità sullo stereotipo riservato all'omosessuale dalla civiltà
occidentale. Tuttavia, in confronto alla società euro-americana, il
comportamento omosessuale può essere tollerato se il soggetto, nella
sua infanzia, si è mostrato inadatto a giocare il ruolo sessuale che
ci si aspetta dal suo sesso.
Ma cerchiamo di intenderci: genitori o
altri rappresentanti di questa società, inconsciamente facilitano
l'orientamento omosessuale di un ragazzo nella misura in cui questo
vive la sua omosessualità nella vergogna, nel senso di colpa o con
la sensazione di commettere un delitto (accettato o no). Per contro,
se l'omosesualità gli appare come una variazione naturale ( e che lo
arricchisce) del comportamento affettivo ed erotico, in questo caso
sarà represso con forza dalla legge e dall'opinione “pubblica”.
Per convincersene è sufficiente ascoltare le persone “evolute”
intorno a noi parlare di un omosessuale. Se costui è infelice
d'altronde del suo stato, la società borghese si volgerà verso di
lui con la compassione delle Suore di Carità. Se commette dei
delitti di diritto comune, si tira un sospiro di sollievo: “tutti i
pederasti sono dei criminali”. Se cerca di integrarsi in questa
società e se è produttivo: “Peccato che sia frocio! Un giovanotto
così abile nel suo lavoro”. Ma se non accetta il ruolo che gli si
vuole attribuire, e non solo osa essere felice, ma perfino se mette
in dubbio la vita così spesso grottesca e ripugnante dei pretesi
“normali”..allora, in questo caso, nessuna tolleranza: è un
cane. Bisogna abbatterlo! E chiamiamo Pétain, De Gaulle e Mirguet
alla riscossa. Flagello sociale! Ecco cos'è l'omosessuale che non
vuole rassegnarsi ad essere ciò che gli altri vogliono che lui
sia...! Come può arrivare, un omosessuale, a ribellarsi? Mi sembra
che lo studio del razzismo, in ciò che realmente consiste, può
permettere di riflettere su se stessi, su ciò che si è conosciuto
e vissuto, rifiutato più o meno di vedere in faccia. Che c'è di più
familiare, per numerosi omosessuali, dei mali che hanno sofferto
Ebrei, Negri o Arabi, a causa delle loro differenze culturali, di
fronte ai Francesi e ad altri Europei? Ma non è tutto! Consideriamo
per un istante il tipo di relazione tra uomini e donne, cioè,che
significa per un uomo (a proposito, cos'è un maschio ?) la
femminilità, e quali sono le sue reazioni se, per caso, si vede
attribuire queste qualità? Un'approfondita riflessione su questo
soggetto permette all'omosessuale di meglio situare ciò che
rappresenta per la civiltà occidentale:vittima di un doppio razzismo
è, nello stesso tempo, e il Negro e la Donna. Dunque, più che
disprezzabile agli occhi della società “normale”. E' a partire
da questa analogia tra omosessualità, femminilità e condizione dei
popoli oppressi del Terzo Mondo che gli è possibile ribellarsi
contro la sua sorte e, con un sol colpo, di scoprire i suoi alleati
“oggettivi”. Come diventare rivoluzionario, a partire dalla
propria omosessualità? Qui s'impone una precisazione: si può essere
omosessuale e partecipare all'ordine stabilito. Si può anche essere
omosessuale e operaio. E' sicuro che i vantaggi dei quali
beneficerebbero gli omosex, a dire dei “normali”, grazie
all'appoggio di quelli tra di loro che son piazzati in alto nella
scala sociale, in realtà sono riservati ad un numero ben ristretto
di persone. Se vi è motivo di parlare di massoneria omosessuale è
solo per quel che riguarda la borghesia. Tuttavia, è anche vero che
ci sono delle eccezioni a questa regola: un banchiere si paga bene,
all'occasione, un figlio d'operai! Se la società sembra mostrarsi
tollerante verso gli omosessuali, sempre secondo i “normali”,
bisogna attribuire questa tolleranza al rango sociale che occupa una
ristretta minoranza nel suo ambito. Da una statistica del Ministero
della Giustizia Francese, su 331 persone condannate per oltraggio al
pudore ( o corruzione di minore) nel 1964, 136 appartenevano alla
classe operaia: 55 erano operai qualificati, 29 specializzati, 48
manovali, 11 minatori e un capomastro. Questa casistica ha il merito
di mostrare bene che il numero dei delinquenti diminuisce in funzione
della posizione sociale. Asssenza rivelatrice: non un solo dirigente
è passato davanti ai tribunali.
GIUSTIZIA BORGHESE, GIUSTIZIA DI
CLASSE: qui come dappertutto. In realtà, la repressione diretta e
ipocrita si abbatte su tutti gli aspetti della società. Più
duramente è sull'omosessuale proletario che sull'alto funzionario.
Ma il sistema di condizionamento è tale che in un settore della
borghesia si preferisce al libero esercizio della propria sessualità
una certa repressione che si chiama controllo di sé e dei propri
desideri, a beneficio del lavoro. Spesso ho sentito con stizza degli
omosex borghesi fare l'elogio della propria professione e
rimproverare gli altri di non imitarli. I loro discorsi riflettono
direttamente la più retrograda ideologia borghese: “non bisogna
cercare il proprio piacere che quando si ha del tempo libero”.
Risultato: questi omosessuali si fanno campioni della repressione
poliziesca più vergognosa (non esagero) per il bene di tutti.
Preconizzano il culto dell'amico: ciò permette all'omosex di pensare
meno al sesso, dunque di lavorare meglio, d'evitare le persecuzioni
poliziesche, etc. Detto in altre parole, giocano il ruolo che la
società attende da loro: forzare l'omosex a integrarsi nel mondo
borghese e capitalista, e per far ciò, rinunciare a tutto o a una
parte di se stesso. E' l'autocastrazone alla spicciolata...E chi è
la vittima? L'omosex borghese. Infatti, il suo modo di vivere è
fondato su di una profonda insoddisfazione: non osa correre dietro ai
ragazzi per non perdere il suo ruolo sociale. Condanna gli omosex che
moltiplicano le avventure, poiché ciò rischia di portarci
indirettamente pregiudizio. Ancora: l'omosex borghese è la prima
vittima della sua classe sociale. Arriva alla fine della propria
esistenza? Se è abbastanza lucido potrà constatare che non ha
realmente vissuto, che ha fatto di tutto per avvelenare i propri
piaceri e quelli degli altri. Se tutti gli omosessuali lo imitassero,
la società francese ( per non menzionare che questa) potrebbe
rinunciare alla repressione poliziesca e giudiziaria degli
omosessuali. Infatti, questi reprimerebbero spontaneamente se stessi,
dunque nessun problema. E' qui che la sorte dell'omosessuale si lega
strettamente a quella del proletariato. Per la società capitalista
l'essenziale è lo sviluppo della produzione (e dei benefici per il
padronato). Per mantenere questo sviluppo è necessario innanzitutto
un certo numero di disoccupati sul mercato del lavoro (così i salari
non aumentano troppo rapidamente). A questo fine l'omosessuale è
molto più represso nel popolo che nella borghesia. Gli operai devono
sposarsi, avere molti figli. Ma se un adulto rinuncia più o meno
alla sua vita erotica e affettiva, avrà tendenza a consacrarsi di
più alle sue occupazioni professionali. Di conseguenza, ciò che la
società capitalista perde da un lato lo guadagna dall'altro: nella
sua professione, l'omosessuale lavorerà più e meglio (e meno caro)
che l'etero, poichè la sua vita privata è ridotta a quasi niente.
Diventa, al limite, una macchina a funzionamento interrotto. Si
vedono quali sono i rapporti tra la repressione degli omosessuali e
dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Gli omosessuali prendono
coscienza di ciò, essi stessi, poco a poco scoprono il vero senso di
riflessioni come questa: gli omosessuali hanno bisogno di maggior
libertà sessuale che noi; ora, poiché non gliela si può dare
(pensate, dunque: dove andrebbe a finire il capitalismo?) bisogna
farli curare. O ancora, variante omosex borghese: fatevi un amico,
uscirete di meno, lavorate molto di più. Disgraziatamente (per la
società) gli omosessuali hanno capito: frenare i propri desideri,
lavorare di più, è perpetuare il capitalismo, impedire che la
borghesia riceva il salario di più di cent'anni di dittatura
confessata o ipocrita sul proletariato, è partecipare a questo
abbietto sfruttamento dell'uomo sull'uomo. E farsi complice del
Maestro, del quale la funzione è negare la nostra originalità.
Oggi, in quasi tutti i paesi “civili” d'Europa o d'America,
migliaia di omosessuali si ribellano, si organizzano, brandiscono la
bandiera della rivolta contro la morale borghese, contro il sistema
socio- economico e politico del “libero occidente”. Che vogliono?
L'annientamento di questo mondo. Nulla di meno. Si calmeranno?
Credete? Quando degli schiavi millenari si ribellano contro i loro
maestri, questi qui rischiano bene di lasciare il loro capitale e la
loro preziosa pelle. Gli omosex sono decisi ad andare fino alla fine
della loro impresa. Che rivenga il sole di Maggio: che incendi tutti
i porcili della borghesia. Che il denaro bruci insieme ai pregiudizi
sessuali. E si muova dietro questa torcia infiammata di dollari, di
sterline, di franchi, attraverso gli applausi dei popoli del Vietnam,
della Palestina, delle meravigliose Pantere Nere, degli Algerini. Che
queste intenzioni facciano ridere i banchieri e i presidenti di
rimbecillite repubbliche: non importa. Noi saremo sempre di quelli
che daranno una mano ai loro nemici?
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