sabato 13 settembre 2014

GIANNI AMELIO, NATALIA ASPESI E I GAY ANZIANI

di Natalia Aspesi

Nei suoi film Gianni Amelio non ha mai raccontato storie di omosessuali, solo in  I ragazzi di Via Panisperna del 1988, dice, "ho adombrato che tra le cause della scomparsa di Majorana poteva esserci la sua diversità". Adesso il suo documentario Felice chi è diverso, invitato alla Berlinale nella sezione Panorama, raccoglie le storie di uomini che sono stati giovani quando gli omosessuali non esistevano, se non in una vita clandestina temuta, perseguitata, irrisa. E' un film molto bello, che comunica la felicità carnale e la bellezza di una giovinezza difficile e nascosta e la serenità raggiunta negli anni nell'accettazione di sé e del proprio posto nel mondo. Questo film è il suo modo di fare coming out? "Alla mia età sarebbe un po' tardivo, forse ridicolo. Altri dovrebbero essere i coming out davvero importanti, di chi froda il fisco per esempio, di chi usa la politica per arricchirsi. Comunque credo che chi ha una vita molto visibile abbia il dovere della sincerità: e allora sì, lo dico per tutti gli omosessuali, felici o no, io sono omosessuale".
Ci sono stati tempi in cui bisognava nascondersi obbligarsi a una finta vita "normale". E per esempio, come racconta il documentario, il povero Ministro Sullo democristiano, fu costretto a sposarsi e i giornali titolarono "Lo scapolo convertito", mentre  Pier Paolo Pasolini era "Il vate capovolto"; si pubblicavano vignette con una borsa d'acqua calda a forma di sedere per "Pasolinidi" e i giornali di destra lo chiamavano "Il cantore del sordido, del maleodorante..." In televisione ancora in bianco e nero Raimondo Vianello tutto riccioli biondi e gesti leziosi suscitava sghignazzi dicendo "sono al di sopra di ogni sospetto", e pure in Il sorpasso di Dino Risi, Vittorio Gassman spiegava all'ingenuo Trintignant che il suo gentile fattore lo chiamavano Occhiolino per non dire Finocchio. Bastò che Umberto Bindi, autore e cantante geniale, portasse un grosso anello, perché l'informazione lo aggredisse giudicandolo un mostro, cioè un invertito, e perdesse il lavoro, morendo in miseria nel 2002.
Il titolo del film è l'inizio di un verso di Sandro Penna, "Felice chi è diverso essendo egli diverso, ma guai a chi è diverso essendo egli comune". I diversi degli anni 50 e 60 del suo film erano più infelici di quelli di oggi?: "l'omofobia è ancora imperante, capita ancora che ragazzi si uccidano perché froci o ritenuti tali, e quindi scherniti, isolati, picchiati. Insomma la battaglia non è vinta, non c'è da noi un riconoscimento giuridico delle coppie. C'è poi ancora la difficoltà di farsi accettare dalla famiglia, soprattutto dai padri, ancora immersi in una cultura maschilista. Oggi l'onore non riguarda più le figlie ma il figlio maschio".
 Un paio d'anni fa Il Saggiatore ha pubblicato Quando eravamo froci, di Andrea Pini, un saggio sulla condizione omosessuale in Italia dagli anni 40, e qualcuno degli intervistati appare anche nel documentario: per esempio Corrado Levi, 85 anni, noto architetto torinese, un bel vecchio diritto e ironico, che ha scoperto la sua tendenza dopo aver sposato la donna amata e aver avuto due amatissimi figli. "A Firenze andavo a battere alle Cascine, anzi a combattere: un giorno chiesi al grande De Pisis perché durante la guerra si fosse messo con un tedesco e lui mi rispose, "il corpo ha un altro linguaggio".
Il romano Aldo Sebastiani, detto Chierichetta, 72 anni, vive in un ospizio e ricorda come "nella DC c'erano molti omosessuali di primo livello, ma anche a sinistra, e pure nei servizi segreti. Non c'erano problemi e anche il mitico Andreotti aveva la sua bisessualità". Titolo di un giornale d'epoca sotto la foto dell'allora Ministro della Difesa: "E' il buco che traccia il solco ed è la spada che lo difende". John Francis Lane, attore e giornalista noto a Roma negli anni 60, vive adesso in un paesino calabro con il suo compagno di una vita, Fernando, che da giovane era un moro dai grandi baffi e che ha ancora gli occhi lucenti ricordando i viaggi meravigliosi fatti con lui. "Poi John non riusciva più a camminare bene e ho dovuto prenderlo in casa al paese, con tutte le sorelle e le cugine mie intorno", che nelle foto hanno gli sguardi furenti. Roberto e Pieralberto sono una coppia di eleganti settantenni che stanno insieme felicemente da 40 anni e ognuno di loro mostra la foto dell'altro quando era giovane e bello; ed è Roberto a dire, " per fortuna non sono stato mai bisessuale neppure per cinque minuti, se no mi incastravo col matrimonio e sarei stato infelice per tutta la vita". Invece Claudio si è sposato con Alba, una lesbica trovata attraverso un annuncio, per avere i vantaggi del matrimonio, compresi gli assegni familiari. Paolo Poli era di quelli che non volevano sentimenti, cui piacevano "gli incontri alla cosacca" dentro un portone, cioè svelti e finiti lì; Ciro Cascina, attore impegnato camp, descrive con  nostalgia i tempi in cui c'era "la cultura dei vicoli, i recchioni e le femminelle, sin quando è arrivata la parola gay e come quando il neon illumina tutto piatto, è finita la diversità, ci hanno cementato. Poi è arrivato l'Aids e noi siamo diventati la peste e mentre dicevano che quello lassù puniva noi malfattori, non si accorsero che si ammalavano loro". Oggi Ninetto Davoli ha 64 anni, ed è con i suoi riccioli bianchi e il gran sorriso, molto bello; parla della sua poverissima famiglia, che da un paesino calabro si era stabilita in una baraccopoli romana,  sino all'incontro casuale con Pasolini, "che mi cambiò la vita". Quando Amelio aveva quindici anni, un suo professore gli disse, " un omosessuale o guarisce o si suicida". Oppure come i tanti protagonisti del film, diventa vecchio e felice, proprio perché diverso.
(da la Repubblica del 28 gennaio 2014)



















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