DARK ROOM, IL DIBATTITO IN ITALIA

WORK IN PROGRESS





 
Gian Marco Chiocci de il Tempo annuncia il dibattito il 28 aprile


 
IL TROVAROMA de la Repubblica  riporta la notizia di quello che si preannuncerà diventare un piccolo evento

 Music Box   TROVAROMA DI REPUBBLICA  6.5.1993 

MIX, REMIX E DARK ROOM…..

…..A PROPOSITO DI SESSO: UNA DELLE ASSOCIAZIONI CULTURALI PIU’ ALL’AVANGUARDIA DELLA CITTA’, IL CIRCOLO  MICHELAGNIOLO (VICOLO DELLA PENITENZA, 46 TEL.68804904)  PROPONE DOMANI SERA ALLE 21.00 UN INCONTRO PIUTTOSTO STIMOLANTE SU DARK ROOM E AIDS. VI PARTECIPERANNO NICHI VENDOLA, CHIARA SIMONELLI, MAURIZIO PALOMBA, MASSIMO CONSOLI, DARIO BELLEZZA, FRANCO GRILLINI E ROSARIA IARDINO.
(Dino D’arcangelo)
 
 
 
 
 
 

DARK-ROOM/AIDS  7 MAGGIO 1993 Circolo Michelagniolo Roma

Intervento di apertura del dibattito

Dottor. Maurizio Palomba Istituto Gay Counseling Roma



il dottor Maurizio Palomba al Circolo Michelagniolo
Su questo delicato tema, di cui già la stampa, qualche tempo fa ha dedicato spazio, noi ci siamo chiesti se era il caso di incontrarci e discutere, confrontarci e riflettere su questo tipo di incontri e sulle possibili relazioni con il contagio di malattie a trasmissione sessuale e in particolare sull’AIDS. In questo tipo d’incontri, che avvengono appunto al buio, si consuma “sesso”, senza alcuna possibilità di valutare, conoscere e prendere delle misure preventive ad eccezione del preservativo. Ma anche quest’ultimo viene spesso “dimenticato” oppure si entra con l’intenzione di non avere rapporti a rischio, ma poi, cosa accade lì dentro? Quali ruoli sessuali si giocano considerando l’anonimità della situazione? Quindi accettiamo che l’individuo ha la completa responsabilità sul suo comportamento; su questo tutto il lavoro che io svolgo è finalizzato a rendere maggiormente consapevole l’individuo del suo comportamento ed eventualmente di tentare il cambiamento. Consapevolezza come dimensione dell’esperienza che avviene nel qui & ora della situazione. Ora se un ragazzo è sieropositivo dovrebbe ben proteggere, e proteggersi, da possibili contagi. Ma tutti coloro che lo sono senza saperlo, o credono di non esserlo, anche senza aver verificato tramite il test, come si comportano in quella circostanza? Ancora altre domande. E’ anche vero che oggi più che mai le varie associazioni gay e non, hanno continuamente fatto opera di prevenzione e di informazione su questo sfortunato argomento, per cui credo che oggi (tutti?) sono a conoscenza sul come comportarsi nelle relazioni sessuali. Ma allora, come spiegare l’esperienza americana che riporta che molti casi di contagio all’HIV si sono verificati in queste circostanze? Stiamo anche noi avvicinandoci, come per altre situazioni, allo stile erotico-fobico degli States?
Questo tema fu dibattuto sin dal 1984, con questioni sul tipo è giusto chiuderle oppure no, e molti leaders del movimento gay erano favorevoli altri no, alcuni erano solo favorevoli rispetto questo periodo storico legato all’AIDS, altri invece ritenevano che non esistono dati scientifici o perlomeno attendibili che portano a credere che questi genere di locali rappresentano un reale pericolo per la comunità, e che le chiusure sono incostituzionali. Come è invece la questione dal punto di vista legale qui in Italia? Possono esserci locali destinati ad uso erotico senza andare incontro a problemi di infrazioni di leggi, sia per il gestore che per il cliente? A Roma, come del resto anche in altre città d’Italia, esistono locali che gestiscono situazioni del genere, sia eterosessuali che gay. Sono queste le domande che mi pongo e che spero oggi trovino un minimo di risposta, e che siano di aiuto alla comunità gay, soprattutto ai giovanissimi che ignari spesso si avvicinano a queste strutture senza un’adeguata conoscenza e senza un’informazione che possa  garantire loro una scelta consapevole e ponderata. Gli estremismi, le prese di posizione, che forse sorgeranno in questo incontro, spero non siano intese come un attentato ai locali commerciali, tanto meno siamo qui per formulare dei monito moralisti e/o perbenisti, né spero questo incontro sia inteso come un rimprovero a coloro che gestiscono liberamente, e spero consapevolmente la loro pulsione erotica, e le relazioni interpersonali.
Noi come associazioni gay romane, invitiamo tutta la cittadinanza e la comunità gay ad intervenire, nella speranza peraltro concreta, di mobilitarsi attraversi quella consapevolezza e quella serietà nei confronti della prevenzione AIDS, di cui è sempre stata sensibile, arrivando finora a diminuire i casi di contagio nella comunità gay stessa ed operandosi nell’aiuto ai compagni malati. Vedi il lavoro del Mario Mieli, l’informazione che Consoli porta avanti da anni su questo tema, l’Arcigay nelle sedi italiane, e infine un grazie al circolo Michelagniolo, che da diverso tempo mi ospita e oggi ci ospita in questa opera di sensibilizzazione.
attentato ai locali commerciali, tanto meno siamo qui per formulare dei monito moralisti e/o perbenisti, né spero questo incontro sia inteso come un rimprovero a coloro che gestiscono liberamente, e spero consapevolmente la loro pulsione erotica, e le relazioni interpersonali. Noi come associazioni gay romane, invitiamo tutta la cittadinanza e la comunità gay ad intervenire, nella speranza peraltro concreta, di mobilitarsi attraversi quella consapevolezza e quella serietà nei confronti della prevenzione AIDS, di cui è sempre stata sensibile, arrivando finora a diminuire i casi di contagio nella comunità gay stessa ed operandosi nell’aiuto ai compagni malati. Vedi il lavoro del Mario Mieli, l’informazione che Consoli porta avanti da anni su questo tema, l’Arcigay nelle sedi italiane, e infine un grazie al circolo Michelagniolo, che da diverso tempo mi ospita e oggi ci ospita in questa opera di sensibilizzazione.
E su questo nostro lavoro la società tutta ce ne deve dare atto
Roma, 18 maggio 1993
Maurizio Palomba
Psicologo, Ist. Gay Counseling
A.S.P.I.C.  Roma
 
 
 
ESCLUSIVA!!!
L'INTERVENTO  DI  MASSIMO CONSOLI  CONSEGNATO ALLA STAMPA IL 12 MAGGIO  1993 E FINORA MAI PUBBLICATO

 
Sulle  DARK ROOMS
 
Massimo Consoli
 
Roma, 12 maggio 1993
 
 
L’esistenza delle dark rooms nella nostra città e nel nostro Paese pone in primo piano alcuni problemi e ci costringe, forse per la prima volta, a riconsiderare il nostro ruolo nel movimento e nella comunità gay.
E’ necessario interrogarsi sulla funzione di un circolo gay, sul suo significato, sulla sua necessità.
Massimo Consoli
Il circolo è uno degli strumenti con i quali un movimento opera all’interno della sua comunità della quale deve stare al servizio, non servirsene. Deve avere una funzione di informazione, di formazione, di educazione.
Per vent’anni abbiamo sognato il giorno in cui non saremmo più stati costretti a frequentare i cessi pubblici, dove la società ci aveva respinti ed emarginati, ed oggi ci troviamo con il cesso assurto a sistema culturale simbolico della nostra comunità.
Invece di pretendere a pieno diritto di far parte della società nel suo insieme e di operare per il riavvicinamento tra gay ed etero dopo secoli di separazioni e di persecuzioni delle quali siamo stati le sole vittime, ci stiamo ghettizzando ogni giorno di più in stanzoni bui dove è impossibile vedere il proprio vicino, dove la comunicazione avviene solo a livello oro-genitale, senza alcuna possibilità di conversazione, senza nessuna voglia di avere alcun tipo di conversazione.
Le dark rooms non sponsorizzano alcuna liberazione sessuale, non rappresentano alcun avanzamento in termini di serenità, felicità, appagamento dell’individuo; sono luoghi dove si fa sesso anonimo e basta.
E questo non sarebbe neanche particolarmente importante, se, purtroppo, non stessimo vivendo i momenti più difficili della nostra storia, della storia della comunità gay italiana, piagata da un’epidemia che, nonostante non faccia neanche più parte della cronaca ma sia ormai diventata storia, sono ancora in molti ad ignorare o a sottovalutare o ad utilizzare per i propri scopi. E, è necessario aggiungere, nonostante la nostra comunità non sia neanche la più colpita.
Il problema della sicurezza in questi locali è stampa ampiamente e lungamente dibattuta altrove, soprattutto negli Stati Uniti. L’Italia manca di una letteratura al proposito visto che nel nostro Paese il fenomeno è molto recente.
I dati in proposito sono indubitabili e ne abbiamo fornito ampia documentazione nel corso del recente incontro al circolo Michelagniolo.  Li riassumiamo per comodità avvertendo che abbiamo raccolto soltanto dichiarazioni, studi e ricerche di medici gay o di dirigenti di organizzazioni gay. Essere di parte, in una situazione del genere, finisce per farci essere più obiettivi!
Già agli inizi degli anni ’80 David Ostrow (direttore della Howard Brown Memorial Clinic di Chicago, diretta ad una utenza gay), parlando della commercializzazione del sesso gay come di un aspetto di un certo stile di vita nel quale prosperano epidemie di malattie veneree, epatiti e disordini enterici afferma che da un punto di vista meramente medico, questi luoghi sono un orribile terreno di coltura per le malattie. Uno studio effettuato a Seattle su gay affetti da shigellosi ha dimostrato che il 69% rimorchiavano i loro partner sessuali in questo tipo di locali.
Uno studio effettuato a Denver ha rivelato che il cliente medio di un sex club, con 2,7 contatti sessuali medi a volta, ha il 33% di possibilità di uscirne con la sifilide o la gonorrea, visto che uno su otto dei presenti ne sono portatori asintomatici. Il New York Gay Men’s Project denuncia che il 30% dei propri pazienti soffrono di parassiti gastrointestinali, tant’è che nelle pubblicazioni scientifiche si comincia a parlare di “Gay Bowel Syndrome” (Sindrome dell’Intestino Gay); questa, dal 1973 al 1980 aumenta dell’8000%(ottomila per cento!) e non certo per caso, ma proprio in seguito alla promiscuità conquistata a prezzo di tante battaglie.
Il Dr. Dan William (direttore medico del New York Gay Men’s Project) si lamenta in un’intervista al mensile gay Christopher Street: “Un effetto della liberazione gay è che il sesso è stato istituzionalizzato e serializzato. Venti anni fa ci saranno stati un migliaio di uomini a notte che facevano sesso nelle saune o nei parchi di New York. Oggi saranno dieci o ventimila…La pletora di opportunità ci mette di fronte ad un problema sanitario che cresce ogni volta che apre un nuovo locale in città”.
Quando Michael Callen (oggi uno dei “long est survivors” con aids), comincia ad apparire in pubblico per parlare della malattia, la Gay Men’ Health Crisis gli consiglia di rispondere “Non lo so”, ogni volta che gli verrà domandato come si è preso l’aids. In realtà, Callen non ha dubbi su come era rimasto contagiato. “Aveva frequentato ogni sex club tra l’East River e l’Oceano Pacifico ed aveva rastrellato tante di quelle malattie venereee e parassitiche da far sembrare la sua cartella clinica simile a quella di un 65 enne nero dell’Africa Equatoriale vivente in condizioni di estremo squallore”. Ma ad un certo momento si ribella. Pensa che “se gli uomini gay vogliono continuare a vivere, devono cominciare a parlare sinceramente della malattia. Diminuire l’attività sessuale…non è sufficiente, lui e Berkowitz (un ex-prostituto) scrivono sul settimanale gay New York Native. Ci vogliono misure più energiche: “Se è vero che frequentare questi posti è una sorta di roulette russa, allora il consiglio dev’essere butta via la pistola, e non giocaci un po’ meno di frequente”.
Bill Kraus, uno dei più importanti leader gay di S. Francisco, si decide dopo molte esitazioni a scrivere una sorta di manifesto, visto che “la retorica del vecchio movimento gay – il movimento di liberazione sessuale – aveva bisogno di una revisione”: “Noi crediamo sia giunta l’ora di dire la verità pura e semplice. Il sesso insicuro ci sta uccidendo. Il sesso insicuro praticato nei sex clubs è particolarmente pericoloso. Quando una terribile malattia ci spiega che noi compriamo la nostra libertà sessuale al prezzo di migliaia delle nostre stesse vite, il rispetto di sé impone che è giunto il momento di dare un taglio  a tutto ciò, fino a quando non si tornerà alla sicurezza di una volta”.
Il manifesto viene sottoscritto da Ron Huberman, vice-presidente dell’Harvey Milk Club, cioè l’organizzazione gay più influente di San Francisco e da Cleve Jones, militante gay storico e organizzazione della Fondazione per l’Educazione e la Ricerca sul Sarcoma di Kàposi.
Dario Bellezza con Massimo Consoli al Circolo Michelagniolo
Selma Dritz, assistent director of the Bureau of Communicable Disease Control presso il Dipartimento della Salute Pubblica di S.F., “non ha dubbi sul ruolo che le saune avevano nel diffondere l’epidemia. Andare in un luogo del genere non era come rimorchiare qualcuno in un bar o in un giardino pubblico…addirittura, nei parchi il tempo non sempre era favorevole e i cespugli non provvedevano l’ambiente migliore per il rapporto anale, il comportamento sessuale a maggior rischio”, che invece era il preferito nei luoghi chiusi.
Virtualmente ogni studio sulle malattie trasmesse sessualmente ha dimostrato per anni che i maschi gay che li frequentavano avevano molte più possibilità degli altri di essere infettati da qualsiasi malattia venerea fosse nell’aria, che si trattasse di gonorrea, sifilide, epatite B o aids.
Alla fine di febbraio del 1984, anche i medici della Aids Clinic di San Francisco decidono di prendere posizione per la chiusura dei sex clubs, insieme ad “una coalizione di medici, uomini d’affari e tutti gay”. Larry Littlejohn, uno dei primi ad aprire un sex club in San Francisco, personaggio enormemente popolare all’interno della comunità gay californiana, per controllare se era vero quello che i proprietari di questi locali andavano strepitando sulla “sicurezza”, il “sesso sicuro” ed i “controlli”, prende la decisione di controllare di persona. Ci mette parecchi giorni, ma alla fine del suo giro di ricognizione è stravolto e decide di assumersi in prima persona l’impegno a richiedere un referendum popolare per chiudere tutti i sex clubs della sua città!
Il 9 ottobre 1984, dopo un lunghissimo periodo nel quale non era riuscito a prendere una decisione coraggiosa, il direttore del Dipartimento della Salute Pubblica di S.F., Dr. Mervin Silverman convoca una conferenza stampa. Comincia affermando che le saune sono una sorta di salotto dove giocare alla roulette russa”. “Può essere legale farlo a casa, ma non si può aprire un business e far pagare cinque dollari a cranio per far provare a scopo di lucro come si fa la roulette russa…Non fate errori: questi locali non sponsorizzano la liberazione gay. Questi locali sponsorizzano malattia e morte”.
Nel febbraio dell’85, Michael Callen interviene sul VIllage Voice per raccontare come, quando faceva parte del New York State Aids Advisory Council, certi politici gay avevano ostacolato i suoi tentativi di discutere la chiusura delle saune al consiglio di Stato. Nel maggio dell’85 Bill Kraus va a Parigi, dove scopre che si stava creando una situazione simile a quella dei sex clubs americani ormai chiusi, in numerosi bar con dark rooms. Gli amici francesi parlano contro i tentativi fascisti di chiudere quei locali, contro la demonizzazione del sesso e Kraus  - si sentì sopraffatto da un senso di dçjà vu. Aveva voglia di mettersi a urlare: “Per Dio, non fate anche voi gli stessi errori che abbiamo fatto noi”.
E’ importante ricordare che, prima ancora dell’inizio dell’epidemia, una sola persona aveva alzato la sua voce contro i sex clubs: Larry Kramer.
Kramer era una figura anomala all’interno della comunità gay di New York. Famoso sceneggiatore, qualche anno prima aveva vinto una nomination all’Oscar per aver scritto e prodotto un film basato su “Women in Love” di D.H. Lawrence, ed un Academy Award per la sua prima attrice, Glenda Jackson.
Larry Kramer
 
Kramer aveva prodotto  altri film, ma un suo libro, “Faggots”, gli aveva attirato gli odi e le antipatie di quasi tutti gli amici perché, con una straordinaria capacità profetica, con anni di anticipo si era scagliato contro la subcultura gay basata sul sesso vissuto come davanti ad una catena di montaggio. “Per quale cazzo di motivo”, aveva scritto, “i froci devono scopare così tanto?” E’ come se non avessimo nient’altro da fare se non vivere nel nostro ghetto e ballare e drogarci e scopare..C’è un mondo intero là fuori, che è tanto loro quanto nostro…Io mi sono stufato di essere un finocchio da New York a Fire Island, mi sono stufato di usare il mio corpo come un qualcosa senza volto per attrarre un altro qualcosa altrettanto senza volto…Voglio amare una Persona!...Nessuna relazione al mondo potrebbe sopravvivere alla merda con cui la copriamo”. Bisogna cambiare, insiste Kramer, facendo dire ad uno dei suoi personaggi, “bisogna cambiare prima che vi inculiate da soli fino alla morte”.
Nessuno aveva parlato così chiaro, prima dell’aids, e nessuno parlerà altrettanto chiaro, quando l’epidemia sarà già scoppiata.
“E’ difficile aiutare chi non vuole essere aiutato”. A casa sua avvenne la creazione di un nuovo organismo che aveva lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca su quello che allora tutti chiamavano “cancro gay”, per assistere le persone ammalate, per sollecitare i politici ad intervenire in questa situazione di crisi che colpiva la comunità. E per riassumere quanto più possibile le loro intenzioni in una sigla, la chiamarono “GMHC”, cioè Gay Men’s Health Crisis” (Crisi Sanitaria degli Uomini Gay”).
Più di recente, Kramer ha scritto e prodotto “Normal Heart”, il suo testo teatrale più politicizzato dove concede poco ai “buoni sentimenti” e bada al sodo attaccando subito il Sindaco di New York, Edward Koch, per aver fatto poco contro l’aids, il presidente Reagan per non aver fatto niente, il   “New York Times” per non  aver fornito la giusta copertura giornalistica ad un fatto che sembrava troppo “gay”, le istituzioni sanitarie del suo paese per non aver capito cosa stesse succedendo e la stessa comunità gay di New York per aver  continuato a suicidarsi allegramente quando ormai era ben chiaro che c’era qualcosa che andava cambiato nei suoi usi e costumi. Il protagonista, poco prima di morire, lancia un’accusa: “Non c’è una sola parola buona che può esser detta anche per una sola persona, in tutto questo casino”. Ed è veramente il pensiero di Kramer.
E per capire meglio il personaggio, bisogna ricordare che è sempre lui ad aver fondato “Act Up”, l’organizzazione radicale che ha completamente cambiato il modo di far politica dei gay americani e, soprattutto, il loro approccio all’aids.
Tre settimane fa, tutti abbiamo visto la manifestazione che a Washington ha radunato un milione di gay, ed anche se nessuno dei TG lo ha specificato, l’unico oratore ripreso era proprio lui, Larry Kramer, oggi il personaggio più importante di tutta la comunità gay americana. Quello che per primo si è battuto contro i sex clubs e che continua a combatterli. Perché, nonostante tutto quello che si dice e si può dire in proposito, ancora oggi all’interno delle dark rooms non c’è alcuna garanzia di sesso sicuro, di uso dei preservativi, di pratiche non a rischio. Al contrario, visto che abbiamo occhi e orecchie, sappiamo con assoluta certezza che sono in molti ad infischiarsene delle precauzioni.

Ed a confermarlo viene l’inchiesta apparsa proprio questa settimana sull’”Espresso”, che racconta come, nei sex clubs di New York, il preservativo obbligatorio per legge viene gettato in un cestino non appena varcata la soglia…
Tutti noi abbiamo sentito parlare di Gaétan Dugas, lo steward delle linee aeree canadesi al centro di una mappa epidemiologica che veniva quotidianamente aggiornata e che proprio per questo suo trovarsi ad una sorta di punto di partenza di tutto, venne ribattezzato “paziente zero” dagli scienziati del CDC di Atlanta (ed anche perché, secondo uno studio statistico compiuto allo scopo di controllare se la sua responsabilità fosse dovuta a semplice coincidenza, ad un accumularsi di circostanze imprevedibili e fortunose, questa possibilità risultò ridotta a zero).
Visto che su un elenco di 2448 persone con aids almeno 40 (un sesto!) avevano avuto rapporti sessuali direttamente con lui o indirettamente attraverso suoi partners, i medici gli consigliarono di andarci piano con le avventure sessuali nei sex clubs che amava frequentare, poiché c’era il sospetto che la sua malattia fosse trasmissibile. Inutilmente. Anzi, cominciò a evitare i luoghi troppo illuminati come i bar e certe discoteche dove le macchie che ormai gli ricoprivano tutto il corpo potevano destare preoccupazione, e prese a frequentare le saune che con la complicità del buio gli permettevano di avere rapporti perfettamente anonimi.
In qualche occasione, disperato per il male che lo stava divorando dentro e fuori, dopo uno dei fugaci incontri erotici nella sauna di San Francisco “Eighth and Howard bathhouse”, sembra che abbia sussurrato al proprio partner mostrandogli le lesioni del corpo: “Ho il cancro gay. Io ne morirò, ma morirai anche tu”.
Almeno una volta, nel dicembre dell’82, venne minacciato da un tale che lo afferrò per un braccio urlandogli: “Ti conosco e so quello che stai facendo. E’meglio per te se te ne vai da San Francisco”. I volontari che rispondevano al centralino della Kaposi Sarcoma Foundation ricevettero per un lungo periodo chiamate di gay incazzati. Protestavano tutti contro la presenza nelle saune della città di un giovanotto biondo, dagli occhi azzurri e con l’accento francese, che fotteva al buio con chiunque gli diceva di sì e poi, accendendo lentamente la luce, mostrava le lesioni che gli deturpavano il corpo. Più tardi, alla stessa “hot line” giunsero numerose telefonate che annunciavano la creazione di un gruppo di gay ancora più incazzati che avevano deciso di buttarlo fuori della città con la violenza.
Il suo pensiero lo espresse in numerose occasioni. Alla dottoressa Selma Dritz che gli diceva a brutto muso che non doveva più andare nelle saune, rispondeva urlando: “Non sono cazzi vostri! Io ho il diritto di fare quello che voglio con il mio corpo!”.

Fra i partecipanti al dibattito, Saverio Aversa
“Lei non ha il diritto di andare in giro ad infettare la gente!, insisteva il medico. Sono loro ad avere il problema di doversi proteggere. Lo sanno cosa sta succedendo. Hanno sentito che c’è questa malattia in giro! Se l’ho presa io”, continuava il canadese sempre più irato, “se la possono prendere anche loro!”.
Fu grazie a personaggi come lui che le autorità decisero la chiusura delle saune in numerose città; i leader ed i business gay si dichiararono contrari ma la stragrande maggioranza della comunità fu d’accordo sul provvedimento. Molti, comunque, puntualizzarono che non erano i bagni turchi a diffondere l’epidemia, ma il comportamento di pochi incoscienti assassini che in un luogo del genere trovavano l’ambiente ideale per prendersi le loro vendette contro le vittime più facili.
Gaetàn Dugas non ha una tomba dove riposare in pace. L’odio dei gay americani verdo di lui è talmente forte ancora oggi, per i danni irreparabili causati dal suo comportamento, che il corpo venne cremato a Québec City, vicino al cimitero di St.Charles, e le ceneri consegnate alla madre adottiva, Lorette Perry Dugas. Qualche vendicatore avrebbe potuto profanare la tomba.
Dario Bellezza, Massimo Consoli, Maurizio Palomba
 e Chiara Simonelli
al Circolo Michelagniolo
 
Ora,  facendoci portavoce delle istanze che salgono a noi dalla base più consapevole della comunità gay, e spinti da una forte tensione morale che ci viene dal profondo amore nutrito per i nostri fratelli e sorelle, invitiamo i gestori di dark rooms (sia etero che gay) di deciderne volontariamente la chiusura adibendo i locali ad altre funzioni associative e ricreative intraprendendo, in loro sostituzione, un’approfondita opera di educazione sessuale e, come purtroppo spesso si dimentica, anche sentimentale.
Del resto, quando ci si accorge di aver sbagliato non c’è niente di male ad ammetterlo. Noi abbiamo smesso con “Rome Gay News” perché ci eravano accorti, al di là delle nostre intenzioni e nonostante il giornale andasse più che bene, che stavamo lentamente scivolando nella pornografia e nel suggerire ai lettori la frequentazione di posti che erano tutto meno che raccomandabili. Non  abbiamo niente contro le foto di ragazzi nudi (ci mancherebbe altro!), ma “Rome Gay News” è nato come organo di informazione per la comunità della capitale e non come rivista porno patinata. Quando ci siamo accorti che ci stava sfuggendo di mano, ci siamo fermati di colpo e oggi, dopo aver ricevuto centinaia e centinaia e centinaia di proteste da parte dei lettori che ne sentono la mancanza, torneremo a pubblicare “Rome Gay News” completamente rinnovato e di nuovo aderente agli ideali iniziali. Anzi, una delle nostre prime iniziative sarà proprio un sondaggio all’interno della comunità per valutare con maggior rigore scientifico l’ampiezza e le motivazioni del rifiuto delle dark rooms.
 
MASSIMO CONSOLI



Dario Bellezza e Massimo Consoli al Circolo Michelagniolo
. L'INTERVENTO DI DARIO BELLEZZA... BREVE  MA MOLTO INCISIVO
"Non sono mai andato in questi locali con dark room.

Ho sempre vissuto la mia omosessualità liberamente alla luce del sole e non in maniera

così  ghettizzante.

Sono posti per omosessuali repressi.
 
Poi, con quello che sta' succedendo con l'aids, trovo criminale il comportamento dei gestori che

per fare soldi mettono a repentaglio la vita della gente.
 
Bisognerebbe andare lì e manifestargli contro con i cartelli"

 Dario Bellezza


  L'INTERVENTO DELLA SESSUOLOGA CHIARA SIMONELLI COSI' SINTETIZZATO  E

  PUBBLICATO SUL MENSILE LIBERAL  NEL 1995
 


la Prof.ssa Chiara Simonelli al Circolo Michelagniolo
Come ricercatrice e come presidente della Società italiana di sessuologia scientifica sento di dover precisare la mia posizione in merito alle dark rooms.

Senza moralismi che non aiutano a capire il fenomeno in questione e nel rispetto di opinioni differenti è comunque doveroso sottolineare che:

1.     Sia gli eterosessuali che gli omosessuali si espongono in tali situazioni a sollecitazioni autodistruttive sul piano della salute. I resoconti delle persone, infatti, testimoniano lo scarso o addirittura inesistente utilizzo del profilattico.

2.     Esiste anche un altro tipo di rischio che riguarda gli aspetti più intimi ed emotivi di una persona. Se l’erotismo, completamente scisso da altri elementi esistenziali, viene incoraggiato e soddisfatto grazie alla depersonalizzazione del contesto, quanto sarà possibile viverlo con intensità e soddisfazione in contesti più integrati? L’esperienza di alcune persone ci fa riflettere a questo proposito. Calo del desiderio, disfunzioni sessuali diverse e depressioni più o meno accentuate sono comparsi dopo un’esperienza protratta di sesso nelle dark rooms.

Sottolineando quanto precedentemente affermato e cioè che non si debbano prendere misure repressive e moralistiche, è indubbio che non debbano assolutamente essere trascurate le variabili che possono evocare in noi e negli altri sofferenze del tutto evitabili.

CHIARA SIMONELLI  Roma




                       L'INTERVENTO DEL SOTTOSCRITTO E' IN FASE DI PREPARAZIONE

 

                        LE REAZIONI AL DIBATTITO








 

La Capitale del degrado ci regala la nuova moda degli anni '90. E' in voga fra i gay (e non solo)

SESSO AL BUIO, ECCO LA MAPPA CHE SCOTTA

Saune, club privè e dark room perfino vicino al comando dei carabinieri di via in Selci

Capitare non troppo per caso in un festino per soli uomini in cerca di uomini soli, può non essere il massimo per chi omosessuale non è.ma fingere d'esserlo a fini professionali (altrimenti irrag iungibili se ti qualifichi come giornalista) riserva piccanti sorprese su ciò che questa degradata città offre a chi è perennemente a caccia di erotiche follie, trasgressioni di gruppo, emozioni forti, fortissime, mai sentite neanche ai tempi bui di naya profonda.

E così un venerdi di qualche settimana fa, ci siamo nell'ex cinema di via Porta Castello, a due passi dalla basilica di S,Pietro, stretti stretti con gli afiocionados gay del circolo Muccassassina che dalle parti della toilette si danno appuntamento per incredibili convention sessuali, senza preoccuparsi comunque, di chiudere la porta. Al posticino ci siamo arrivati grazie ai suggerimenti letti su Spartacus, rivistone patinato che in copertina t'offre settimanalmente maschoni muscolosi in monokini panterato. Sfogli il giornale e alal rubrica "saune" ti accorgi che Roma offre club troppo, ma troppo privè per essere pubblici. Confort, massima discrezione..." e altre diavolerie, tutte da sperimentare in Via Persio. A sentire un ragazzo che ci diventa subito amico presentandoci all'ingresso per l'incombenza del tesserino, il 99% dei clienti viene qui per fare sesso selvaggio nei camerini relax: ti chiudi dentro e fai quello che vuoi. La storia è la stessa a due passi dal Carcere di Rebibbia. Entri, paghi e se vuoi, consumi con chi ti pare e soprattutto piace. Roba di gay che quasi mai usano il preservativo. Ma anche gli eterosessuali, hanno la loro casa chiusa aperta giorno e notte. E' sull'Anagnina, in un villino anonimo che tutti conoscono. Dopo la chiusura del noto ritrovo a Campo de Fiori, se vuoi scambiare la moglie con quella di un altro, devi tirar fuori dalle 50 alle 100 mila lire. Ti rassicurano su tutto,, compreso ciò che è ampiamente fuorilegge perchè al limite del cosiddetto atto osceno in luogo pubblico. Se ami amare al buio, spegnere la abat-jour e immaginare un partner che purtroppo non c'è, allora prova le dark room. In America hanno fatto furore e qualche migliaio di morti d'Aids. Qui da noi, si moltiplicano col moltiplicarsi delle richieste. Nelle stanzette senza lampadine, si fa del sesso selvaggio senza chiedersi neanche nome e cognome. Una su tutti. L'Apeiron di via Quattro Cantoni, traversa di via Cavour, zona Stazione Termini. Entri con facilità, sulla destra c'è un bar poi due-tre ambientini che ve li raccomandiamo. Il primo è leggermente illuminato da un filmetto porno senza trama e basso volume. E' l'anticamera, il riscaldamento obbligatorio per ciò che viene accanto, in quella camera oscura dove non si vede niente ma si sente di tutto. Ah, dimenticavamo: il club Hangar. Si muore di caldo, non c'è uscita di sicurezza ma è sempre pieno. Il segreto c'è ed è in fondo al localino posizionato in via in Selci, la stessa strada che ospita il Reparto Operativo dei carabinieri. Un gay americano, romano d'adozione, ci ha giurato che il rischio vale la candela. Spiacenti, ma non possiamo darvi alcuna conferma.



Ti credo che Massimo Consoli ce l'ha con le dark room è vittima delle sue frustrazioni perchè da 5 anni non fa l'amore. Non ragiona più..ora che finalmente abbiamo raggiunto una certa emancipazione, vuole metterci i bastoni fra le ruote perchè non trova nessuno.. La levata di scudi a difesa delle "stanze buie" nella Capitale, l'altra sera è arrivata da un giovane omosessuale che nel bel mezzo del gigantesco happening sui ritrovi "hard" per soli gay organizzato da Antonio Di Giacomo del Circolo Michelangiolo (presenti anche il poeta Dario Bellezza, Maurizio Palomba, la sessuologa Chiara Simonetti) se ne è uscito con offese personali nei confronti di chi, omosex come lui, aveva condannato un certo modo di fare e sfruttare l'atto omosessuale fregandosene del preservativo e quindi dell'aids. Dai complimenti non proprio carini si è passati presto alla resa dei conti sfiorando le vie di fatto. Non fra in contendenti ma fra due scuole di pensiero: da una parte quella di Consoli, fondatore e padre spirituale dell'organizzazione Rome Gay News, sostenitore dell'assoluta necessità di chiudere con tali sistemi "sorpassati anche a Frisco"e nella "Grande Mela". Dall'altra tutti coloro che,in un modo o nell'altro, vedono in questi ritrovi segreti, un'occasione per rompere la ghettizzazione. "Bisogna educare – ha detto Consoli, rivolgendosi ai fans del circolo Mauro Mieli – voi siete un circolo e per questo dovete combattere l'ignoranza. Non tutti gli omosessuali sono istruiti, dovete dare una corretta informazione. E così invece, spesso non avviene. La comunità gay è tutta con me, il movimento no. E lo sapete perchè? Il motivo è semplice: ci sono molti interessi sotto, girano troppi soldi e non c'è quella sicurezza necessaria che occorre in tempi in cui l'aids galoppa a ritmo vertiginoso. E' provato da studi e statistiche che quete stanze buie portano alla morte...GMCHIOCCI IL TEMPO 9.5.93



 



A: MASSIMO CONSOLI

DA: HANGAR

RE : TEMPO  GM CHIOCCI

11.05.1993



 L'Hangar ha servito la comunità gay locale ed internazionale per quasi dieci anni, (un posto)dove tutti i tipi di persone possono socializzare in un 'atmosfera confortevole e di benessere. Noi non avremmo mai immaginato di aver voluto un bar del tipo che effettivamente gestiamo, ma poi, non avremmo mai immaginato di essere accusati di essere il tipo di locale che noi certamente NON siamo. Certamente non potremo restare in silenzio più a lungo, con il nostro silenzio noi daremmo il nostro consenso alla follia di altri nel loro obiettivo di far soldi e a tutte le vite spese dei nostri fratelli e sorelle infettati da questa piaga. In America la comunità gay, sotto la guida di Larry Kramer – Act Up – e altri, hanno cambiato la mentalità all'interno della comunità stessa  per ciò che riguarda il sesso, a tutto beneficio di loro stessi. Noi siamo orgogliosi che tu Massimo, stai diventando la voce di Roma. Talvolta dimentichiamo l'importanza di una singola voce e l'enorme cambiamento che essa può provocare nella nostra vita. L'Hangar ti è solidale in questa importante battaglia
 



INVITO

Per opporsi alla sempre più consistente ondata di demonizzazione sessuofobica che sta colpendo i luoghi di aggregazione omosessuale il Circolo di Cultura Omosessuale "Mario Mieli" indice

MERCOLEDI 12 MAGGIO ORE 12,00

SALA GRUPPO CONSILIARE ANTIPROIBIZIONISTA DEL COMUNE DI ROMA
VIA DEL TRITONE, 82 (TERZO PIANO)
UNA CONFERENZA STAMPA DAL TITOLO
"IL CIRCOLO DI CULTURA OMOSESSUALE MARIO MIELI, LE DARK ROOM E L'AIDS"

La preghiamo caldamente di partecipare per portare il Suo contributo ad un dibattito più che urgente. Contiamo su una Sua conferma o, nell'impossibilità di essere presente, sollecitiamo una dichiarazione scritta da leggere alla stampa.
Distinti saluti.
Per il circolo
Deborah Di Cave 
11.5.1993
fax inviato l'11.5.93 ore 12,36


http://www.radioradicale.it/scheda/54610/54676-il-circolo-di-cultura-omosessuale-mario-mieli-le-dark-room-e-laids-organizzata-dal-circolo-di-cultura

POLEMICHE FRA GAY SULLE DARK ROOMS


ANSA ROMA 12 MAG – UNA STRUMENTALIZZAZIONE COMMERCIALE E FINTAMENTE ETICA HA SPINTO IL POETA DARIO BELLEZZA E MASSIMO CONSOLI DELLA “GAY HOUSE OMPO'S, EDITRICE DEL PERIODICO ROME GAY NEWS, A SCHIERARSI CONTRO LE DARK ROOMS CIOE' LE CAMERE OSCURE DOVE GLI OMOSESSUALI HANNO RAPPORTI SESSUALI OCCASIONALI. LO HANNO SOSTENUTO I RAPPRESENTANTI DEL CIRCOLO OMOSESSUALE MARIO MIELI E L'EX CONSIGLIERE COMUNALE DELEGATO AI PROBLEMI DELL'AIDS, LUIGI CERINA (ANTIPROIBIZIONISTA), STAMANE IN UN INCONTRO CON I GIORNALISTI. “E' FALSO CHE QUESTO TIPO DI RITROVI – HANNO DETTO – ALIMENTI IL RISCHIO DI CONTAGIO DA AIDS, VISTO CHE ALL'ENTRATA VENGONO CONSEGNATI I PRESERVATIVI. “IL VERO MOTIVO – HANNO SPIEGATO – E' CHE IL LOCALE MICHELAGNIOLO, DOVE SI E' SVOLTA LA CONFERENZA STAMPA, NON E' RIUSCITO AD ENTRARE NEL GIRO DEI LOCALI GAY E RISCHIA LA CHIUSURA PERCHE' GLI OMOSESSUALI VOGLIONO LOCALI VIVI E NON POSTI DOVE REGNA LA NOIA”. IMMEDIATA LA REPLICA DI CONSOLI: L'ACCUSA E' BANALE, SONO ANDATO TRE QUATTRO VOLTE AL LOCALE MICHELAGNIOLO PERCHE' MI HANNO INVITATO. IL PROBLEMA E' CHE LE DARK ROOMS NON SPONSORIZZANO ALCUNA LIBERALIZZAZIONE SESSUALE, NON RAPPRESENTANO ALCUN AVANZAMENTO IN TERMINI DI SERENITA' ED APPAGAMENTO DELL'INDIVIDUO, SONO LUOGHI DOVE SI FA SESSO ANONIMO E DI DIFFONDE LA MORTE”  SONO CONTENTO E FIERO CHE DI ME SI DICA – HA AGGIUNTO CONSOLI – CHE SONO LA COSCIENZA MORALA DELLA COMUNITA' GAY”


POLEMICHE FRA GAY PER LE DARK ROOM    ANSA (2)


12 MAGGIO 93


A ROMA LE DARK ROOMS SONO AL MASSIMO TRE – HA PRECISATO VANNI PICCOLO DEL CIRCOLO MARIO MIELI – LA CAPITALE E' IL FANALINO DI CODA TRA LE CITTA' ITALIANE, PERCHE' NONOSTANTE VI SIA LA PIU' GRANDE COMUNITA' OMOSESSUALE, LA CULTURA CATTOLICA HA IMPEDITO LO SVILUPPO DI QUESTI LOCALI. ANDREA PINI, ANCORA DEL MARIO MIELI, HA AGGIUNTO “LA QUESTIONE NON RIGUARDA I LUOGHI, MA LA SCELTA INDIVIDUALE SULL'USO DEL PRESERVATIVO”. PER I RAPPRESENTANTI DEL CIRCOLO DELL'APEIRON E DELLE TERME DI ROMA LE CAMERE OSCURE SONO UNA ALTERNATIVA ALLA STRADA E UN TENTATIVO DI RISPOSTA AGLI OMICIDI AVVENUTI NELLA CAPITALE ED E' PER QUESTO CHE, HANNO AGGIUNTO, DEBBONO ESSERE APERTE ANCHE IN ALTRI LOCALI. IL CIRCOLO MARIO MIELI, CHE DA DIECI ANNI SI OCCUPA DI PREVENZIONE DELL'AIDS E DISTRIBUISCE, NEI LOCALI E NEI LUOGHI DI RITROVO DEGLI OMOSESSUALI OPUSCOLI INFORMATIVI E PRESERVATIVI, IL 19 MAGGIO ORGANIZZERA' UNA SERATA ALLA DISCOTECA “L'ALIBI” DAL TITOLO  SESSO SICURO. CHI SECONDO  CERINA “NON HA MAI FATTO ALCUNA INIZIATIVA DI PREVENZIONE DELL'AIDS E' PROPRIO CONSOLI, UN PARANOICO PERICOLOSO”. DAL CANTO SUO CONSOLI INVITA I GESTORI DI DARK ROOM A DECIDERE VOLONTARIAMENTE LA CHIUSURA ADIBENDO I LOCALI AD ALTRE FUNZIONI ASSOCIATIVE E RICREATIVE INTRAPRENDENDO, IN LORO SOSTITUZIONE, UN'APPROFONDITA OPERA DI EDUCAZIONE SESSUALE, E COME PURTROPPO SPESSO SI DIMENTICA, ANCHE SENTIMENTALE 

 

CORRIERE DELLA SERA  13 MAGGIO 1993


Discoteche hard sotto accusa


IL FASCINO OSCURO DELLE DARK ROOMS: I GAY SI DIVIDONO
 

di Roberto  Della Rovere

 

 

 Le chiamano dark rooms. Sono stanzette nel retro delle discoteche riservate agli incontri veloci, e stanno diventando pomo della discordia tra gay. A dark (scuro) gli anglosassoni, con una punta di humour, preferiscono il termine back (posteriore). A Roma, nei locali “specializzati”, stanno prendendo piede solo ora, ed è subito scontro.

 

 

 
Una polemica tardiva: In Inghilterra e negli Stati Uniti dove sono nate, le back rooms son già in forte ribasso. Vittima della paura dell'aids. Chiuderle anche a Roma? “Questi luoghi sono  un orribile  terreno di coltura delle malattie”, avverte Massimo Consoli della Gay House Ompo's, spalleggiato dallo scrittore Dario Bellezza. “E' falso che questo tipo di ritrovi aumenti il rischio di contagio. Per di più all'entrata vengono consegnati preservativi”, ribattono al circolo omosessuale Mario Mieli, sostenuti da Luigi Cerina, antiproibizionista, ex consigliere comunale delegato ai problemi dell'aids, “Inoltre – aggiungono – ci si limita al petting. Meglio che tra i cespugli. Ma lo scontro si appesantisce e volano parole pesanti. “La repressione fa male sia a chi fa sesso sia a chi non lo fa, che rischia di diventare un cappone” tuona Vanni Piccolo del Mario Mieli “E poi – sibila – non accettiamo attacchi disonesti, fatti per strumentalizzazione commerciale da persone frustrate da fallimenti letterari e politici.” Secca dall'Ompo's la replica, via fax, di Massimo Consoli: Mai preso una lira, noi. Abbiamo invece sognato il giorno in cui non saremmo stati costretti a nasconderci nei cessi pubblici, ed oggi ci troviamo con il cesso assurto a sistema cultura e simbolico della nostra comunità”.
 







 

 
 
 
 
 

GOFFREDO LIPPI  
COFONDATORE DI NUOVA PROPOSTA, 
INTERVENUTO AL DIBATTITO, SCRIVE A BABILONIA


 
Cari componenti  la redazione di “Babilonia”, vi raggiungo con queste righe perchè credo sia importante che veniate a conoscenza di un evento avvenuto in Roma qualche giorno fa, e che riguarda direttamente il nostro vissuto di gay. Cercherò di riportare i fatti, senza fare commenti. Penso che sia necessario che come operatori dell'informazione veniate a conoscenza dell'evento, in quanto riguarda un fatto di costume che si va diffondendo anche qui a Roma e che offre l'occasione a commenti sullo stile di vita dei gay. Per chi si sente impegnato nel movimento di liberazione dei gay italiani, sa che ci sono diversi modi di perseguire questo scopo, sa che sono possibili diverse interpretazioni del concetto di liberazione. E' questo è pur un bene, almeno a livello razionale, cercare la verità attraverso il filtro di tante oggettività diverse. Ebbene, il giorno 7 maggio scorso, presso il Circolo Michelagniolo, si è svolto un dibattito piuttosto animato, riguardo alle dark-rooms, ltima scoperta del mondo gay romano; qui a Roma, come sono sicuro che già sappiate, soffriamo di un certo “provincialismo” per quanto riguarda luoghi e iniziative siffatte. E infatti l'apertura presso alcuni locali romani di dark-rooms, ha sortito un successo senza precedenti dal punto di vista economico, che misura certamente il “bisogno” che c'era di tali iniziative. Come ho già scritto, la liberazione dei gay ha strade tortuose e contraddittorie, almeno apparentemente, e ritengo sia legittimo poter aprire uno spazio di dibattito sull'argomento. Ora, questa iniziativa si è trasformata in una occasione di spaccatura che rischia  di acquistare toni grotteschi, con allusioni e accostamenti di bassa lega. Il rappresentante del Circolo Mario Mieli, istituzione sicuramente benemerita per la capitale, si è rivolto a Massimo Consoli e a Dario Bellezza, due dei relatori, con frasi gravemente provocatorie, e la cosa poteva anche essere accettabile nella dialettica dell'incontro, ma platealmente volgari e diffamanti, e così anche nei riguardi di Antonio Di Giacomo che gestisce il locale che ha ospitato l'iniziativa e che aveva promosso l'incontro. Dopo aver sparato con tutti i cannoni a disposizione, ha pensato bene di andarsene, assieme anche alla gentile signora, peraltro eterosessuale, che gestisce “l'Apeiron”, altro locale che ha aperto recentemente una dark room. La tesi che si sarebbe voluta dibattere durante l'incontro, era la possibilità che tali locali dove i gay si incontrano liberamente, possano essere occasioni di diffusione dell'AIDS.

Il problema è veramente troppo grande per essere liquidato con una “sparata” come quella descritta e con una conferenza stampa, che ès tata poi organizzata dal “fronte del sì” il 12 maggio, con la partecipazione persino di Luigi Cerina, in veste di padrone di casa, esseendosi questa tenuta nel suo ufficio. Come sapete, Luigi Cerina, ex assessore capitolino, era stato recentemente delegato dal Sindaco di Roma, a curare i problemi degli omosessuali della capitale, con particolare attenzione a quelli relativi all'AIDS. Questo signore, tout court, si è schierato per la non contagiosità delle dark-rooms, anzi, pare che al buio, senza vedere nulla, passi addirittura la liberazione sessuale e politica dei gay.  All'incontro mancavano sia Franco Grillini che Nichi Vendola, pur invitati, ambedue giustificatisi per tempo. Grave carenza questa, perchè la presenza dei nostri due politici, avrebbe potuto dare un taglio più chiaro alal discussione, o quantomeno avrebbero potuto moderare adeguatamente l'incontro. Non sappiamo perciò cosa ne pensino loro del problema in parola.


All'incontro presso l'ufficio del signor Cerina, è seguito un comunicato dell'agenzia di stampa ANSA, che dava notizia di quanto avvenuto. La cosa che trovo veramente triste, è che in quell'occasione si sia voluto minimizzare il problema sollevato attorno alle dark rooms riducendolo ad un pretesto di tipo commerciale. Il comunicato, riportando le parole dei rappresentanti del Mieli e del Sig. Cerina, riporta testualmente:” Il vero motivo (dell'opposizione alle dark) è che il locale Michelagniolo, dove si è svolta la conferenza stampa (del giorno 7), non è riuscito ad entrare nel giro dei locali gay e rischia la chiusura”. Ridurre il problema ad una banalizzazione economica, è veramente superficiale e ridicolo e non posso trattenere lo stupore quando certe associazioni provengono da persone impegnate e di sicura intelligenza come i soprannominati. La cos mi riempe di dolore per la banalità della motivazione. Se possiamo discutere, ed è legittimo, che nelle dark-rooms ci possa o meno essere il rischio di contagio, non è possibile liquidare il problema adducendo motivazioni di così basso livello dialettico. Mi sento legittimato a poter pensare che se interessi economici ci siano, possano essere dalla loro parte vista la reazione così plateale e pretestuosa! Vorrei che quello che ho scritto non fosse vero, altrimenti cosa resterebbe del movimento gay romano, dove il Circolo Mario Mieli ha sicuramente un ruolo storico e preponderante, e proprio per questo motivo, con delle responsabilità molto precise verso non solo i suoi associati, ma verso tutti coloro che si riconoscono nello sforzo di “uscire fuori”, di acquistare per se stessi una dignità e per chi ci seguità, un mondo migliore? E poi, non è possibile che l'incontro dialettico venga ridotto, pena l'essere tacciati di autoritarismo, ad una occasione per denigrare una iniziativa, come quella di Antonio Di Giacomo col suo Michelagniolo, che comunque fa una azione di tipo politico nel mondo gay romano, oltre che di sostentamento personale. Non credo sia giusto stroncare una idea di opposizione, con le parole che sono state usate, riducendola e minimizzandola a una “guerra commerciale”. Il Michelagniolo è l'unico locale romano che ha da sempre avuto coraggio di offrire ai suoi avventori, oltre che da bere, anche un ideale coraggioso e serio di impegno. Al Michelagniolo, ci si trova per stare insieme alla luce per discutere e fare, per ricercare il modo più vero possibile di costruire la propria dimensione di gay in questa società. Forse per questo versa in difficoltà economiche, rischiando la chiusura. Nel comunicato dell'ANSA si parla di “locali vivi cercati dagli omosessuali, e non quelli dove regna la noia”. Questa affermazione, fatta dai signori più volte citati, è degna di una ulteriore riflessione. Quali sarebbero i locali vivi dove non regna la noia? Quelli che fanno passare per liberante un rapporto al buio, o quelli dove l'ostentazione di se stessi e di un comportamento il più trasgressivo possibile sono motivo di maggiore interesse? Chi si prenderà la responsabilità di scelte del genere verso la società italiana, visto che parliamo  tanto di essere accettati e integrati per quello che siamo, e soprattutto verso i più giovani del nostro gruppo sociale, verso coloro che scoprono la loro diversità ora?
E intanto i nostri politici sono latitanti.


Credo che arrivati a questo punto sia necessario fare un discernimento tra interessi economici e necessità politico-sociali all'interno del nostro movimento. Non possiamo lasciare che anni di lavoro vengano ridotti ad invettive che non possono che attirare su di noi il ridicolo di coloro che ci guardano. Credo che al nostro interno sia più che legittimo che si parli della pericolosità delle dark-rooms e si traggano conclusioni e conseguenze riguardo a  questo argomento come per qualunque altro ci interessi. Ma quello che non capisco, sono certe reazioni sconsiderate, le assenze anche se giustificate, le alleanze tra un circolo come il Mario Mieli e un locale come l'Apeiron, peraltro gestito da una signora che nulla ha a che fare con la condizione omosessuale.




Questa che ho scritto, è una riflessione a posteriori di tutto un gran polverone sollevatosi in questa prima metà di maggio a Roma, che è sempre più bella di fioriture e di colori primaverili. Vuole essere una riflessione critica, non occasione di ulteriori disastri verbali, una riflesisone rivolta ai componenti della comunitò gay nazionale e romana in particolare. Spero di non essere tacciato di presunzione.




Cordialissimi saluti



Goffredo Lippi
 
L'Espresso  dedica addirittura la copertina affrontando lo stesso argomento dibattuto al Michelagniolo una settimana prima. Babilonia e il Mario Mieli, forse perché l'Espresso, a differenza de il Tempo, è notoriamente di sinistra, nelle loro cronache faziose, non ne faranno minimamente cenno.

AIDS? CHI SE NE FREGA


 Espresso   n.19  del 16 maggio  1993

L'amore senza preservativo. E' l'ultima pazzia dei giovani americani. Una sfida al virus. Lo fanno gay ed etero. In locali pubblici e privati. Spesso col primo partner che capita



di Sandra Cecchi da New York


Costa quanto una pizza e un cinema. Ovvero 25 dollari. Sì, con poco più di 35 mila lire a New York si può fare sesso: singolo o di gruppo, e senza alcuna precauzione. Sfidare l'aids e infischiarsene degli appelli che da anni, come un tormentone, assillano gli americani, è l'ultima frontiera delle notti a luci rosse nella metropoli americana. I kamikaze del sesso, come sono stati ribattezzati, detestano il preservativo. Guardano con noia Liz Taylor che pubblicizza il condom sulla copertina di “Vanity Fair”. Ridono dei corsi di Safe sex, di sesso sicuro, nelle scuole. Eppure, sanno bene che nell'ultimo anno, solo a New York, i casi di aids sono aumentati del 18 per cento, che 56 milioni di americani, ossia uno su cinque, sono affetti da malattie veneree come la gonorrea e l'herpes. E che il tasso d'infezione è destinato a salire. Lo sanno, ma se ne fregano. Fare sesso, per loro, vuol dire rischiare: altrimenti non c'è piacere. Giocare alla roulette russa del sesso è l'ultima follia giovanile di quest'America di fine millennio. Al punto che in texas, a San Antonio, alcune minorenni tra i 14 e i 15 anni), pur di entrare a far parte di una delle più grosse bande giovanili della loro città, hanno accettato una “prova di iniziazione” che consisteva nell'avere rapporti sessuali con alcuni capibanda sieropositivi.

A New York gli indirizzi dei “paradisi di sesso e di morte”, i locali notturni dove si consuma di tutto, fellatio e sodomie comprese, e sotto gli occhi di tutti, si trovano su giornali come il “Village Voice”, “Screw magazine” o “H-X”, la bibbia dei gay newyorkesi.

Formalmente, questi ritrovi hanno le carte in regola: cartelli ben in vista sulle pareti ricordano ai clienti di fare sesso sicuro e “in conformità con le norme dello Stato di New York”. Ma poi, in realtà nessuno usa il preservativo. E le pratiche preferite (sesso anale e orale) sono quelle che la legge definisce “illegali” in quanto ad alto rischio di trasmissione Aids”.

Secondo il Dipartimento della salute, a New York ci sono almeno 50 sex-club, due terzi dei quali riservati ai gay, dove si pratica sesso non protetto. Senza contare le decine di cinema porno (famoso lo Show Palace, all'incrocio tra l'Ottav, Avenue e la 43esima strada) dove molti habbituè, più che la sala, frequentano le stanzette riservate ai piani superiori. E che dire delle saune! Negli anni 80 furono oggetto di una caccia alle streghe, in quanto luogo di diffusione dell'aids e, pertanto, chiuse. Ora riaprono. A Manhattan, l'East side club sulla 56esima strada e il Maiden Iane a Wall Street, sono sempre gremiti. Offrire sesso “unsafe” è diventato anche un nuovo business. Prendiamo Le Trapèze, locale per scambio di coppie sulla 27esima strada, considerato l'erede del Plato's Retreat, trittico locale degli anni Settanta per “incontri liberi”. Ebbene: nell'85, dopo la morte per aids dell'attore Rock Hudson, stava per chiudere. Oggi ha 750 soci onorari e la sua clientela aumenta al ritmo del 30 per cento all'anno. E' lo “swing club” più famoso di Manhattan, segnalato perfino dal “New York Times”. L'entrata, rigorosamente riservata alle coppie, costa 90 dollari e comprende: orgia, massaggi erotici, un buffet di pessima qualità, consumato tra un amplesso e l'altro; il bagno in una jacuzzi stile Antica Roma; e, in omaggio alle leggi, un preservativo che, appena varcata la soglia, i clienti gettano in un cestino.

Nell'ampia sala a pianterreno e nelle stanze al piano superiore, corpi nudi sono impegnati in giochi a due, tre, quattro, su materassi di gomma piuma. In posizione verticale, le stessa acrobazie sessuali si fanno nei corridoi. In media si cambiano due o tre partner a sera. Chiedere di usare un condom è ritenuto un'offesa. Dice il proprietario del locale “Gli eterosessuali ritengono di non essere così esposti all'Aids, come tutti avevano fatto loro credere. E allora non si curano di usare tante precauzioni nel fare l'amore con persone diverse”. “I pazzi ci sono sempre stati”, commenta John Hepshat dell'associazione People with aids: “Ma il loro numero sta aumentando vertiginosamente. Gli eterosessuali si credono immuni. Dicono: “Se non ho preso l'aids finora, non lo prenderò più”. Come se la malattia fosse stata sconfitta, debellata, roba da Medioevo, Intendiamoci: nessuno criminalizza questa riscoperta del sesso. Ma va fatta con le dovute precauzioni e protezioni”. All'Executive suite di Queens, altro locale riservato allo scambio delle coppie, i prezzi sono modici (25 dollari in due) e la clientela è giovane. Qui operano delle professioniste del sesso, che hanno il compito di riscaldare l'ambiente. E politica dei prezzi bassi (35 dollari) anche al Phoenix social club, locale privato a due passi da Wall Street, che ha inventato la formula della “discoteca più sesso”: il biglietto garantisce alla coppia sesso e rock2n'roll. Il preservativo? E' lasciato alla buona volontà dei clienti. Ma le mete preferite dai kamikaze del sesso sono soprattutto i party privati. In primo luogo perchè l'ambiente è più discreto. Gli indirizzi non sono alla portata di tutti: per esempio, bisogna saper leggere tra le righe degli annunci del “Village Voice”. Poi, è necessaria la prenotazione, proprio come nel migliori ristoranti. A differenza di questi ultimi, però, i party privati non sono cari: costano 60 dollari e si svolgono in orari da Cenerentola: iniziano alle 7 del pomeriggio e terminano intorno alla mezzanotte.

Di queste feste a base di eros ce ne ono per tutti i gusti. E' sufficiente chiamare il numero prescelto, e la segreteria telefonica informa dettagliatamente sulle “specialità della casa”: mercoledì, scambio di coppie, giovedi serata dedicata ai feticisti, venerdi solo gay; sabato, riservato ai sado maso; domenica, amore di gruppo. La formula è sempre la stessa: cibo, pornovideo e ore di anonimo “unsafe sex”, sesso non sicuro. Che questa tendenza sia in continuo aumento se ne è accorto anche il “Wall Street Journal”, analizzando i conti delle due più importanti ditte americane che producono preservativi: la Carter Wallace Inc. e la Schmid Laboratories. Risultato: la vendita di condom nell'ultimo anno è diminuita del 4 per cento. A confermare questi dati è poi arrivato un sondaggio dell'autorevole “Journal of Science”: solo il 17 per cento degli intervistati ha ammesso di usare regolarmente il preservativo. Non solo. Dall'inchiesta è emerso che più di è sessualmente attivi, più si rifiuta il condom. Questo è vero, per esempio, per gli omosessuali nonostante che i gay, in America, rappresentano una delle categorie più colpite dall'Aids. Ma a vedere quel che accade nelle stanze riservate di certe discoteche, non si direbbe che la paura del terribile contagio li attanagli. Prendiamo una sera al Limelight, la famosa discoteca di Chesea sulla Ventesima strada, una chiesa sconsacrata. In una stanza, mentre in un angolo, nella penombra, si sta svolgendo un'orgia di soli maschi, dove si pratica sessso orale e anale praticamente con chi capita, senza neanche guardarsi, in faccia, nel bel mezzo, una dolla chiusa a cerchio osserva un ragazzo piegato in avanti, le mani sulle ginocchia, che si concede a tre persone diverse. Scene come queste si ripetono ogni mercoledi di sera nelle notti di “hot sex” organizzate dal promoter più famoso nel settore, Marc Berkley. All'entrata della “blackroom” c'è un cartello che ordina: “Safe sex only”; qualcun, con un pennarello ha aggiunto una “u” e una “n”, ossia, “unsafe only”.

D'altra parte, sono proprio i locali dove i manager chiudono un occhio sull'uso del profilattico quelli che non conoscono cali di clientela. Il club Usa di Times Square deve la sua fortuna anche alle notti della domenica, quando la discoteca viene invasa dai gay e la “blackroom” si riempe come un uovo. E non è certo un caso che la festa newyorkese più riuscita sia il Black party che si svolge ogni anno e marzo, nella discoteca Roseland. Settemila persone, in stragrande maggioranza uomini, vestite di pelle nera stile sado-maso, per tutta la notte ballano e fanno sesso “ senza rete” nei corridoi, nei bagni, perfino in pista. Come se non bastasse, giovani muscolosi si esibiscono in “fist fucking”, vale a dire penetrazioni con la mano chiusa a pugno. Certo, i gestori di questi locali sono nel mirino dell'america puritana. Ma loro si difendono: “ Che cosa dovremmo fare, inseguire tutti i clienti fin dentro le toillettes e verificare che prima di fare sesso si siano messi il preservativo?”. Già, che fare? La città di New York ha avuto un'idea: mandiamo la polizia. Agenti speciali che controllino, manganello alla mano, che venga regolarmente usato il preservativo. E la proposta ora viene raccontata come se fosse una barzelletta.

intanto esce il nuovo libro di Massimo Consoli  KILLER AIDS  in cui si parla ampiamente delle  dark-room


 


 
" l' Aids e' una malattia di destra, ecco gli esempi "
    
Corriere della Sera

la provocazione

" l' Aids e' una malattia di destra, ecco gli esempi "

parola di Massimo Consoli

  ROMA . "L' Aids e' una malattia di destra", parola di Massimo Consoli, figura storica del movimento omosessuale italiano e direttore del periodico "Rome Gay News", che nel suo ultimo libro, "Killer Aids" (Kaos Edizioni), in uscita in questi giorni, elenca a riprova una serie di vittime della "peste del secolo": "Il loro numero . sostiene Consoli . sorpassa e di gran lunga le vittime della sinistra". Ed ecco i nomi: si va dal fondatore del neonazismo tedesco a Roy Cohn, collaboratore di Mc Carthy durante il periodo della "caccia alle streghe", dall' esponente repubblicano statunitense Stewart Mckinney a Leonard Matlovic, medaglia d' oro in Vietnam. Sono solo alcune delle duecento biografie di cui si compone il libro, una sorta di storia dell' aids attraverso le sue vittime piu' famose o significative. Romano, 47 anni, fra gli animatori del progetto per creare una lista gay nella capitale per le amministrative del ' 94, Consoli dispone di un immenso archivio sulla sindrome da immunodeficienza acquisita, una valanga di documenti, dati e informazioni puntualmente riportata nel volume. In "Killer Aids" Consoli ripercorre la storia della terribile malattia, indicandone le tappe piu' significative secondo un ordine cronologico rigoroso, attraverso la vita (e la morte) delle vittime del morbo. "Prima della morte di Ronnie Weigart erano solo sospetti; dopo la sua morte diventarono certezze: molti tra gli affetti da Aids si suicidano o trovano amici disposti a praticargli l' eutanasia": e' il drammatico inizio del libro. Il volume dedica ad ogni singolo personaggio un capitolo in cui se ne racconta la vicenda: dal "paziente zero", Gae' tan Dugas morto nel 1984, fino a Rudolf Nureyev, il grande ballerino russo scomparso nel gennaio scorso. Duecento biografie, duecento storie drammatiche, per sensibilizzare l' opinione pubblica mondiale sull' emergenza. "Ho scritto questo libro . spiega l' autore . perche' la gente, purtroppo, non e' abbastanza consapevole della gravita' del male. Molti pensano che il problema riguardi solo gli omosessuali, non e' cosi' : l' Aids puo' colpire chiunque". All' inizio dell' anno, dopo che a Roma furono uccisi diversi omosessuali, Consoli "detto' " tra l' altro una sorta di decalogo sul comportamento da tenere per evitare di correre pericoli.


Pagina 13
(2 giugno 1993) - Corriere della Sera





BABILONIA GIUGNO 1993

CASTA ROMA                        

Locali gay e Aids

Con un articolo pubblicato sul quotidiano il Tempo, si è aperta la caccia grossa contro i locali gay di Roma. La capitale italiana spicca in questo momento per la fioritura di locali gay, che stanno riscuotendo un successo clamoroso. La cosa ha dato fastidio a qualcuno, che però guarda caso non è il Papa, bensì i gruppi gay gelosi dell'eccessivo successo di pubblico di questi locali. L'offensiva è iniziata con una conferenza stampa-dibattito sulle dark room il 7 maggio, nel cui invito leggiamo: "l'esperienza americana riporta che molti casi di contagio all'Hiv si sono verificati nelle dark room. A Roma, come del resto anche in altre città d'Italia, esistono locali che gestiscono situazioni del genere(...) Noi come associazioni gay romane, invitiamo la comunità gay e non ad intervenire (…) per diminuire i casi di contagio. L'augurio delle sedicenti associazioni romane Gay House, Arcigay Pegaso, Circolo Michelagniolo) è stato accolto immediatamente da un giornalista del Tempo, che ha provveduto a fare il giro dei locali incriminati. Apeiron, Muccassassina, Terme di Roma, Hangar. Il tono dell'articolo, era moralistico-sfottente: squallore, turpitudine. Aids eccetera. Come ciliegina, un'intervista a Massimo Consoli, sedicente guru gay, che confermava non si possono più tenere aperti questi postacci gay, nel Duemila, con l'aids che imperversa.

Immediato il risultato: il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo i vicini di casa di uno dei locali hanno chiesto la chiusura del locale perchè "certe frequentazioni abbassano il valore degli immobili", e la questura ha convocato il proprietario. Suggeriamo a Consoli e soci la recinzione di Monte Caprino e della Stazione Termini con filo spinato e torrette con mitragliatrici, a meno che riescano a dimostrare che gli atti sessuali che avvengono al di fuori delle dark room sono tutti safe. La prevenzione dell'Aids è un discorso di coscienza e responsabilità, non di luoghi più o meno protetti. L'iniziativa di Muccassassina, che fornisce preservativi e materiale informativo ai clienti, ci pare la sola strada sensata, e la sola che non puzzi di faida fra locali per strappare qualche cliente.



 


 
 


ROME GAY NEWS A 1000 LIRE, PERCHE'

23 GIUGNO 1993

 

Perchè la politica che abbiamo sempre perseguito è una politica di approccio reale a quelli che sono i problemi reali della nostra comunità: problemi di discriminazione, di emarginazione, di solitudine, di mancanza di affetti...

E questi problemi vanno risolti operando all'interno del tessuto sociale, con una rivoluzione morale che parta innanzitutto dalla nostra stessa comunità, per poi allargarsi alla famiglia, alla società, allo Stato.

E questo scopo non verrà mai raggiunto rivolgendosi alla propria base con una rivista patinata da 10.000 o, peggio, da 40.000 lire(!), predicando la rivoluzione con i titoli in corpo 48, e in realtà cercando di aumentare il dividendo della propria quota sociale.

Così abbiamo la sensazione che qualcuno ci stia prendendo per il culo, perchè ci sta bene chi fa un discorso commerciale dicendo che fa un discorso commerciale (ed ha tutto il nostro rispetto per questo), ma non ci sta affatto bene chi fa i soldi per se dicendo che lo fa per il bene degli altri. Certa gente sfrutta l'omosessualità in maniera vergognosa, inventandosi circoli culturali che in realtà sono delle vere e proprie industrie, delle miniere d'oro (per loro), dove la tessera costa 20.000 lire e va continuamente rinnovata, e per il biglietto d'ingresso si pagano 10.000 o 20.000 lire a botta, e per le consumanzioni 10.000 o giù di lì!

E non si può neanche protestare, visto che il gay che li frequenta è vittima di una feroce repressione psicologica, prima ancora che sociale e, di conseguenza, non trova il coraggio di ribellarsi, di reagire. Lo stesso coraggio che gli dovrebbe venire proprio dall'appartenenza a quel circolo omosessuale. Il povero gay che finisce stritolato in questo ingranaggio non può neanche protestare, poiché gli sfruttatori fanno proprio affidamento sulla sua paura di uscire allo scoperto con una pubblica denuncia.

E sono gli stessi sfruttatori che stanno cercando di allargare i loro  tentacoli come una piovra, sugli altri locali della città.

Il 28 giugno del 1969 fu proprio per reagire ad una situazione mafiosa del genere che i gay di Christopher Street insorsero all'interno del bar Stonewall. Le monetine gettate con disprezzo contro la polizia metropolitana di Manhattan non furono che la reazione all'ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso già colmo della pazienza dei newyorchesi costretti, in mancanza di alternative valide, a frequentare i locali gestiti dalla mafia, come li voleva la mafia, ai prezzi stabiliti dalla mafia.

L'Italia ancora non ha avuto il suo Stonewall contro la mafia siciliana o la 'ndrangheta calabrese che si è infiltrata come un cancro all'interno della nostra comunità. Contro la prepotenza di certi gay che la fanno da padroni minacciando, insultando, diffamando. Non è il caso di cominciare, anche noi, a fare un po' di pulizia al nostro interno contro i traditori della loro stessa gente avvantaggiati da alleanze politiche che ne hanno permessa l'esistenza ed il malo operare attraverso un profluvio di finanziamenti pubblici concessi a pioggia, senza alcun tipo di controllo che non fosse la convenienza partitica?

Quanti calci al culo dovrai prendere ancora prima di deciderti a reagire ed a liberarti dei parassiti che si arricchiscono sulle tue spalle, sulla tua repressione?


Massimo Consoli




comunicato stampa di consoli
 
MICHELAGNIOLO
Il 28 giugno alle ore 19.00, presentazione italiana del libro di Massimo Consoli KILLER AIDS
Storia dell'epidemia attraverso le sue vittime
Kaos edizioni lire 28.000 
Presentano il libro Dario Bellezza e Giancarlo Angeloni
dell'Unità
                                                                                                                   Il libro è già stato presentato lo scorso 10 giugno a Berlino nel corso della IX^ Conferenza Internazionale sull'Aids.
 










MEDINEWS

Periodico di informazione professionali diretto da Massimo Marotta

SPECIALE BERLINO

10 GIUGNO 1993

 

CRONACHE DI UN’EPIDEMIA
 

 Qualcuno ha detto che con questo libro Massimo Consoli ha inventato un nuovo stile. In effetti, scrivendo una storia dell’epidemia attraverso coloro che ne sono state vittime è un procedimento insolito. Circa duecento sono le biografie, disposte in ordine cronologico secondo le date di morte. Alcune corrono per molte pagine, altre si esauriscono in poche righe, a seconda della notorietà del personaggio e, soprattutto, dell’importanza assunta dopo essersi infettato o, in qualche caso, della fama raggiunta proprio con la morte. E qui viene da ricordare Fausto Avoglio, sconosciuto tossicodipendente che, per essere “il primo detenuto a Roma ucciso dalle peste del 2000”, scatenerà una lunga discussione sull’Aids all’interno delle carceri italiane che porterà a vari tentativi di regolamentazione giuridica.

Ma viene anche da ricordare Rock Hudson, che dette al problema la risonanza mondiale che è servita a scuotere le coscienze e a mettere in moto quel tipo di solidarietà necessaria ad una malattia di così vaste implicazioni umane, sociali e morali. E, ancora viene da ricordare Paul Popham, tra i fondatori della Gay Men’Health Crises di New York che, in poco tempo è diventata la più autorevole organizzazione al mondo impegnata nell’assistenza e nell’informazione sul fronte dell’Aids. Il libro di Consoli è uno strumento di lavoro prezioso e necessario ad ogni medico, ricercatore, giornalista o studioso che si occupa di Aids: non si può prescindere dalle sue sintetiche ricostruzioni di conferenze, fatti, avvenimenti, biografie che ha scritto tenendo presente ancor più chi userà il suo saggio come reference book nel proprio lavoro, che chi lo leggerà come documento del nostro tempo (E’ del resto, nel suo stile “mettersi a disposizione”. Non dimentichiamo che Consoli ha costruito un archivio imponente di materiali sull’Aids la cui consultazione è inevitabile per chi voglia approfondire l’argomento).

Alcune curiosità.

-         I più colpiti dall’Aids sono stati, fino ad oggi, personaggi del mondo della danza e della moda.

-         Le vittime di destra sorpassano (e di gran lunga) le vittime della sinistra. Michael Kuehnem (fondatore del neonazismo tedesco), Lord Stewart McKinney (Repubblicano USA), Roy Cohn (collaboratore di McCarthy durante la “caccia alle streghe” degli anni Cinquanta), Leonard Matlovich (medaglia d’oro nel Vietnam)..

-         Non è più possibile, dopo questo saggio, continuare ad ignorare la responsabilità delle saune e delle dark rooms nella diffusione dell’epidemia (con la complicità degli stewards delle compagnie aeree..) e, prima ancora, degli autisti di camion sulle lunghe piste africane…

 

 

 


 

alcuni brani tratti da Killer Aids

1981

5 giugno

 

I rapporti tra i ricercatori del Cdc e i gay americani erano stati buoni fin da quando avevano collaborato per trovare un vaccino per l’epatite; si era rilevato come alcune patologie fossero particolarmente diffuse tra la comunità gay: non soltanto la stessa epatite, ma anche i “parassiti intestinali”, chiamati “Gay Bowel Sindrome” (“Sindrome dell’Intestino Gay”) ­– una patologia che in un decennio, nella sola San Francisco, aveva registrato un indice di crescita dell’8000 per cento..In tutta evidenza, la diffusione di queste malattie era connessa allo “stile di vita” proprio di una parte della comunità gay, con epicentro nelle dark room (definite da uno dei fondatori dell’associazione “Medici Gay”, il dottor David Ostrow, “un orribile terreno di coltura per le malattie”). Inizialmente ritenute emblematiche della libertà sessuale conquistata dopo decenni di lotte, in seguito le dark rooms si sono rivelate un’arma a doppio taglio contro la stessa comunità gay, al punto che il dottor Mervyn Silverman (direttore del Dipartimento sanitario di San Francisco) dichiarerà:” Non fate errori…Questi locali non promuovono la libertà gay, promuovono soltanto malattia e morte”.

 
Maria Ridolfi, Dario Bellezza, Massimo Consoli e Giancarlo Angeloni
 

1984                      

30 marzo   Gaetan Dugas

Nel 1981 Gaetan DUgas aveva letto su un giornale di Toronto la notizia del primi 26 gay con sarcoma di Kaposi, e aveva deciso di farsi ricoverare in una clinica di New York –era stato destinato al Centro Medico dell’Università, dove la dottoressa Launbenstein stava seguendo la malattia insieme al dottor Alvin Friedman – Kien…I medici lo avevano messo in relazione con i casi che già stavano studiando e gli avevano suggerito di evitare di avere rapporti sessuali. All’epoca, Dugas sosteneva di avere oltre 200 partner diversi all’anno, da circa dieci anni e quando il 18 giugno dell’82 il “Morbidity and Mortality Weekly Report” (il bollettino che il Cdc di Atlanta utilizzava per far conoscere il progredire e la letalità delle malattie infettive) aveva pubblicato un elenco di 248 persone colpite da quella nuova e misteriosa infezione, era risultato subito evidente che almeno 40 di esse avevano avuto rapporti sessuali sia direttamente con Gaetan Dugas che indirettamente, attraverso suoi ex-partner, in dieci differenti città. Lo steward canadese era al centro di una mappa che veniva quotidianamente aggiornata, e proprio per questo suo “ruolo centrale” verrà ribattezzato “paziente zero” dagli scienziati  del Cdc…I ricercatori di Atlanta avevano rinnovato a Dugas il loro invito all’astinenza ma inutilmente. Lui evitava i luoghi troppo illuminati, come i bar e certe discoteche, dove le macchie che oramai gli ricoprivano tutto il corpo potevano suscitare allarme, e frequentavano le saune, dove con la complicità del buio poteva avere rapporti sessuali anonimi….alla dottoressa Selma Dritz che gli proibiva di frequentare le saune, lui rispondeva urlando: “Non sono cazzi vostri! Io con il mio corpo ho il diritto di fare quello che voglio!, “Lei non ha il diritto di andare in giro a infettare la gente!”, insisteva il medico; “Sono loro ad avere il problema di doversi proteggere! Lo sanno cosa sta succedendo. Hanno sentito che c’è questa malattia in giro! Se l’ho presa io, che  se la prendano anche loro”. Finchè le autorità avevano deciso la chiusura delle saune in numerose città americane – i leader e i “business gay” si erano detti contrari al provvedimento, ma la stragrande maggioranza della comunità gay era d’accordo. Dugas era in aperta malafede. Se con i medici non poteva che abbozzare, si rifaceva comunque in altre occasioni. A uno dei primi incontri sull’aids tenuto a Toronto, il 12 marzo del 1983, aveva partecipato personalmente prendendo la parola: “Dicono che questa sindrome si può diffondere attraverso il sesso…C’è qualche studio che lo possa provare? E come vi permettete di fare un’affermazione del genere quando neanche sapete cos’è che la provoca?” Dugas aveva avuto quattro attacchi di polmonite Pneumocisti Carinii – un record, se si considera che quasi nessuno riesce a superarla per più di due volte. Morirà quattro giorni dopo …Gaetan Dugas non ha una tomba dove riposare in pace – l’odio dei gay americani nei suoi confronti lo ha impedito: il suo corpo è stato cremato a Quebec City, vicino al cimitero di St. Charles, e le sue ceneri sono state consegnate alla madre adottiva, Lorette Perry Dugas.

 1987                                                                    
Dario Bellezza, Massimo Consoli e Giancarlo Angeloni
 
                                                               
7 maggio Paul Popham

Il 29 luglio del 1981, lo scrittore Larry Kramer si era recato in visita al dottor Alvin Friedman-Kien (uno dei primissimi medici a occuparsi del sarcoma di Kaposi): era turbato da quanto aveva letto sul “New York Times” in merito a quel nuovo, misterioso cancro, e voleva saperne di più. Kramer era una figura anomala all’interno della comunità gay di New York: famoso sceneggiatore ( qualche anno prima aveva avuto una nomination all’Oscar per aver scritto e prodotto il film tratto da Donne innamorate, Glenda Jackson), un suo libro, Faggots, gli era costato l’avversione di quasi tutti gli amici perché, con lucido coraggio, si era scagliato contro la “subcultura gay”, basata sul sessismo quale nevrosi “consumistica” – “Per quale cazzo di motivo”, aveva scritto, “i froci devono scopare così tanto?” E’ come se no avessimo nient’altro da fare che vivere nel nostro ghetto e ballare e drogarci e scopare…C’è un mondo intero là fuori, che è tanto loro quanto nostro…Io mi sono stufato di essere un finocchio da New York a Fire Island, mi sono stufato di usare il mio corpo come un qualcosa senza volto per attrarre un altro qualcosa altrettanto senza volto”. Voglio amare una Persona!...Nessuna relazione al mondo potrebbe sopravvivere alla merda con cui la copriamo” – occorreva cambiare, insisteva Kramer, facendo dire a uno dei suoi personaggi: “Bisogna cambiare prima che vi inculiate da soli fino alla morte”. Nessuno aveva parlato così chiaro, prima dell’Aids, e nessuno parlerà altrettanto chiaro quando l’epidemia sarà già scoppiata…..

Giugno  Nathan Fain

Tra i fondatori della Gay Men’s Health Crisis, editore e giornalista, il quarantacinquenne  Nathan Fain muore di aids. Era stato direttore  delle pubblicazioni edite della Gmbc; in particolare, a lui si doveva la pubblicazione dei primi opuscoli di consigli sull’aids – poi ripresi, tradotti, adattati in tutto il mondo e in tutte le lingue.Fain aveva anche curato una delle prime rubriche fisse sull’argomento – sul periodico gay Advocate e le sue note informative pubblicate dal “Village Voice” era seguite e analizzate da tutti i mass media…Tuttavia anche Nais era caduto in errore – come quando aveva scritto: “ Non esistono prove che almeno uno dei 37775 casi di aids denunciati dal Cdc abbia a che vedere con la trasmissione sessuale”, dissentendo pubblicamente dalla ragionevole richiesta di alcuni leader del movimento gay affinché venissero chiuse le saune- secondo Fain, essi con tale richiesta “criminalizzavano la loro stessa gente”.
 
Consoli, fuori dal Michelagniolo, attorniato dai giornalisti
 
1988

22 giugno Leonard Matlovich

“Mi hanno dato una medaglia per aver ammazzato due uomini, e mi hanno cacciato dall’esercito per averne amato uno”: era la personale epigrafe scelta da Matlovich nel marzo precedente la sua morte, quando l’aids lo stava rapidamente consumando…nato il 6 luglio del 1943..a 19 anni aveva seguito suo padre nell’Air Force…decorato per tre volte..nel 1975 era stato improvvisamente congedato dall’esercito dopo che aveva confidato la propria omosessualità a un suo superiore..incoraggiato dall’attivista per i diritti civili gay e presidente della Mattachine Society Frank Kameny, Matlovich aveva deciso di “rivelarsi” sfidando il discriminante tabù  dell’esercito USA. Politicamente , Leonard Matlovich era un conservatore..presentandosi nelle liste del partito repubblicano. Più tardi, la psicosi dell’aids che colpiva gli Stati Uniti lo aveva indotto a chiudere la pizzeria che aveva aperto a Guerneville in California. Aveva poi partecipato alla campagna promossa da numerosi gruppi gay affinché venissero chiuse le saune – risultava ormai evidente che un’intera comunità stava “suicidandosi” nei mefitici bagni di San Francisco e di New York….Nel 1980 il giudice federale Gerhard Gessell ordina il reintegro con onore nell’esercito di Matlovich con un risarcimento di oltre 160.000 dollari..Dopo che il settimanale “Time”gli dedica la copertina con il titolo Io sono un omosessuale, il sergente era divenuto un eroe della comunità gay americana, allora in pieno fervore anche in seguito ai fatti dello stonewall del 1969…

28 agosto  Guy Hocquengem

Scrittore e filosofo (autore tra l’altro di Le désir homosexuel), Guy Hocquengem muore di Aids all’età di 42 anni.  Hocquengem era uno dei militanti che a Parigi avevano partecipato alle primissime riunioni del Fhar (Front Homosexuel d’Action Revolutionnaire) fondato il 12 marzo 1971.

 

BABILONIA  LUGLIO /AGOSTO 93


EDITORIALE

 

Ridendo e scherzando, Babilonia andando in vacanza, come ogni agosto, festeggia il compleanno. Stavolta sono undici. E siccome le riflessioni non si addicono molto alle ferie, lasceremo perdere per stavolta l’ultimo avvenimento, che sia il serial killer di Londra, oppure lo show notturno della coppia Costanzo-Grillini sui gay conviventi. Passiamo subito a presentarvi il numero estivo, che oltre all’inserto di narrativa vi dà anche la guida completa al sesso sicuro curata dall’Asa.


Per la terza volta abbiamo voluto proporre ai lettori una serie di racconti di tematica esclusivamente gay o lesbica. Tre anni ci sembravano sufficienti per trarre un piccolo bilancio dell’indice di gradimento; in appendice al libriccino troverete un questionario su cui scrivere tutto quello che pensate – o non pensate – di quest’iniziativa.


La televisione non ha mai parlato cosi spesso di noi gay come quest’anno: chi avrebbe mai pensato, anche solo tre o quattro anni fa, che a una trasmissione a premi formato famiglia come “Porca miseria” ospitasse in tutta tranquillità una coppia gay? L’intervista a Gianni e Ivan ci svela alcuni retroscena. E di una coppia “diversa” parla anche Daniele Scalise, nell’intervista a Brett, il compagno di Giovanni Forti, padre adottivo di un bambino.


Passando per le stupidate della stampa sulle lesbiche (carta bianca) e delle stupidate dei gay sulle darkroom (cronaca Italia), arriviamo al cuore del numero estivo: i reportage. Questa volta siamo andati proprio sull’esotico: Africa nera, Africa orientale, Bolivia. E’al secondo appuntamento il fumetto di Pentesilea: chissà mai che dopo i vari Copì, Cuneo, Konig, nasca un fumetto gay anche in Italia. Infine un accuratissimo saggio su Costantino Kavafis, poeta omosessuale ignorato in vita, e divenuto famosissimo dopo la morte. Delle sue poesie la Yourcenar scrisse che sono come i caffè del vicino oriente: “non ci sono mai donne”

Da tutti una buona lettura e buone vacanze.





 

BABILONIA LUGLIO /AGOSTO 1993

ROMA IN SUBBUGLIO   
                                                              
Un mare di polemiche sulle dark-room

Avevamo riferito sul numero scorso delle conseguenze che un incontro pubblico sulle dark room – tra l'altro disertato da giornalisti e gay – aveva provocato a Roma. Massimo Consoli, insoddisfatto dalla scarsa sensibilità della comunità omosessuale e dell'opinione pubblica, aveva deciso di sensibilizzarla a modo suo. Come? Andando a spifferare a un giornalista del Tempo – giornale tutt'altro che progressista – come, dove, quando e perchè esistono le dark room.

Il Mario Mieli, che era presente all'incontro, dà la sua versione dei fatti: "Massimo Consoli, direttore, editore, giornalista, grafico, impaginatore e chi più ne ha più ne metta di una rivista di dubbio valore culturale e Dario Bellezza (grande frequentatore di cinema a luci rosse e di cessi ferroviari, che l'anno scorso dichiarò che non sarebbe più tornato a Milano a causa della chiusura di una pornosala cinematografica) hanno lanciato una campagna moraleggiante e sessuofobica contro le dark room. I due inquisitori, in una assemblea tenutasi in totale segretezza in uno dei locali capitolini con meno pubblico, hanno affermato che le "stanze buie" sono moralmente inaccettabili e primarie fonti di diffusione del virus dell'Aids. Ci sono delle coincidenze che fanno pensare. La rivista di cui Massimo Consoli è factotum, per affermazione dello stesso Consoli, sta per chiudere per debiti, nessuno lo compra e francamente il contrario ci stupirebbe. Il locale in cui è stato organizzato il sabba di purificazione è praticamente vuoto tutte le sere, tanto che ultimamente il proprietario iniziava a considerare la possibilità di trasformarlo in un locale etero. Dario Bellezza da un po' di tempo si lamenta che è rimasto totalmente al verde. Qualcuno fa un esposto, chiaramente anonimo, contro l'Apeiron, locale gay romano con dark room che va per la maggiore.

Il Mario Mieli non nasconde i suoi dubbi sul vero scopo dell'iniziativa: "Che non sia il tentativo di farsi pubblicità gratuita? E' infatti facile prevedere l'eco che può avere sulla stampa il parlare di quanto perverso e assetato di sesso sia l'omosessuale".

Il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli organizza feste targate "Muccassassina" alla discoteca il castello, locale che per l'occasione viene provvisto di dark room (cosa facile, basta spegnere la luce in un bagno). E nel comunicato stampa non lo nasconde: "Lo sappiamo tutti che l'aids colpisce chi non fa sesso sicuro e nelle dark room raramente si va oltre una semplice quanto piacevole sega. Se qualcuno volesse andare oltre il petting può fornirsi di preservativi da una simpatica "signorina" che li distribuisce gratuitamente in sede. Meglio, quindi, farsi una sicura scopata in una dark room piuttosto che sotto un cespuglio di monte Caprino dove non ti regalano preservativi, corri il rischio di essere picchiato da teppisti e naziskin e d'inverno fa pure freddino".

Una calda esortazione chiudeva il comunicato stampa: "Come può parlare di sessualità libera e senza frontiere una persona che si vanta di essere in astinenza sessuale da 5 anni? Ti preghiamo Massimo, per il tuo e per il nostro bene ricomincia a scopare, riscopri le gioie del sesso sfrenato,, entra in una dark room e datti da fare".

Fin qui le posizioni del Mario Mieli. Ci ha scritto anche un gentile lettore, Goffredo Lippi, per esporci una versione diversa; Lippi non entra nel merito dell'iniziativa di sputtanare i locali con darkroom. Si dispiace solo che durante l'incontro del 7 maggio i rappresentanti del Mieli pronunciarono parole di fuoco contro il gestore del bar Michelagniolo Antonio Di Giacomo, e ne spararono a raffica anche verso Consoli e Bellezza. "Il problema della diffusione dell'Aids nei locali di incontro è veramente troppo grande per essere liquidato con una "sparata" come quella descritta o con una conferenza stampa, che è stata poi organizzata dal"fronte del sì" il 12 maggio, con la partecipazione persino di Luigi Cerina, ex assessore capitolino, era stato recentemente delegato dal sindaco di Roma a curare i problemi degli omosessuali della capitale, con particolare attenzione a quelli relativi all'Aids. Questo signore, tout court, si è schierato per la non contagiosità delle dark room, anzi, pare che al buio passi addirittura la liberazione sessuale e politica dei gay".

La lunga lettera di Lippi scivola più volte in elogi al bar Michelagniolo, che a suo dire è l'unico locale ad offrire "un ideale coraggioso e serio di impegno" e in larvate critiche all'Apeiron, gestito "da una signora che non ha nulla a che fare con la condizione omosessuale". Eppure egli insiste sulla buona fede: "Ridurre il problema ad una banalizzazione economica è veramente superficiale e ridicolo. Mi sento legittimato a pensare che se interessi economici ci sono, possano esser solo dalla loro parte vista la reazione così plateale e pretestuosa".

Indirettamente Lippi si appella all'Arcigay nazionale, che non ha preso posizione in questo dibattito. Ma Franco Grillini, che pure con il Mieli ha avuto attriti in varie occasioni, stavolta è molto vicino alle loro posizioni: "E' una follia assoluta criminalizzare i locali dove si fa sesso. Il problema è un altro: alcuni gestori si rifiutano di appendere manifesti sul sesso sicuro e di regalare preservativi all'ingresso. Secondo me non è legittimo offrire ai clienti tale servizio – chiamiamolo così - senza informare correttamente sull'Aids, e come ho già detto nell'intervista (vedi babilonia di gennaio) sarei disposto io stesso a compilare una lista nera di questi posti".




                          L'Europeo 19 luglio 1993

 
 
                               APPUNTAMENTO AL BUIO

Nelle discoteche le chiamano "dark-room", sale scure. Qui qualunque follia diventa lecita

di Flavia Amabile

Un venerdi sera a Roma: Angelo e Angela sono i buttafuori e la proprietaria di un locale ben noto ai gay romani dopo un anno e mezzo di attività e il tam tam che lo ha fatto arrivare a quattromila tesserati. Già, perchè nella comunità omosessuale, romana ne parlano tutti come di un posto davvero eccezionale ottima musica, ottimi cocktail e due meravigliose stanze al piano inferiore..Così lo avevano descritto la scorsa settimana a Giovanni, trentadue anni, impiegato di Latina, facendogli venire l'acquolina in bocca: per lui la curiosità di provare questa benedetta dark room è una tentazione irresistibile. In provincia, si sa, non è così facile trovarne.

Così si presenta al nuovo indirizzo che gli hanno fornito alcuni amici. "Scusa, è qui..?" Angelo in buttafuori non ha bisogno di altro per capire che è alla dark-room che si riferisce quel provincialotto arrivato da chissà dove con l'antenna di un telefonino che gli spunta da una tasca. Gli porge una tessera, gli indica la via e Giovanni, felice, si getta alla ricerca del luogo desiderato. Subito dopo di lui arriva nientemeno che Aldo Busi con lo sguardo un po' spento, ma esperto. Ha già la tessera e pure il divanetto preferito: è un frequentatore fedele del locale, lui. Ogni volta che è a Roma non manca mai di farsi un giro "tanto per vedere chi c'è". Giovanni va alla ricerca delle scale, le trova e trova anche la prima stanzetta, un antro in cui riesce a distinguere cinque-seifigure umane prive di espressione sotto l'effetto quasi ipnotico del video porno che attira i loro sguardi e dirige i loro gesti. Si unisce al gruppo sentendosi a poco a poco assalire dalla stessa sensazione.

Dopo qualche minuto una mano gli sfiora i pantaloni e lo costringe ad alzalsi, ad infilarsi in un'altra stanza, questa volta completamente buia. Giovanni non sa che cosa gli stia accadendo, ma avverte dei gemiti intorno a sé e quella mano che lo accarezza. A chi apparterrà?, si chiede, incerto se assecondarla o meno. Immagina un volto, una via di mezzo tra Eros Ramazzotti eKevin Costner e,quando sta finalmente per lasciarsi andare, un violentissimo neon gli si accende sugli occhi. Dopo il primo istante di accecamento riesce a distinguere un settantenne col parrucchino rosso mattone: è lui il proprietario della mano. Giovanni furente, si lancia ad affrontare Angelo il buttafuori: "Si può sapere perchè mai avete acceso la luce?" Angelo gli mormora: "Polizia". Giovanni capisce, c'è un'ispezione nel locale e, a testa bassa, si avvia verso il bar alla ricerca di Aldo Busi. Poter almeno far quattro chiacchiere con lui, il suo scrittore preferito...Ma Busi è già andato via da un pezzo, sbadigliando per il sonno e lamentandosi di queste benedette dark room dove "a nessuno più si rizza ormai". Sempre più depresso, Giovanni ordina un Martini ed è Massimo, il barista, a dargli il consiglio giusto: "Che cosa fai ancora qui? Questa sera sono tutti al Mario Mieli, c'è la festa". "Ma hanno la dark room?" chiede Giovanni, ossessionato, "Certo, certo, corri".

Senza nemmeno finire il Martini, sale sulla sua Golf nera e vola al nuovo indirizzo. Giunto nel locale, si trova davanti un muro di ottocento persone che saltano su una pista. E scopre subito "la dark room" sono i bagni. Le piastrelle sono scivolose quanto quelle dei bagni degli autogrill e la puzza è più o meno la stessa, ma ormai nulla potrebbe fargli perdere quell'esperienza. Si infila in una delle porte e, tra un gabinetto e un rotolo di carta igienica, al tatto sente che ci sono due persone che si stanno baciando. Gli si getta addosso e, il telefonino che fino ad allora aveva gelosamente custodito nella tasca inizia a suonare. Finge di non averlo sentito, ma la persona che lo sta cercando insiste, gli altri gay protestano per l'interruzione e, definitivamente sconfitto, abbandona il campo.


                  L'Europeo 19 luglio 1993




 Centri di fitness. Solarium. Saloni dell'occulto. Così, 35 anni dopo la legge Merlin viene aggirata in tutta Italia. "L'Europeo" è entrato nei nuovi casini mascherati: un mondo di vasche e lettini per massaggi "awaaiani", o allo "zapajon". Ma c'è anche il rischio di trovarsi nel pieno di un'irruzione dei carabinieri.

VIENI ALLA SAUNA AMORE MIO

di Claudio Bernieri

Bordello, casino, ovvero confusione, caos. La lingua sopravvive al tempo che fu, l'oggetto della metafora no. Abolito dalla legge Merlin nel 1958? Ma figuriamoci! Piuttosto ridotto al silenzio ovattato della clandestinità, della vergogna, e anche un po' della paura, perchè illegale fa rima con male, e ragazza di vita con malavita.

E questo l'ultimo modello di casa chiusa, proibito quanto diffuso a macchia d'olio in tutto il Paese, frequentato da manager, professonisti, pubblicitari, avvocati, giornalisti..gente che può permettersi di spendere 400 mila lire in un colpo solo per un massaggio che finisce in un rapporto completo. Che può triplicare o quadruplicare la somma per concedersi un'orgetta alla buona. Certo non siamo al top della categoria: yacht in rada, caviale, champagne e proposta indecente con puttana d'alto o altissimo bordo. Ma il giro è cospicuo, e si traduce in una cascata di miliardi nelle casse della malavita, dei racket che lo controllano.

Il sospetto sul proliferare eccessivo di lettini e lampade Uva c'era da tempo. Ma una settimana fa il coperchio è stato davvero sollevato sulla diabolica pentola grazie a Gemma Gualdi, sostituto procuratore della Repubblica di Milano. Come accadde per tangentopoli, anche all'operazione "letti puliti" si è arrivati inseguendo una pista di denaro facile, in margine ad un delittaccio a sfondo sessuale. Assegni allegramente spesi da un gaudente viveur, che come i semini di Pollicino hanno portato il magistrato sulle tracce delle "saune" sparse per la metropoli. Ma nella versione lumbard della tonificante pratica scandinava era lo sfrenato esercizio del sesso a far salire la temperatura ambiente. La geishe venivano reclutate attraverso la piccola pubblicità dei quotidiani, in qualità di massaggiatrici, o addirittura di "animatrici sociali". Poi, come a Cinecittà, c'era da superare un "provino", una prestazione sessuale gratuita, di solito col tenutario del bordello. Se il padrone era soddisfatto, le neoprostitute 8casalinghe, studentesse, impiegate in cerca di soldi o emozioni) incominciavano a esercitare. Ci pensavano i proprietari delle saune, veri industriali del sesso, a trovare i clienti. Complice, ancora una volta, la pubblicità dei quotidiani. "Siete stressati? Nelle inserzioni in mome di un non precisato "benefico relax" si esaltavno i prodigi di strane tecniche digitali, con nomi tanto maccheronici quanto, alle volte, misteriosi: dallo "zapajon massage" al "fardauss", al "body -awaiano" (senza la "h") o "russo". Il cliente arrivava e veniva accolto da procaci infermiere che spiegavano le mirabilie dei centri fitness, fino alla perdizione assoluta, o quasi, del "body to body giapponese". In qualche sala d'aspetto era esposto il listino prezzi, come al fast-food, ma senza le foto dei panini. Il "king Burghy", ovvero il più succulento e abbondante, era l'awaiano doppio (350mila lire), che culminava in un rapporto completo. C'erano anche sandwich più modesti, o addirittura vegetariani, che escludevano il rapporto carnale, come l'awaiano semplice, in cui la ragazza si toglieva il reggiseno ma non gli "slip". Il vecchio "pigiamino di saliva", con minor fantasia era ribattezzato " massaggio russo", la ragazza tutta nuda, passava la lingua sul corpo del cliente, che se ne stava in cabina, coricato su un materassino. Nel "body to body", i due corpi nudi (cliente e animatrice) potevano strusciare liberamente, penetrazioni escluse. Ma una patatina tira l'altra, così alcune delle finte massaggiatrici dovevano eseguire i famigerati awaiani anche nei club privè destinati ai maniaci degli scambi di coppie; o essere disponibili a operazioni serali di pronto intervento per soccorrere i più affezionati amici del padrone colti da improvvise crisi di astinenza. E così il "gioco" della prostituzione scadeva ben presto nel più bieco sfruttamento. E sottrarsi, per un'animatrice pentita, era tutt'altro che facile. Poi però è arrivata la dottoressa Gualdi, e con l'operazione "letti puliti" sono stati scoperti ben tredici saloni hard core. Eccolo lì, il casino del Duemila, saltato fuori quasi per sbaglio dall'indagine sul delittaccio: un ambiente da sala d'aspetto tra ambulatorio dentistico e Usl, con poltroncine in similpelle, poster del Mentadent P e dell'Aspirina alle pareti, e un'odore di canfora nell'aria: e poi le porte del paradiso, che i aprono su tanti piccoli box prefabbricati simili a loculi, dove la vergognosa, clandestina e illegale attività si consuma quasi sempre frettolosamente, mascherata da un brulichio pretestuoso e falso di saune, massaggi, spalmature di creme. A prima vista un purgatorio più adatto a scontare il peccato originale che a inseguire i piacere dell'Eden. Ma tant'è, questa era la minestra di peccatucci che passava il convento.

Chiusi i postriboli ambrosiani ora l'operazione continua in tutt'itlia, perchè il sistema milanese ha fatto scuola, ed ha attecchito ovunque, da Montecatini a Desenzano, da Vignola a Napoli. A Torino una casa di appuntamento si nascondeva dietro il nome di "Centro estetica e coiffeur Maria Antonietta", un'altra più ermeticamente si chiamava "Mew Jolly Club". Ma una ragazza ha denunciato tutto ai carabinieri. E l'Arma è prontamente intervenuta: prostituirsi non è reato, sfruttare la prostituzione sì.

Se il mondo terreno appartiene ai peccatori neppure degli spiriti ci si può fidare troppo: in qualche caso le maitrasse dei neobordelli sono maghesse e stregoni riciclati. Come l'ex mago Antares di Catania, che faceva accogliere i vip di mezza Sicilia da signorine agghindate con guepière e mascherine, ovviamente espere in fatture d'amore. L'anonimato era garantito. Finchè Letti puliti non ha colpito anche là, stavolta per iniziativa del giudice Sebastiano Ardita. Povero mago Antares (mago Merlin, verrebbe da dire). D'alra parte i piccoli annunci del Corriere della Sera sono pieni di improbabili astrochiromanti. Vent'anni fa erano signorine che "disponendo tempo libero" cercavano amici, oggi tutte offrono formidabili arti magiche. Cerchiamo in archivio una vecchia copia del Corriere e proviamo a chiamare usando i numeri telefonici di allora. Qualcuna risponde: Carla,c he denunciava vent'anni nel 79, invita ancora a "rilassarsi" su da lei, in viale Teodorico a Milano. Il numero di telefono non è cambiato, la cura nemmeno. E si vede che funziona.


 
 

 

 


 
 
 

Nessun commento:

Posta un commento