sabato 7 maggio 2016


                
 
                                                 GAY  E   MOVIMENTO
 
 
                                                          di ENZO FRANCONE
 
 
                                                (pubblicato su LAMBDA del febbraio 1978)
 
 
 
 
                  La notizia di un’ennesima frattura avvenuta a Milano all’interno del Collettivo di Liberazione Sessuale di V.Vetere mi ha dato lo spunto per delle considerazioni sul come si sta muovendo il MOVIMENTO GAY, o meglio come si stanno muovendo gli omosessuali “politicizzati”.

ENZO FRANCONE
                Nella storia di questi anni dei gruppi omosessuali,  le polemiche, le diversificazioni e le scissioni non sono state indubbiamente poche. Un riflesso sicuramente delle diversità sociali, di classe, di esigenze esistenziali che esistono fra gli /le omosessuali, ma anche molto di riflesso della condizione di oppressione, di emarginazione, di paure, di non “identità” di non accettazione di se stessi che vengono usualmente scaricate fra noi stessi omosessuali.

 
 
 
 


 

               Antagonismi che si sono espressi in terminologie verbali “politico-ideologiche” e che invece riflettevano (e nascondevano) il classico antagonismo “personale” tra oppressi, tanto fra froci che fra donne. Nel momento in cui, tanto per fare un esempio, la frattura nel C.L.S. di Milano, ha come prodotto finale unicamente il frantumarsi di un collettivo con la relativa scomparsa totale dalla scena politica dei suoi componenti, mi domando: che senso ha avuto, che cosa ha espresso? Il dubbio che mi sorge è quello che sia stato solamente un ennesimo momento di autonegazione, di autodistruzione. Se veramente voleva essere l’apertura di un’altra situazione di intervento frocetario, di un’aggregazione di gay fatta su basi diverse, penso che non necessitava la lacerante contrapposizione verbale (….scatenante solamente esplosione di odii…), bensì la semplice diversificazione di azione politica, di fatti alternativi. Invece il nulla.

 

               In un momento come questo non mi pare proprio opportuno, necessario creare dei vuoti, delle disgregazioni. Compagni omosessuali, compagne lesbiche se non vogliamo negarci la riappropriazione della nostra vita, non ripiombiamo e/o lasciamo che altri ci facciano ripiombare indietro.

               La consapevolezza che la repressione sessuale gioca sui sensi di colpa, sull’autonegazione, sull’autorepressione agli antagonismi fra gay deve essere costantemente presente nella nostra azione “politica”. Questa consapevolezza è sovente completamente assente nei/lle nuovi/e omosessuali che approdono nei vari gruppi. Così che si assiste ad un ripercorrere di situazioni che potevano essere inevitabili i primi anni di vita del MOVIMENTO GAY, non più oggi. Con questo non vorrei fermarmi semplicemente al livello di lamentele/a. Mi sembra invece che si debba mettere in discussione un metodo politico, di gruppi e singoli omosessuali che fanno soprattutto (anche se non solo) riferimento ai gruppi “autonomi”.

 

              In questi gruppi una delle caratteristiche diffuse è quella della rapida comparsa ma ancora più rapida scomparsa  dalla scena. Dai nomi più disparati e “creativi”, la maggioranza hanno una vita di un anno o due. Si ritrovano in sedi di fortuna, pochi collegamenti a livello nazionali, nessunissima forma organizzativa se pur “alternativa”, centrati unicamente su un lavoro di “presa di coscienza” e dilaniati internamente da “scazzi” personali, da “sparate” massimalistiche e demagogiche, da alti e bassi d’umore, da “svaccamenti” e defezioni continue. Da una parte mi pare giusto riconoscere che alcuni di questi gruppi hanno espresso delle esperienze e dei discorsi interessanti; dall’altra parte però la loro precarietà, vista in un quadro nazionale e nel tempo, determina un’incidenza a livello sociale largo ( e quindi politico) limitatissimo.

 
ENZO FRANCONE

             La mia esperienza e i miei travagli di vita all’interno del MOVIMENTO GAY mi hanno fatto prendere consapevolezza che la mia liberazione non è un fatto solamente personale- individuale, ma è soprattutto un fatto comunitario, sociale, un rapporto dialettico tra me e gli altri, e che non è un fatto di un giorno, di un mese, di un anno solamente. E’ un processo continuo, legato alla continuità della mia condizione di omosessuale, di emarginato, di oppresso dal regime capitalistico patriarcale.

 

             Vorrei domandare a tutti quei/quelle compagni/e omosessuali aderenti nel passato al FUORI!, al COM o ad altri collettivi e che oggi sono individui  “sciolti”, “disimpegnati”, se per loro la liberazione sessuo-sociale è già giunta per cui non hanno più motivo di “sbattersi”. Non credo proprio. Molti avranno diverse critiche da fare nei confronti del FUORI!, ma non si può certo disconoscere al FUORI! di aver creato una presenza politica su tutto il quadro nazionale, di aver assicurato una presenza, anche se più o meno attiva secondo le situazioni, costante e crescente dal 1971 ad oggi, di aver creato veramente un MOVIMENTO di LIBERAZIONE OMOSESSUALE.

 

              A questo ha contribuito molto l’utilizzazione di sedi fisse quali quelle del P.R. (sempre disponibili al formarsi o al riformarsi di collettivi, quindi punti di riferimento stabiliti con relativi mezzi di comunicazioni quali telefoni, ciclostili ed in molti casi radio. Ma ancora di più penso che abbia contribuito la presenza continuativa dagli anni passati a tutt’oggi di alcuni/e compagni/e omosessuali i quali con le loro consapevolezze acquisite, approfondite e rese comunitarie (senza paure di confrontarsi continuamente con persone e situazioni nuove o più o meno nuove) hanno fatto in modo che non si ripartisse sovente da zero, ma, se pur lentamente il MOVIMENTO progredisse, maturasse e si allargasse.

            

             Tutto questo non lo si riscontra invece nell’ambito dei collettivi “autonomi”che della precarietà e della saltuarietà  ne hanno fatto un metodo politico, pagandolo, a mio avviso, a duro prezzo. Ed in questo gioco sono stati coinvolti sovente anche alcuni collettivi del FUORI!.

             A questo punto viene da domandarsi come molti omosessuali abbiano vissuto o vivano il loro rapporto con i gruppi gay. Nel rispondere mi pare essenziale partire da me stesso, per poter meglio comprendere le realtà altrui.

             Il mio impatto con il FUORI! nel lontano ’72 fu soprattutto razional-politico o nei termini proprio più astrattamente ideologici (come si addiceva ad  un non superato sessantotto) e poco disposto a scendere sul “personale-politico”, sulla mia vita quotidiana, sui miei  bisogni-desideri. Questa tendenza durò per non molto e il momento personale, piacevole e ludico ben presto prevalse.

 

               Un “politico” disalienante in cui l’aggregazione con altri omosessuali era il punto basilare. Trovarmi con degli amici/compagni froci finalmente e tra froci scoprire-analizzare la mia condizione quotidiana di oppresso, emarginato, deriso. Sorgeva l’esigenza anche con delle femministe di giungere ad una vita comunitaria integrale, cosi che partecipai ad una comune gay-femminista. Il momento “politico-serioso” intanto era ormai completamente sovvertito da “spettacolare-provocatorio”. Interventi da travestito per le vie di Torino, nei locali pubblici, nei teatri, nello “psichedelico” dei festival pop dell’underground italiano. Il gruppo erano gli amici con cui mi vedevo, stavo bene assieme, con cui cambiavo la mia vita.

              Nel ’74 la mia consapevolezza di gay si era decisamente affermata, la “presa di coscienza” era avvenuta, il mio personale aveva vissuto e consumato i momenti più spettacolari e divertenti della “dirompenza” omosessuale. Ero avanzato al di là di quello che realmente il contesto sociale riusciva a recepire. Per cui mi si imponeva una svolta o la fuga o il confronto tra le mie acquisizioni e la condizione sociale generale della sessualità. La scelta era la fuga. Così per due anni me ne sono andato in giro per il mondo. Nel ’76 ritornavo in Italia con il desiderio e la voglia di affrontare fino in fondo questo confronto lasciato in sospeso. Ecco, quello che viene fuori dal mio vissuto e da quello che io ho visto  incontrandomi per l’Italia con gli omosessuali dei diversi collettivi è che ci sono due momenti nel rapporto froci/gruppo. Uno è quello del “auto liberazione” o del “personale”, l’altro quello dell’intervento “esterno”, della lotta contro le “strutture” sociali del regime maschilista-patriarcale.

 

              Sul primo momento si basano e si formano le adesioni ai gruppi, si fondano le attività di “presa di consapevolezza si tirano fuori finalmente i desideri e le ansie, si riaggregano froci e lesbiche che il regime vorrebbe isolati e silenziosi. E’ la scoperta del “Omosessuale è bello”, del “ORGOGLIO OMOSESSUALE”. Questo è per molti, però, anche l’unico significato del “collettivo”, un momento propriamente di visione individualistica, di “consumismo individualistico” raggiunto il quale finisce tutto e il gruppo cessa di avere un senso.

              

 Molti se ne ritornano ai propri “trip” individuali, ai ghetti della propria vita individuale.

 

             Chi flippato, chi scazzato, chi per dedicarsi alla comune (un po’ in declino), chi per fare lo scrittore, chi per dedicarsi solo al “grande amore”, chi per diventare una “star” teatrale, chi per andare a Londra, ecc…Giustissimo, ognuno ha i suoi momenti. Ma così il ritrovarsi per incidere sulle realtà sociali dell’oppressione omosessuali, sul quartiere, sulla scuola, sul posto di lavoro, sugli istituti manicomiali, sulle norme giuridiche e sulle mille altre realtà della vita quotidiana svanisce ancora una volta.

 

               La liberazione sessuale a livello sociale, popolare e politico continua a non essere la finalità macroscopica di troppi collettivi gay ( o meglio di troppi gay).

 

                Mi ritrovo, e ci-ritroviamo così allo squallore immutato dalle piccole quotidianità oppressive, allenanti anti-gay che come dieci, quindici anni fa danno come sbocco la morte: a scelta quella fisica o quella esistenziale. Che bella scelta! Si impone una svolta, compagni gay.

 

Enzo Marcone

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