lunedì 11 aprile 2016

Eppure, alla fine, quasi tutti ci siamo tuffati in quel mondo, pur trovandolo alienante, “Sarà questa - ci eravamo incoraggiati – la maniera di essere gay…”.


                     E’ oramai ora che tutti parliamo un po’ di sesso. Ma non per stereotipi che – alla fine – si rivelano solo una fantasia degli etero! Dagli Usa la storica rivista gay The Advocate contribuisce al dibattito con l’intervento di un suo prestigioso collaboratore.

 

                                          di Gabriel Rotello

 

 

    

                       Guardavo i  miei compagni del gruppo seduti in cerchio: erano bianchi, neri, ispanici, asiatici. Alcuni provenivano da famiglie molto tradizionali, altri avevano alle spalle situazioni difficili; gli uni godevano di un certo reddito, altri erano di ceti sociali decisamente bassi. Eppure praticamente tutti noi venivamo descrivendo immagini simili. Ecco: noi ci immaginavamo che saremmo usciti allo scoperto come gay, avremmo trovato un compagno gentile e attraente con cui “metter su famiglia”; così ci saremmo impegnati a costruire una vita soddisfacente in un ambiente gay cooperativo.

                       A quel punto il moderatore ci invitò a descrivere quale cultura sessuale ci eravamo invece trovati di fronte. Sì, molti fra noi avevano scoperto che i bar, le saune e tutti gli altri luoghi di battuage erano eccitanti e ricchi di avventure: addirittura liberatori rispetto alle inibizioni precedenti. Tuttavia praticamente tutti ammettemmo che ciò che ci si presentava aveva distrutto le precedenti “romantiche” aspettative. Ci eravamo trovati di fronte a un sesso competitivo e che non sapeva regalare che gratificazioni passeggere; una scena in cui i più giovani erano trattati come quarti di carne ed i più anziani come fastidiosi rifiuti. Ci si era rivelato un mondo che dava per scontato l’uso di eccitanti e droghe, l’abuso di alcolici. Un mondo dove si era stimati per l’aspetto fisico e non per la lealtà, per le doti individuali, per la comprensione umana. In breve, ci aveva fatto orrore l’idea di dover invecchiare in quell’ambiente. Eppure, alla fine, quasi tutti ci siamo tuffati in quel mondo, pur trovandolo alienante. Sarà  questa - ci eravamo incoraggiati - la maniera di essere gay...".

                       A molti omosessuali l’ambiente gay – pur con tutti i suoi difetti e pericoli – sembra un paradiso se paragonato al deserto etero da cui proveniamo. E tuttavia in esso sono evidenti la competitività e le pressioni che ci condizionano. Si sarebbe indotti a credere che, di fronte a tutto ciò, i gay analizzassero la situazione, ne dibattessero e cercassero in qualche modo di trovare soluzioni per vivere meglio.

Invece no.

                       La nostra supina accettazione dello status quo e delle discriminazioni in chiave sessuale è uno stridente contrasto col modo in cui le lesbiche, agli inizi degli anni Ottanta, hanno messo in discussione la cultura sessuale che avevano assorbito. Le donne hanno saputo opporsi all’etica sessuale dominante nel mondo lesbico, accorgendosi di quanto fosse rigida, conservatrice, monotona e ostile al piacere. Gli omosessuali hanno un bisogno altrettanto urgente di un dibattito sull’etica sessuale. Perché allora non lo facciamo?

Per molti motivi.

                       Il problema delle lesbiche era l’inibizione e l’autorepressione. Trovare soluzioni ai loro problemi significava raggiungere più libertà. Al contrario, i problemi più gravi degli omosessuali maschi sono dovuti al consumismo sessuale e alla sfrenatezza, alla mancanza di limiti. Un dibattito serio ci indurrebbe probabilmente alla soluzione di legare più strettamente il sesso con il sentimento, l’intimità e la spiritualità, valori tutti, questi, che spesso vengono considerati – ahimé – “reazionari”!  Coloro che vogliono che il mondo gay rimanga così com’è tendono a confondere un gay che proponga queste argomentazioni con un omofobo che vuole ripristinare “i valori della famiglia”, anche se  la proposta del gay scaturisce dal desiderio di aiutare sé e gli altri. Questo è, credo, il principale motivo per cui evitiamo di impegnarci nel dibattito.

Ancora.


l'articolo di Rotello ripreso da BABILONIA  1996
                       Ci troviamo a disagio nell’affrontare il problema dell’etica sessuale gay perché ci sembra di criticare coloro che la praticano e di limitare in questo modo la loro libertà. Si teme, nel farlo, di apparire repressi o reazionari. Ma abbiamo motivi molto validi per questa critica; e non intendiamo accusare nessuno; ci sforziamo solo di crescere insieme. Dovrà pur essere possibile aprire un dibattito sul sesso senza apparire sessuofobi! Tale dibattito deve proporsi in prima istanza di valorizzare BIl’atteggiamento positivo e di disponibilità dei gay verso il sesso – non inteso come colpa – incorporandolo però in una concezione più “umana” e globale della vita.

 

                       Non sono pochi i temi urgenti da affrontare: il costo psichico della competitività sessuale fra gay: come la sfrenata valorizzazione della giovinezza si ritorca sia contro gli anziani sia contro gli stessi giovani; il salutismo e la cultura dell’aspetto fisico, che costringono a pompare il corpo e a dedicare infinite energie in questa direzione. Dovremmo esaminare come il modello eterosessuale di rapporti che abbiamo di fronte ci inviluppi  in una emulazione acritica, o – al contrario -  ci induca a sfuggirlo a priori, precludendoci, in un caso e nell’altro, la possibilità di instaurare relazioni affettive a lungo termine. E’ un dato di fatto che i bar e le discoteche incoraggiano l’uso di stimolanti e alcolici e sembrano presupporre un’equazione fra eccesso e sesso.

 

                      Da tutti questi fattori è derivato il fondamentale scacco della politica in favore del sesso sicuro negli anni Novanta.

 

                      Eppure la comunità gay sa dimostrare una sorprendente capacità di altruismo ed empatia profonda con i sofferenti, a livello sociale. E la produzione artistica e culturale degli intellettuali omosessuali è lì ad indicarci come sappiamo essere ricchi di importanti contributi per tutti gli uomini. C’è un profondo divario fra le nostre capacità sociali e il modo in cui gestiamo le nostre esistenze individuali: un po’ come il dottor Jekyll  e mister Hyde.

Forse non basterà parlare per cambiare le cose; però sarebbe bello farlo….

 

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