domenica 8 maggio 2016

GIO' STAJANO SU VLADIMIR LUXURIA: Negativa è invece la sovraesposizione mediatica di alcune, una per tutte Vladimir Luxuria, che alla causa non porta proprio niente. E’ troppo comodo tenersi il pisello e voler essere considerata donna.


 
 
Un'intervista carina fatta da  Cervio Gualersi  e pubblicata su Pride nel febbraio 2009,  in cui  Giò Stajano bastona tutti: da Luxuria al papa al movimento gay accusato di aver creato ghetti  e promosso carnevalate.
 
 
Giò Stajano è stato il più famoso omosessuale della Roma della dolce vita. Poi è diventata donna senza compromessi, ma oggi il suo unico amore è la religione. Una biografia senza veli racconta la storia di questa spericolata signora.

 

DALLA DOLCE VITA AL CONVENTO

 

di MARIO CERVIO GUALERSI

 

               Ha attraversato mezzo secolo di storia italica e non si è fatta mancare proprio niente. Giò Stajano (per l’anagrafe oggi Gioacchina, dopo l’operazione a Casablanca nel 1982) è stato il primo omosessuale dichiarato negli anni cinquanta, un pioniere coraggioso o incosciente, dato il clima da caccia alle streghe della Roma democristiana con rigurgiti fascisti. A proposito, la mamma era figlia di Achille Starace, già segretario del Partito e potente gerarca di Mussolini. Lasciata la Puglia, ha trovato giovanissima la sua strada nella capitale che viveva il periodo d’oro della dolce vita: cronista di amori, scandali e feste nell’ambiente del cinema e dell’aristocrazia, protagonista di clamorosi tentativi di suicidio per amore di fedifraghi giovanotti, militari e sportivi, che l’avevano sedotta e abbandonata. In anni seguenti è stata titolare del Salotto di Oscar Wilde, la prima rubrica di posta del cuore gay, sul settimanale “Men” e autrice di romanzi (in via di prossima ripubblicazione) come Roma Capovolta – condannato al rogo dalla censura – Meglio un uomo e le signore sirene.
 
                     Dopo la decisione di cambiar sesso, il periodo controverso come prostituta d’alto bordo e, ultimo clamoroso giro di boa, la conversione religiosa, agli inizi intrapresa per tornare sotto i riflettori e poi diventata una ragione di vita. A 77 anni Giò, tornata alle origini nel piccolo paese del Salento, ripercorre il suo percorso esistenziale nella biografia Pubblici scandali e private virtù, scritta da Willy Vaira che le è amico e confidente dal 1988. Insieme hanno anche composto una raccolta di poesie e stanno ultimando un libro sulla sua svolta spirituale.

                    La incontriamo a Firenze nell’ambito del Queer Festival in occasione della presentazione, organizzata da Bruno Casini, del volume: ci avevano messo in guardia sul suo carattere ombroso, ma la troviamo invece paziente e disponibile, desiderosa di farsi conoscere anche dai lettori più giovani.

 

Cosa ci dobbiamo aspettare dal libro di poesie che arriva in libreria in questi giorni?

 

                  Si intitola Esercizi d’amore, pubblicato come l’altro dall’editore Manni. E’ una raccolta di poesie a due voci: 22 sono scrittte da me e altre 22 da Willy. Dalle langhe al Salento è il sottotitolo, ma non ci sono solo riferimenti alla natura: parlano soprattutto d’amore.

 

Come vedi cambiata la nostra società in merito alla condizione omosessuale rispetto ai mitici anni sessanta e settanta?

 

                     Le cose sono cambiate sicuramente in meglio, c’è una libertà allora inimmaginabile. A Roma, ad esempio, non bisogna pensare che gli artisti, gli stravaganti e i gay potessero mostrarsi al di fuori del centro, via Veneto, via Margutta, piazza del Popolo. Appena arrivavi in periferia la situazione cambiava del tutto. Ne so qualcosa io che venivo apostrofata pesantemente. Ricordo uno “scontro” con alcuni maschi che mi urlarono l’insulto più scontato: non persi la calma e gentilmente chiesi loro cosa desiderassero. Quelli, spiazzati, si schermirono, rispondendo con impaccio che il “frocio” non era indirizzato a me. Io replicai di essere molto lieto che allora fosse rivolto a uno di loro, dato che pensavo di essere l’unico omosessuale – dichiarato – nella capitale. Rimasero basiti, senza alcuna reazione e girai i tacchi indisturbata.

 

Che ricordo hai dei problemi e dei quesiti che ti ponevano i lettori a cui rispondevi dalle pagine di “ Men”?

 

                    Alcuni confessavano situazioni davvero drammatiche, altri volevano essere rassicurati di non esser gay pur raccontando storie che non lasciavano ombra di dubbio. Le mie risposte dovevano necessariamente sdrammatizzare o toccare i tasti del grottesco o dell’ironia. Indimenticabile è l’episodio successo a un lettore, commesso viaggiatore che, sorpreso da un nubifragio nelle campagne della Calabria, trova rifugio presso la casa colonica di due fratelli contadini. Questi lo accolgono, lo rifocillano, gli danno abiti asciutti e predispongono un letto per la notte, dato che le condizioni metereologi che sono ancora proibitive. Nel sonno avverte un forte dolore e si rende conto che uno dei due lo sta sodomizzando. Poi subentra l’altro e cosi via a turno per tutta la notte, lasciandolo al mattino avvilito e stremato, con le sole forze per riguadagnare la strada verso la sua auto. Nei mesi seguenti continua a ripensare al fatto, scoprendo che la cosa non gli era poi dispiaciuta. Legittimo dunque chiedersi se stava diventando gay. Io gli risposi che per poterlo davvero aiutare dovevo rendermi conto personalmente di che razza di persone si trattasse, chiedendogli l’esatto indirizzo degli insaziabili calabresi. Stiamo pensando di raccogliere queste lettere, che ho conservato con cura, in un volume, per mostrare i primi segnali dell’italia omosessuale che usciva dalle catacombe. Un pezzo della nostra storia che anche il presidente Nichi Vendola considera significativo.

 

Hai mai pensato che subire il fascino o innamorarti solo di presunti eterosessuali fosse un tuo limite e che nell’ambito di un tale rapporto una buona dose d’ipocrisia era inevitabile?

 

                  Non mi sono mai posta questo problema perché, sentendomi donna, i maschi eterosessuali erano il mio unico oggetto di desiderio. Certamente alcuni hanno approfittato di questa mia propensione, ma spesso ho avuto modo di pareggiare i conti con quelli che più mi avevano fatto soffrire.

 

Anche con le tue rivali non sei mai stata mai tenera, anzi, in alcuni casi, vendicativa. Adesso che le vedi con occhi di donna, ti sei ricreduta nei loro confronti?

 

                     No, il mio atteggiamento non è mutato. Mi contendevano l’oggetto amato, erano mie nemiche e le trattavo come tali.

 

Cosa pensi di quelli che sostengono che nonostante la repressione, la doppia vita e il disprezzo della società quei tempi fossero d’oro per l’omosessualità, considerando la scarsa disponibilità sessuale delle ragazze e il numero di giovanotti in cerca di soddisfazioni senza fare troppi distinguo?

 

                  Che dicono sciocchezze: la pressione sociale era tremenda, la censura implacabile non appena intravedeva il pur minimo riferimento all’omosessualità. Nel mio terzo romanzo, Le signore sirene, fu necessario trasformare i protagonisti gay (veri esponenti della politica, dell’arte,, dell’aristocrazia e dell’alta finanza) in infelici creature femminili.

 

Perché non hai mai aderito a una associazione o a una componente del movimento glbt?

 

                 Non mi piacciono gli eccessi, le carnevalate delle sfilate per il gay pride. Tutte quelle tette scoperte e quelle provocazioni gratuite. Sono sempre stata e sono tuttora nemica dei ghetti e di qualsiasi altra forma di divisione: vorrei che tutti fossero ugualmente uguali.

 

E il tuo parere sulla condizione dei transessuali in Italia?

 

                Di passi in avanti ci sono stati, la prostituzione non è più l’unico sbocco possibile e questo è positivo. Negativa è invece la sovraesposizione mediatica di alcune, una per tutte Vladimir Luxuria, che alla causa non porta proprio niente. E’ troppo comodo tenersi il pisello e voler essere considerata donna.

 

In fatto di esposizione mediatica, di smania di essere al centro dell’attenzione, anche tu in passato non scherzavi…Come ti sei sentita nel ritrovarti davanti alle telecamere?

 

                   Si è rivelata una grande delusione. Sono stata invitata da Magalli, da Rispoli e da Bonolis. Chi più, chi meno, hanno travisato volutamente lo scopo per cui ero andata, il trasmettere un messaggio cristiano, il far conoscere al pubblico la storia della mia conversione religiosa, l’esperienza nella comunità religiosa delle suore di Betania del Sacro Cuore. Invece hanno tirato fuori il solito bagaglio della dolce vita, gli scandali e al parte di me che, senza rinnegarla, non mi corrisponde più. Mi sono molto risentita e credo che non ripeterò l’errore.

 

E’ bello e commovente l’episodio che nella biografia racconti su papa Giovanni. Ma alla luce della tua fede che impressione hai dell’attuale papa e di come si è espresso sulle unioni civili, il rifiuto di depenalizzare la condanna a morte per omosessualità e, ultima, la negazione del transgender?

 

                   Non condivido affatto queste esternazioni da parte di quello che io chiamo “la Wanda Osiris del Vaticano”. Voglio bene ai miei amici gay e non vedo perché le loro unioni non debbano essere tutelate. Riguardo poi al gender, ti rivelo un piccolo scoop. Leggendo il Vangelo secondo Matteo (18-19) ho trovato questa citazione di Gesù ai discepoli, in merito alla condizione dell’uomo rispetto alla donna e al matrimonio: “Non tutti comprendono questa parola, ma soltanto coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati tali nel seno materno, vi sono eunuchi che sono stati fatti eunuchi dagli uomini e vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi da se stessi, per il regno dei cieli. Chi può capire capisca”.

 

Giò, per finire, un rimpianto circa il passato e un proponimento per il futuro

 

                     Il rimpianto è quello di aver fatto indirettamente soffrire la mia famiglia, mia madre soprattutto, per le tante intemperanze che avevano poi una ricaduta negativa sulla loro vita sociale. Il proponimento a breve è quello di finire il prossimo libro con Willy e più in generale di aspettare in serenità l’ultimo giorno, quando dirò al Signore: “Ecco sono qui, prendimi con te”.

 

 

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