sabato 30 giugno 2012

NEL 1983 BABILONIA MINIMIZZO' L'ARRIVO DELL'AIDS



Diffondo un articolo senza firma, apparso sul mensile gay Babilonia nel numero 8 del 1983 ( che da sempre si è vantato di essere il trade union fra il movimento gay e il resto della popolazione omosessuale non politicizzata), che dimostra, a differenza di quello che scrivono alcuni frociologi di professione, come l'arrivo dell'aids sia stato preso sottogamba non soltanto dalle nostre Istituzioni ma anche dai vertici e dall'intellighentia del "nostro" movimento. Da lì a poco, qualche cane sciolto e quattro reduci dissidenti di quel movimento omosessuale scioltosi soltanto qualche anno prima, troveranno proprio nell'aids una ragione per ricomporsi, per dare un senso e una svolta al loro operare.  Infatti l'aids non è stato soltanto quella terribile malattia che ha mietuto decine di migliaia di morti nel nostro Paese ( 40.000 decessi al 2010). L'aids è stato il passepartout, per un gruppo di gay associatisi fra di loro e autoproclamatisi rappresentanti di tutti gli omosessuali italiani, per entrare nelle stanze del Palazzo ed ottenere finalmente quel riconoscimento politico e sociale mai avuto prima. "Siamo stati contattati dall'Istituto Superiore di Sanità e ci hanno proposto di effettuare uno screening anonimo sulla popolazione omosessuale. E' vero, gli faremo da cavia, ma in cambio arriveranno i soldi e le sedi che ci servono e che andiamo a cercare da tanto tempo". Questo mi disse intorno alla metà degli anni 80 un noto attivista romano di quegli anni. E così fu. Arrivarono le tanto sospirate sedi  magari attraverso finte occupazioni e poi concesse ad affitti irrrisori, un profluvio di finanziamenti pubblici, le candidature politiche, gli spazi televisivi e sui giornali etc etc. Ma con l'arrivo del Dio denaro arriveranno anche le lotte fratricide fra le varie associazioni. Lotte per la spartizione dei soldi e del potere a cui non potè mancare una condanna penale  nei confronti di uno dei nostri politici gay. Condanna  inflitta dai tribunali dello stato italiano  e non chiaramente dal Consiglio degli Anziani della nostra comunità gay, visto che quest'ultima, pur essendo nella bocca  di tutti, NON ESISTE. (continua)


"Nel panorama complessivamente desolante della stampa italiana riguardo all'Aids, si distinguono, per competenza e capacità di analisi non superficiale nell'affrontare l'argomento, due articoli. Il primo pubblicato il 24 luglio scorso sull'Espresso a firma di Gad Lerner, dà la voce direttamente al mondo gay di cui riporta le opinioni e le giuste rimostranze contro la definizione di "cancro" o "peste" gay: variamente intrecciati nel testo, vengono così registrati gli interventi dei nostri Ivan Teobaldelli, Mario Anelli e Felix Cossolo, nonchè quelli di Bruno Di Donato del circolo Mario Mieli di Roma e di Gianni Rossi, Paolo Hutter  e Alessandro Musolini dell'Altro Martedì, rubrica gay di Radio Popolare di Milano. Il secondo articolo, un vero gioiello per acume e argomentazioni è quello uscito sulla Repubblica del  28-29 agosto. La domanda che l'autore del "pezzo" Romano Giachetti, corrispondente da New York del quotidiano si pone è se l'Aids, negli Stati Uniti, sia una vera epidemia o un pretesto per attaccare la libertà sessuale che da quel vasto paese si è propagata nel resto del mondo occidentale. La tesi che ha fatto di nuovo estrarre di nuovo le unghie alle forze della conservazione puritana contro il gay-style, secondo la quale la promiscuità e la frequenza dei rapporti sessuali sarebbero le principali cause della mortale infezione, viene da Giachetti accuratamente demolita. Val la pena di trascrivere una parte di questo articolo illuminato per capirne la forza persuasiva: "...ciò che si teme (negli  Usa ) non è l'Aids, è un altro  morbo. Infatti non si fa caso alla gonorrea, i cui casi si moltiplicano al ritmo di un milione l'anno, né alla sifilide, che negli ultimi dodici mesi ha mietuto circa centomila vittime, spesso con risultati atroci. I duemila casi di Aids sono sì, una "novità",..ma non sono davvero un'epidemia".

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