domenica 8 maggio 2016


2003 (per il pride nazionale a Bari scritto su un giornalino tipo aut forse è clubbing pieno di pubblicità di locali oppure è stato fatto appositamente per il pride barese..boh...comunque è interessante)


 


 

DA DOVE VENIAMO:

microstoria del movimento GLBT in Italia

 

 

di Giovanni Dall’Orto

 

 

 

 

ORIGINI

 

 

La nascita “ufficiale” del movimento di liberazione gay in Italia è simbolicamente fissata al 5 aprile 1972, quando un gruppetto di lesbiche e gay contestò aspramente a Sanremo un congresso sulle “devianze sessuali”e la loro “cura”. La contestazione, anche grazie al lancio di una bombetta puzzolente, costrinse a chiudere l’incontro prima del previsto..Questo successo marcò la prima apparizione pubblica del F.U.O.R.I.! (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano), nato dall’unione fra alcuni minuscoli gruppi di lesbiche e di gay, che avevano scoperto grazie ai loro viaggi (all’epoca i mass-media censuravano rigorosamente questo tipo d’informazioni) in Francia, Gran Bretagna e Olanda il neonato Movimento di liberazione gay. Il Fuori! si caratterizzò all’inizio come gruppo di estrema sinistra, dato che da lì proveniva la massima parte dei militanti, ad eccezione del gruppo di Torino, che si riconosceva nell’area radicale. Il neonato movimento si presentò come realtà mista (lesbiche e gay), anche con la creazione del Fuori! donna, tuttavia le donne lesbiche italiane si sono sempre riconosciute di preferenza (a parte la parentesi dell’Arcigay-Arcilesbica) nel movimento lesbico-separatista, e quindi in Italia la storia del movimento lesbico è separata da quella del movimento gay.

 

 

PRIMA FASE

 

 

Il periodo iniziale del “Fuori!” fu caratterizzato dall’entusiasmo e dalla speranza di una rapida “ribellione” dei gay italiani, sull’esempio di quanto era avvenuto nei Paesi d’Oltralpe..Purtroppo però questa “ribellione” non avvenne mai, e per un motivo banale: mentre all’estero il movimento gay rappresentava solo l’ala più radicale di un più vasto movimento di liberazione “omofilo” che esisteva da decenni, in Italia il movimento gay nasceva dal nulla. Inoltre all’estero il movimento gay aveva come punto di riferimento per la propaganda una serie di locali per omosessuali..che in Italia invece non esistevano affatto. In questa situazione sociale arretrata, il movimento gay, con le sue parole d’ordine d’avanguardia, risultava elitario e, nella sua ostilità verso il mondo “commerciale” (di cui in Italia esistevano troppo pochi, non certo troppi esempi) era lontano dalla vita del gay comune, che non volva solo più politica gay, ma soprattutto più vita e più occasioni d’incontro, specie se viveva nella soffocante “provincia”..Col senso di poi, è facile notare come gli anni successivi siano serviti alla lenta e faticosa costruzione degli elementi fondanti della comunità gay, inesistente nel nostro Paese, e cioè:

-         del mercato gay (che all’estero è ovunque la spina dorsale della “comunità gay”) e della “ coscienza comune” di comunità fra la massa dei gay italiani.

Questo sforzo enorme ha sottratto energie alla battaglia di migliorare le condizioni sociali dei gay: se l’Italia è l’unico grande Paese della UE in cui non esiste ancora nessuna forma di riconoscimento delle Unioni di fatto, un motivo ci sarà..

 


 

SECONDA FASE

 

 

Passato l’entusiasmo della fase iniziale, attorno al 1976 il movimento gay conobbe una seconda fase e si divise in due ali: da una parte i “riformisti” che preferivano “abbassare il tiro per mirare più lontano”, e si federarono al Partito Radicale, dall’altro i “collettivi autonomi” (rivoluzionari), che rifiutavano tale impostazione. Dopo un’iniziale esplosione di attivismo dei gruppi autonomi, verso il 1980 la situazione si ribaltò, e la scena, complice il “riflusso” post-sessantottesco, risultò dominata dal Fuori!. Il successo fu però solo apparente, tanto è vero che il Fuori! si sciolse inaspettatamente nel 1982.

Questo scioglimento sancì simbolicamente la fine di un periodo di lotte: quello in cui il primo obiettivo del movimento gay era dire “ci siamo anche noi” a un’Italia che considerava contrario al “Comune senso del pudore” anche solo nominare l’omosessualità sui giornali (di mostrarla in TV non se ne parlava nemmeno). Quando, a furia di iniziative clamorose (e un pizzico di travestitismo e di provocazione per attirare i cronisti) il tabù fu rotto, un movimento centrato su questi obiettivi smise di avere senso. E infatti questa fase del movimento gay si estinse da sé, di morte naturale.

Chi prese il suo posto, a poco a poco e non senza difficoltà iniziali, fu in neonato Arcigay (fondato nel dicembre 1980 a Palermo), legato all’Arci e quindi ai partiti “storici”della sinistra italiana (Pci e Psi).

La formula del successo di Arcigay fu semplice: Arcigay aveva imparato dal Fuori! la percorribilità di una politica “riformista”(mentre i gruppi rivoluzionari rifiutavano il dialogo con le “istituzioni borghesi”) ma non condivideva l’ostilità programmatica verso la sinistra italiana che caratterizzava gli esponenti di spicco del Fuori!. Questo le permise di contare sull’aiuto (per quanto tiepido..) della sinistra italiana, che negli anni successivi si sarebbe rivelato determinante. Questo spiega come mai la “riformista”Arcigay finì per assorbire tutti i superstiti collettivi autonomi, con l’eccezione del solo “Collettivo Narciso” di Roma, che divenne il Collettivo Mario Mieli, prendendo il nome del leader indiscusso dell’area dei collettivi autonomi, prematuramente scomparso. L’arrivo dell’aids, del quale si iniziò  a parlare seriamente in Italia prima del 1985, creò al tempo stesso una grave crisi e un’occasione.

La crisi fu dovuta al fatto che di colpo tutte le energie andavano concentrate nella lotta a un flagello mortale, nonché alla scomparsa improvvisa di numerosi militanti di spicco: l’occasione fu legata al fatto che per parlare di Aids i gay, per la prima volta, divennero un tema accettabile perfino in Tv (nel 1985) e soprattutto un interlocutore obbligato da parte delle autorità sanitarie e non . Si aprì così una nuova fase di attivismo caratterizzata da tre elementi:

-         dialogo con le autorità, i partiti politici e le associazioni, a tutti i livelli;

-         presenza continua sui mass-media, per familiarizzare gli italiani con i temi della questione omosessuale;

-         propaganda incessante rivolta al mondo gay non-militante sui temi del movimento gay, per fare nascere una nuova generazione che avesse maggiormente a cuore i temi dei diritti civili gay.

I primi cinque anni di questa fase furono quasi monopolizzati dall’emergenza Aids, successivamente la proposta del movimento si articolò maggiormente: fra le nuove richieste emerse per la prima volta nella storia italiana il riconoscimento delle Unioni Civili. In questa fase nacquero anche gruppi espressione di tendenze politiche e culturali diverse, come ad esempio Gay Lib, che raccoglie i gay di centro-destra.

Questa crescita di proposte fu il sintomo di un allargamento crescente della tematica del movimento gay anche al di fuori dell’area politico-culturale di origine.

Infine, in Arcigay la presenza delle donne fu sempre più cospicua e visibile, fino al significativo cambiamento di nome in Arcigay-Arcilesbica.

A partire dal 1995, però, si manifestarono i primi sintomi di “saturazione” della politica gay basata sui tre punti di cui sopra, con un conseguente disagio che causò negli anni seguenti alcune dolorose separazioni (in particolare, quella fra Arcigay e Arcilesbica, e fra l’ala sinistra dell’Arcigay – che uscì per formare i Cobagal – e il resto dell’organizzazione). In questo periodo il disagio è andato crescendo, al punto che i due o tre anni precedenti il Duemila, anno per il quale era pianificato il World Pride a Roma, furono caratterizzati da una conflittualità interna abbastanza elevata, che rischiò addirittura, per un breve periodo, di far fallire lo stesso World Pride.

 

 

TERZA FASE

(QUELLA ATTUALE)

 

 

Il World Pride 2000 e il suo successo trionfale (possibile solo grazie al tempestivo freno posto alle polemiche e alle rivalità interne, di fronte al comune nemico) ha però marcato la fine di questa fase del movimento gay e ne ha reso possibile un’altra. La nuova fase, che è quella in cui stiamo vivendo adesso, è per ora caratterizzata da:

-         possibilità di coinvolgimento nelle iniziative del movimento, per la prima volta, anche dalla massa della comunità gay in senso ampio (il “popolo dei locali”);

-         successo dello sforzo di portare la tematica gay anche ai livelli più alti della politica italiana, simboleggiato dall’elezione in Parlamento di Titti De Simone (presidente di Arcilesbica,Rc) e di Franco Grillini (presidente onorario Arcigay, Ds) nonché dalla rielezione di Nicky Vendola (esponente di Arcigay,Rc);

-         ripresa del dialogo fra realtà GLBT diverse, del quale proprio il “Padova Pride” del 2002 (al quale aderirono gruppi con connotazioni politico-culturali molto diverse, dai Noglobal a Gay Lib) è stato ottimo esempio. In particolare tutto il movimento si giova della ritrovata voglia di partecipare da parte della popolazione italiana in genere, di cui il World Pride era stato solo una prima manifestazione

-         infine, e questa è una novità del BariPride del 2003, apertura del dialogo con le realtà GLBT di una prima pattuglia di politici non solo di sinistra, ma anche di centrodestra. Il BariPride ha infatti ottenuto il patrocinio di istituzioni (Presidenza della Regione Puglia, Provincia di Bari, Provincia di Foggia, Comune di Bari, Comune di Cosenza, Comune di Giovinazzo, Comune di Melpignano), e il sostegno di altre (Provincia di Lecce, Comune di Barletta,Comune di Gioia del Colle,Comune di Fasano, e di molti altri comuni della provincia barese e non) con amministrazioni sia di centrosinistra che di centrodestra. Non è eccessivo dire che da questo punto di vista nel 2003 il sud Italia fa scuola sui temi dell’integrazione.

 

 

Concludendo, oggi il movimento GLBT italiano si trova, come detto, all’inizio di una nuova fase, tutta da inventare.

Da un lato deve fronteggiare la politica sempre più aggressiva e vociante dei suoi nemici (neofascisti, neonazisti, fanatici religiosi e loro alleati e succubi), dall’altro può per la prima volta sperare sulla mobilitazione di un numero crescente di persone GLBT che, pur senza considerarsi “militanti” credono sempre più al progetto e al sogno della “comunità GLBT”. Senza contare l’appoggio sempre più visibile di una parte dell’opinione pubblica eterosessuale..Mai come in questo momento, insomma, il nostro futuro è stato nelle nostre mani.

Nessun commento:

Posta un commento